«Enel X – spiega Caleno – è una società nata tre anni fa con l’obiettivo di focalizzarsi sui servizi a valore aggiunto. Tra questi, uno dei principali è la mobilità elettrica. Per questo motivo a novembre del 2017 abbiamo lanciato un programma nazionale di infrastrutturazione con un investimento di circa 300 milioni di euro, per attrarre i produttori di auto elettriche. L’Italia, proprio perché era sprovvista di infrastrutture di ricarica e di incentivi, era l’ultima nazione in cui i produttori indirizzavano i volumi di auto elettriche. Oggi, dei 15.000 punti di ricarica esistenti in Italia, ne sono stati installati da Enel X più di 11.500 punti. L’obiettivo è arrivare a 28.000 punti di ricarica nel 2022 con un piano dinamico, aperto e flessibile».
presidente di Class Onlus e organizzatore di Emob
Se in un palazzo tutti acquistassero un’auto elettrica, è pensabile che la rete elettrica possa assicurare il rifornimento delle rispettive colonnine di ricarica nei garage? «Sì, è pensabile, anche alla luce del decreto appena approvato (il decreto Milleproroghe, convertito in legge, ndr), che prevede le comunità energetiche», risponde Camillo Piazza, presidente di Class Onlus e organizzatore di Emob. «Oggi è possibile costruirsi un impianto anche in co-generazione che può produrre 200 kilowatt di potenza e in una giornata può fare qualche megawatt all’ora di elettricità. È ovvio che con la detrazione fiscale del 110%, a patto che si possa realizzare la comunità energetica in tutti gli edifici importanti, il problema della ricarica nei condomini non esiste. Anche perché, se noi dovessimo avere 10 milioni di auto elettriche, il fabbisogno attuale è il 5%. Poi non tutti si ricaricano sempre allo stesso momento. Class Onlus ha circa 3.500 iscritti con l’auto elettrica, di cui il 40% ha il proprio impianto fotovoltaico e, quindi, autoproduce l’energia necessaria. Sono convinto che il futuro della ricarica è deciso, grazie all’innovazione, legata alla detrazione fiscale del 110%, alla possibilità delle comunità energetiche in ogni condominio e in ogni impresa, agli impianti che permettono di utilizzare direttamente la propria elettricità. Non c’è difficoltà, così che si può veramente pagare quasi zero la propria ricarica e per sempre».
consigliere delegato e direttore generale di Italgen
«Per l’auto elettrica è il momento di un’opportunità unica in Europa, in Italia, nella Bergamasca», osserva Giuseppe De Beni, consigliere delegato e direttore generale di Italgen, la società produttrice di energia da fonti rinnovabili in Italia e all’estero. «Esistono grandi potenzialità. Ma, a mio giudizio, dobbiamo accelerare. In questo momento il governo italiano è un po’ più attento, deve essere più veloce, come al solito, perché per le infrastrutture c’è ancora molto da fare, per esempio sulle autostrade. Il sistema italiano dovrebbe trovare una linea di coordinamento a livello di grandi stakeholder, di chi gestisce le infrastrutture e le strade, di chi produce le auto, di chi poi dà degli incentivi, auspicabilmente non a pioggia ma in modo molto più mirato. Le potenzialità ci sono. Forse manca una cabina di regia».
presidente di Ressolar
«Crediamo fortemente nella mobilità elettrica sostenibile», sottolinea Gianluigi Piccinini, presidente di Ressolar, la società attiva nel campo dell’energia da fonti rinnovabili. «Siamo un’azienda innovativa. Alimentiamo le nostre colonnine esclusivamente con energia rinnovabile, prodotta dai nostri impianti fotovoltaici e idroelettrici. Nel 2017 abbiamo realizzato una app che permette non solo di ricaricare e di effettuare il pagamento, ma anche di avere altri diversi servizi. Abbiamo vinto diverse centinaia di gare nei Comuni dell’Alta Italia, tra queste 120 in provincia di Bergamo. La metà dei Comuni bergamaschi, quindi, è servita da almeno una nostra stazione di ricarica. Con questi Comuni abbiamo contrattualizzato, nell’arco concessorio tra gli 8 e i 10 anni, 724 colonnine. Abbiamo fatto la nostra parte, la stiamo facendo, la faremo ancora. Abbiamo bisogno del sostegno del territorio e delle realtà economiche della Bergamasca».
Ecco come si ricarica un’auto elettrica
Fare benzina è un gesto semplicissimo. Ci mettiamo due minuti, paghiamo col bancomat, con la carta di credito, in contanti, facciamo il pieno e ce ne andiamo. Con l’elettrico è tutta un’altra storia. Ma anche fare il pieno di un’auto elettrica è molto semplice. «Alle nostre colonnine – spiega Andrea Migliorini, responsabile mobilità elettrica Green Energy di Treviolo – selezioniamo il modo di ricarica e la tempistica più appropriati e paghiamo immediatamente con una carta di credito, un bancomat oppure con PayPal e altri servizi di pagamento digitale. Lo standard per la ricarica sulle colonnine a corrente alternata è il Tipo 2 – Mennekes. Qualsiasi auto ha, comunque, il cavo adeguato per connettersi alla colonnina. Il tempo di ricarica dipende dalla grandezza della batteria e dal tipo di caricabatterie, ovvero dell’inverter a bordo dell’auto. Normalmente le auto hanno un inverter da 6 kilowatt: anche se queste colonnine sono in grado di caricare fino a 22 kilowatt, l’energia che acquisirete sarà di 6 kilowatt, perciò se avete 60 kilowatt di batteria avrete bisogno di 10 ore di ricarica. Se volessimo, però, caricare più rapidamente, ci sono i sistemi “fast charge”: quelli di base partono da 50 kilowatt. Gran parte delle auto disponibili oggi sul mercato recepiscono questa potenza di ricarica. Il mercato dell’auto, tuttavia, si sta spostando verso limiti più elevati, 75 kilowatt, altri modelli arriveranno a 100 kilowatt, 150 kilowatt, fino a Porsche Taycan, che ha già previsto una ricarica a 350 kilowatt».
«Meglio il piccolo rabbocco»
«La ricarica dell’auto elettrica funziona con il concetto del piccolo rabbocco», osserva Federico Casettari, tecnico commerciale Ressolar di Bergamo. «Un’infrastruttura estesa di colonnine di ricarica permette di garantire piccoli rabbocchi. Esistono due standard di ricarica: il normale, con il cavo in dotazione all’auto, raggiunge i 22 kilowatt, il fast, a corrente continua, permette di raggiungere, in certe colonnine e per i mezzi omologate, dai 50 kilowatt in su di capacità di ricarica. Il tempo necessario dipende dalla capacità della batteria e dalla potenza della colonnina di ricarica. La pratica del piccolo rabbocco è quella da seguire per la ricarica di un’auto elettrica, con il recupero del 30, 40, 50% della batteria. Il pagamento avviene tramite app cui l’utente è iscritto con una carta di credito: l’app rileva il tempo di connessione e di ricarica, la quantità di kilowattora erogati dalla colonnina e, sganciata la connessione, effettua il pagamento automaticamente».