Il prezzo, che la comunità internazionale dovrà pagare alla pandemia di Covid-19, sarà salatissimo.
La Banca Mondiale prevede, per il 2020, un numero di nuovi poveri tra i 40 e i 60 milioni. Dispiace ancor più perché, nella lotta alla povertà, passi importanti erano stati compiuti: se, nel 1990, il 36% della popolazione viveva con meno di 1,90 dollari al giorno, nel 2019 la quota era calata all’8,2%. Il 55% della popolazione mondiale, però, non gode di protezione sociale – l’87% nell’Africa subsahariana – mentre solo il 22% dei disoccupati del pianeta ha accesso a sussidi: si prevede che, per queste fasce prive di previdenza sociale, l’impatto della crisi provocata dal Covid-19 sarà devastante.
La responsabilità sociale del settore privato, nello scenario attuale, diventa maggiore, perché il sostegno della comunità territoriale è una parte integrante del processo economico.
Polimeri avanzati
ceo di Covestro
Per Covestro, la multinazionale tedesca che, nella sede italiana di Filago, produce polimeri avanzati, l’impegno era partito prima della pandemia: «La sostenibilità coinvolge le azioni di ciascun dipendente e il modo in cui conduciamo i nostri progetti, così come le questioni di sicurezza e di conformità e le pratiche commerciali», dichiarava il ceo, Mario Ceribelli, nel 2019 in un’intervista a ItaliaCircolare. «Si estende al modo in cui agiamo nei confronti degli stakeholder e ci prendiamo la responsabilità per prodotti e processi lungo l’intera catena del valore».
Eco.Bergamo ha intrapreso un percorso di approfondimento sui 17 obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, focalizzando per ognuno che cosa, quanto e come un’azienda privata può compiere, a livello sia locale sia globale, per contribuire al raggiungimento. Il percorso, pensato prima della pandemia del Covid-19, acquista maggiore significato alla luce di quanto ci aspetta dopo la crisi. Questa induce a ripensare tutto il sistema economico in una chiave di condivisione e solidarietà, nella consapevolezza di vivere in un pianeta profondamente interconnesso. L’Agenda 2030 segna la strada, indicando le priorità e le tappe: ora il pieno conseguimento degli obiettivi si è drammaticamente spostato in avanti, anche se mai come adesso dovrebbe essere chiaro a tutti come alternative alla sostenibilità non esistano.
Meno 50% di gas serra
Il piano studiato da Covestro individua, dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile, cinque da raggiungere entro il 2025, tra cui la riduzione del 50% delle emissioni di gas serra e l’impegno a lavorare solo con fornitori “sostenibili”.
«Uno dei nostri cinque target – dichiara l’azienda – riguarda il nostro contributo per migliorare la vita di 10 milioni di persone che vivono in mercati scarsamente considerati, prima di tutto in Paesi in via di sviluppo o emergenti».
La multinazionale tedesca, in collaborazione da una parte con i clienti, dall’altra con agenzie governative e ong, si è impegnata a realizzare soluzioni a costo accessibile, a beneficio delle popolazioni a basso reddito: la produzione pensata per migliorare le condizioni di vita e di lavoro delle popolazioni più povere è chiamata “inclusive business”, economia inclusiva. Oggetti semplici di alta tecnologia, come i sistemi di conservazione a freddo a energia solare, sono prodotti con il poliuretano di Covestro e permettono la microconservazione del raccolto di piccoli produttori orticoli, prevenendone la deperibilità e allungandone la durata. In questo modo, anche i piccoli produttori rurali possono conservare la merce come le più grandi e attrezzate cooperative agricole, senza utilizzare prodotti chimici e senza doverla svenderla a basso costo. L’obiettivo è aiutare 10 milioni di lavoratori.
In Congo dal liceo Lussana
Gli studenti del liceo scientifico Lussana di Bergamo hanno la possibilità, da quattro anni, di trascorrere qualche settimana in Tanzania a contatto con le popolazioni locali, grazie a un progetto realizzato dalla professoressa Daniela Noris in collaborazione con la Fondazione Chizzolini di Bergamo e Tovini di Brescia. Già 90 ragazzi del triennio hanno toccato con mano la realtà africana. Alcuni sono tornati per conoscerne gli aspetti più drammatici, accompagnati dai volontari Antonio Colombo e Livio Conti, marito della professoressa Noris, e grazie al Movimento Lotta Fame nel Mondo di Lodi. La meta, in questo caso, Bukavu nella provincia del Kivu Sud, in Congo, una delle zone più povere del mondo.
«In Tanzania i ragazzi hanno conosciuto la bellezza dell’Africa e della sua gente», spiega Livio Conti. «In Congo, invece, si avvicinano a una realtà più complicata, per la povertà e l’assenza di sicurezza. A Bukavu il lavoro non c’è e la guerra civile impedisce di coltivare la terra. Politiche sociali non esistono e l’assenza dello Stato costringe le persone a trovare da sole le strategie per sopravvivere». L’incontro può essere molto forte: «Ci appoggiamo al centro di Suor Natalina per le ragazze allontanate da casa perché accusate di stregoneria, è come il centro sociale di Bukavu». Che cosa serve per sconfiggere la povertà? «L’impegno di tutti gli Stati del cosiddetto Primo Mondo, gli aiuti portati in modo efficace, la riduzione della corruzione, l’investimento per il bene della popolazione. Non mi sembra che ci sia una chiara volontà politica».