Ridurre i consumi è il primo modo per risparmiare gas e ridurre le emissioni: l’accordo raggiunto sulla proposta di Direttiva della Commissione europea, per un taglio vincolante dei consumi energetici in Europa dell’11,7%, rafforza il ruolo dell’efficienza energetica nelle politiche e la programmazione della transizione verde. Il settore pubblico è chiamato ad assumere un ruolo esemplare, mentre alle imprese, grandi e piccole, si chiede di redigere piani di efficientamento energetico. Chi lo ha già fatto, affermano i manager per l’efficienza energetica, si trova in vantaggio sulla concorrenza. E Confindustria osserva: serviranno 1120,7 miliardi di investimenti.
Risparmi di energia, di emissioni, di soldi
Il 17 aprile la Commissione europea ha varato nuove norme per ridurre il consumo delle piccole apparecchiature di rete, come router per il Wi-Fi, modem, altoparlanti senza fili. Secondo le stime, riducendo, con la modalità «risparmio energetico», la quantità di energia elettrica consumata dai prodotti, entro il 2030 si produrrà un risparmio energetico di 4 TWh/anno, corrispondente a un risparmio annuale di anidride carbonica pari a 1,36 milioni di tonnellate. Ne guadagneranno anche i consumatori europei, con un «risparmio totale stimato di 530 milioni di euro all’anno entro il 2030».
È solo una delle iniziative della Commissione europea per ridurre i consumi energetici, secondo il principio, caro a ogni brava massaia, per cui la prima forma di risparmio sta nella riduzione dei consumi. Se l’Europa, spinta dalla crisi climatica e da quella bellica, vuole tagliare i combustibili fossili e risparmiare sul gas, deve, prima di tutto, consumare meno, migliorando le tecnologie e i processi a tutti i livelli. E le imprese – da quelle più energivore alle piccole e medie imprese – devono fare la loro parte.
L’accordo sulla Direttiva per l’efficienza energetica
Devono avere avuto in mente questi concetti di semplice economia (letteralmente «governo della casa») i colesgislatori che, dopo una maratona di sedici ore, il 10 marzo scorso a Bruxelles hanno raggiunto l’accordo sulla Direttiva per l’efficienza energetica (Eed), una delle misure cardine del pacchetto «Fit for 55» con cui l’Europa intende realizzare il «Patto verde» e diventare il primo continente a emissioni nette zero entro il 2050.
Un passo importante, che segna in sé un successo: per la prima volta – sottolineano a Bruxelles – il principio della «efficienza energetica prima di tutto» acquista forza giuridica e carattere vincolante, con chiare indicazioni ai Paesi membri perché ne tengano conto nelle decisioni politiche, nella programmazione e nella progettazione del settore energetico e non solo di quello.
«L’efficienza energetica è centrale per la transizione verde e per far crescere la nostra indipendenza energetica», sottolinea la vice commissaria europea all’Energia, Kadri Simson. «Il pacchetto Fit for 55 potrebbe abbassare i nostri consumi di gas del 30% entro il 2030, più di un terzo grazie al raggiungimento degli obiettivi di efficienza energetica».
La storia delle direttive per l’efficienza energetica
La prima Direttiva per l’efficienza energetica (Eed) risale al 2012, nata per aiutare gli Stati membri a intraprendere misure di efficientamento, riducendo almeno del 20% i consumi, ad abbattere del 20% i gas serra, a introdurre il 20% di energie rinnovabili.
Nel 2018 la Direttiva veniva emendata con un nuovo traguardo: arrivare al 2030 con il 32,5% in meno dei consumi: 956 Mtoe, milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, di energia finale, cioè quella utilizzata da imprese e cittadini, e 1.273 Mtoe in meno di energia primaria, l’energia e i consumi per produrla.
Con il piano REPower EU il rilancio delle ambizioni
La natura indicativa della normativa non produceva, però, risultati consistenti. Nonostante un calo del 29% rispetto al 2007 e l’impatto della pandemia (in un anno i consumi, primari e finali, si sono abbassati di oltre il 5%), per raggiungere gli obiettivi climatici al 2030 era necessario fare di più. La Commissione europea ha proposto allora nel luglio 2021, all’interno del pacchetto «Fit for 55», una revisione della Direttiva e un taglio del 9% rispetto alle previsioni al 2030, che con REPower EU, il piano varato all’indomani dell’invasione russa per fronteggiare la crisi energetica, porterà al 13%.
