I due pilastri del Pnrr, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, sono la green economy e la digitalizzazione. I due temi sono trattati, fino ad ora, con scarsa attenzione alle connessioni che li legano. L’Italia, secondo il monitoraggio della Commissione europea del 2020, risulta sotto la media europea e in coda per la digitalizzazione, davanti solo a Romania, Grecia e Bulgaria.
Il ritardo è da superare per realizzare la transizione ecologica, per gli alti potenziali dell’impiego della digitalizzazione nella transizione energetica climaticamente neutrale, nello sviluppo dell’economia circolare, nella mobilità urbana sostenibile, nelle green city e nell’agricoltura ecologica.
«L’Italia non deve perdere questa occasione: deve puntare, con più decisione, ad essere una delle locomotive europee della green economy». Lo dichiara il presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, il bergamasco Edo Ronchi, già ministro dell’Ambiente, al decennale degli Stati generali della green economy, tenutisi il 26 e 27 ottobre a Rimini nella cornice di Ecomondo-Key Energy, uno degli appuntamenti europei più importanti sulla transizione ecologica.
Si può compiere un grande passo in avanti, grazie alla decarbonizzazione e all’economia circolare, al Green Deal europeo e alle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), alle nuove opportunità offerte per l’innovazione e gli investimenti. L’Italia, un Paese trasformatore ma povero di materie prime, ha solo da guadagnare dall’economia circolare.
La relazione sullo stato della green economy presentata a Rimini mostra come l’Italia, nel 2020, si classifichi prima tra i cinque principali Paesi europei per produttività delle risorse. Questo valore, misurato in euro di Pil per kg di risorse consumate, pone l’Italia, con 3,7 euro al kg, davanti a Francia, Germania, Spagna e Polonia. L’Italia, nel 2019, ha riciclato 14 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, pari al 51% di quelli prodotti, seconda in Europa dopo la Germania. L’Italia si colloca seconda, dopo la Francia, anche per il tasso di utilizzo circolare dei materiali, che misura il grado di impiego di quelli riciclati all’interno dell’economia in relazione all’uso complessivo di materie prime.
Il focus della relazione presentata agli Stati generali è dedicato al ruolo della digitalizzazione per la green economy, i due pilastri del Pnrr, trattati però, fino ad ora, con scarsa attenzione alle connessioni che li legano. L’Italia, secondo il monitoraggio della Commissione europea del 2020, risulta sotto la media europea e in coda per la digitalizzazione, davanti solo a Romania, Grecia e Bulgaria.
Le proposte: legge sul clima e più rinnovabili
Il percorso proposto dagli Stati generali per il 2030 prevede una legge per la protezione del clima per aumentare il passo verso l’azzeramento delle emissioni e il raddoppio delle rinnovabili dal 20 al 40%, tagliando il consumo di combustibili fossili del 40%. Serviranno poi misure di adattamento, coinvolgendo le città, dove si producono due terzi delle emissioni globali di gas serra.
Bisognerà accelerare la decarbonizzazione dei trasporti «aumentando gli investimenti per il trasporto pubblico locale, disincentivando l’uso dell’auto privata in città e approvando una legge quadro per la mobilità condivisa». L’altro pilastro è vincolare almeno il 50% delle risorse del Pnrr per sostenere progettazione e innovazione di processi e di prodotti in direzione circolare, semplificando le procedure di «end of waste» e promuovendo l’impiego di materiali riciclati. Ancora: sostenere la transizione ecologica dell’agricoltura; approvare la legge per la tutela del suolo; migliorare la tutela e la valorizzazione del capitale naturale.
Le emissioni di gas serra, diminuite di circa il 9,8% nel 2020 a causa della pandemia, nel 2021 hanno ripreso a crescere, con una stima del 6%, non rispettando così il senso del Green Deal: una ripresa senza aumento di emissioni. L’Italia, se recepisse il nuovo target europeo di riduzione del 55% al 2030, dovrebbe tagliare le proprie emissioni climalteranti, entro i prossimi 10 anni, del 26,2, riducendole del 2,6% all’anno. Gli eventi estremi connessi ai cambiamenti climatici sono stati, nel 2020, quasi 1.300, mentre nel 2011 si erano fermati sotto i 400.