La Direttiva passa all’esame del Consiglio dei ministri europei, che accolgono in buona parte la proposta della Commissione ma insistono sulla natura indicativa degli obiettivi, mentre il Parlamento europeo si esprime per una riduzione dei consumi più cospicua, il 14,5%, equivalente a -40% di riduzione di energia finale e -42,5% di energia primaria, e un taglio annuo del 2% dei consumi.
L’accordo raggiunto con i triloghi rispetta la tradizione che vede il Parlamento europeo alzare le ambizioni della Commissione e i ministri del Consiglio frenare e annacquare le misure proposte.
La riduzione dei consumi è fissata all’11,7%, sarà obbligatoria ma collettiva e, quindi, spalmata tra i diversi Stati membri che, al proprio interno, dovranno stabilire degli obiettivi indicativi, da cui potranno discostarsi del 2,5%.
Le nuove regole
La Direttiva fissa a -38% il traguardo (obbligatorio) per i consumi finali e a -40.6% (indicativo) i consumi primari. Le riduzioni ottenute fino ad adesso si attestano al 29%, gli obiettivi attuali sono al -32,5%. I nuovi obiettivi sono -40,6 – per il consumo primario, indicativo – e -38% per il consumo finale, obbligatorio. Gli Stati membri definiranno i propri obiettivi secondo le caratteristiche nazionali.
I settori chiave interessati saranno gli edifici, l’industria, i trasporti. Il taglio dei consumi partirà da un 1,49% annuo, in crescita graduale fino all’1,9% previsto al 30 dicembre 2030.
Il settore pubblico è chiamato a dare il buon esempio, con una riduzione annua dell’1,9% dei suoi consumi in settori come l’illuminazione pubblica, l’acqua e il patrimonio immobiliare (esclusi quelli relativi a trasporti pubblici e forze armate).
Lo Stato, enti locali compresi, ogni anno dovrà rinnovare almeno il 3% della superficie riscaldata o raffreddata di proprietà pubblica per renderla a emissioni «quasi zero».
L’obbligo di raggiungere l’obiettivo comune di riduzione costituisce la vera, importante novità della Direttiva. Il percorso con cui gli Stati si impegneranno a raggiungere gli obiettivi dovrà essere contenuto nel Piano nazionale integrato per l’energia e il clima. L’obiettivo nazionale verrà calcolato in base a una formula complessa che terrà conto, tra le altre cose, dell’intensità energetica del Paese, del suo Pil pro capite, dello sviluppo delle energie rinnovabili e del potenziale di risparmio energetico.
«Le nuove regole – sottolinea la Commissione europea – assegnano una responsabilità maggiore alle amministrazioni pubbliche, che dovranno prendere in considerazione in maniera sistematica i requisiti di efficienza energetica nella “public procurement” di prodotti, servizi, edifici e lavori».
Anche le imprese, dalle più energivore alle Pmi, saranno incoraggiate a diventare più efficienti dal punto di vista energetico. Le imprese con un consumo annuo di oltre 85 TJ (Terajoule) dovranno implementare sistemi di gestione dell’energia, quelle che consumano più di 10 TJ e sono prive di tali sistemi dovranno sottoporsi a «energy audit» (diagnosi energetica), da cui ricavare piani di azione fattibili e concreti.
La normativa europea non costituisce un ulteriore balzello per le imprese: ne sono convinti gli energy manager italiani della piattaforma Fire che, nel Rapporto 2022, danno un giudizio positivo del pacchetto «Fit for 55», capace di offrire una visione complessiva e fissare un arco temporale sufficientemente lungo da consentire la programmazione degli interventi necessari, ma abbastanza breve da rendere gli obiettivi urgenti e concreti. I dati, si legge nel Rapporto, indicano una «situazione di netto vantaggio» per le imprese che hanno «lavorato sull’efficientamento dei propri processi», «la soluzione operativa con il rapporto costo-beneficio migliore», quella che crea meno «esternalità negative» e porta a una «maggiore competitività». Il Rapporto sottolinea, inoltre, l’efficacia dell’obbligatorietà e l’effetto positivo del meccanismo incentivante italiano dei Titoli di efficienza energetica (i cosiddetti «certificati bianchi»), che permettono di far arrivare al settore industriale contributi economici proporzionali all’efficienza energetica. In questo modo, negli ultimi 15 anni, sarebbero stati risparmiati 30 Mtoe (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio) di energia.
Secondo lo studio «Scenari e valutazioni di impatto economico degli obiettivi FF55 per l’Italia», realizzato da Confindustria in collaborazione con Rse,Ricerca sul Sistema Energetico, la proposta della Commissione sulla Direttiva sull’efficienza energetica chiede all’Italia di arrivare al 2030 con 94 Mtoe di consumi energetici, contro gli attuali 115,4.
La ricerca, presentata lo scorso 21 marzo, rappresenta la proposta dell’associazione degli industriali per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione in vista della realizzazione del Piano nazionale integrato per l’energia e il clima, che tutti gli Stati membri dovranno compilare e sottoporre a Bruxelles entro il 31 dicembre 2023.
«Pur raggiungendo la stessa riduzione di emissioni di gas serra», Confindustria propone obiettivi «meno sfidanti in termini di efficienza energetica», da raggiungere soprattutto attraverso innovazione tecnologica e «un maggiore sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili» rispetto alla proposta europea. In particolare, Confindustria propone l’utilizzo di «carburante verde» di origine biologica (biocarburanti) e azioni di cattura e stoccaggio di anidride carbonica per mitigare le emissioni senza ridurre drasticamente i consumi. Lo scenario previsto da Confindustria prevede la realizzazione di investimenti e incentivi pari a 1.120,7 miliardi di euro.
I prossimi passi
Con il semestre a presidenza svedese, il percorso di Fit for 55 ha ricevuto un’accelerata importante: diversi capitoli del pacchetto hanno raggiunto lo stadio finale e la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale europea, diventando a tutti gli effetti, legge:
•Le norme sulle emissioni di anidride carbonica per auto e furgoni
•Il regolamento sulla condivisione degli sforzi
•Il regolamento sull’uso del suolo e sulla silvicoltura
•La decisione sulla riserva stabilizzatrice del mercato
Nel frattempo, il Parlamento europeo ha approvato la sua posizione sulla Direttiva sull’efficienza energetica degli edifici (Energy Performance of Buildings Directive, Epbd) ed è pronto al confronto con la Commissione e il Consiglio europeo, mentre nei triloghi del 30 marzo è stato raggiunto l’accordo provvisorio in merito alla Direttiva sulla promozione delle energie rinnovabili.
Ora l’accordo sulla Direttiva per l’efficienza energetica tornerà al vaglio di Parlamento e Consiglio europeo per la ratifica finale. E si vedrà se la proposta italiana di ritagliare un ruolo importante ai biocarburanti, come suggerito da Confindustria anche per l’efficientamento energetico e come riconosciuto nel corso del recente G7 di Sapporo, porterà delle novità anche nella Direttiva per la riduzione dei consumi.
Check List
Direttiva efficienza energetica
Sulla proposta della Commissione europea, raggiunto l’accordo tra Parlamento e Consiglio europeo. Il taglio dei consumi sarà dell’11,7%.
Consumi di energia primaria
Energia e energia per produrla.
Consumi di energia finale
Consumi da parte delle imprese e delle famiglie.
Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec)
Il piano che deve contenere gli obiettivi «indicativi» per la riduzione dei consumi interni e la traiettoria per ottenerli.
- Incentivo europeo alla efficienza energetica delle imprese
- Risparmi di energia, di emissioni, di soldi
- L’accordo sulla Direttiva per l’efficienza energetica
- La storia delle direttive per l’efficienza energetica
- Con il piano REPower EU il rilancio delle ambizioni
- Le nuove regole
- I prossimi passi
- Check List