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Gestione dell’acqua. Bergamo virtuosa ma l’Italia arranca

Articolo. Per una terra ricca di acqua come la Bergamasca l’obiettivo 6 dell’Agenda 2030 è una sfida da giocare in casa. Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e dei servizi igienici sanitari, l’approvvigionamento, la distribuzione e la depurazione delle acque reflue sono temi su cui, nel nostro territorio, l’attenzione è mantenuta alta e costante.

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Non a caso, quindi, l’obiettivo in città è stato raggiunto all’85,3% ed è, con il n. 1 (fame zero) e il 17 (alleanza per gli obiettivi), il migliore risultato di Bergamo e altri 29 capoluoghi italiani. Meno virtuosa, secondo i rapporti Feem, Fondazione Eni Enrico Mattei, del 2020, la provincia, che raggiunge il 70,7% dell’obiettivo, classificandosi, comunque, nella fascia alta delle province italiane, con Milano, al 98,2%, la più vicina alla meta e Frosinone maglia nera (0,6%). L’Italia, da Nord a Sud, presenta gravi squilibri ancora tutti da appianare: al 97% della popolazione di Bergamo fornita di depurazione corrisponde una media nazionale del 62,5%, con 40 Comuni – in buona parte in Sicilia – ancora privi di sistemi fognari. Se a Bergamo la dispersione dell’acqua in rete risulta del 18%, la media italiana è più del doppio: 37,3%.

L’Istat, inoltre, segnala che nel periodo 2018-’19, in 12 città capoluogo, soprattutto al Sud, sono state adottate misure di razionamento dell’acqua per uso civile.

Allarme per lo stress idrico

Lo 0,3% della popolazione italiana è priva di servizi igienici contro il 2,3% della media dell’Unione europea, fortemente influenzata dalla condizione di Paesi come Romania e Bulgaria. Nell’Unione Europea l’84,4% della popolazione è servita da sistemi di depurazione. Lo stress idrico (la quantità di acqua dolce consumata rispetto al totale delle risorse) è all’8,39%, contro il 15,58 italiano: un campanello d’allarme che dovrebbe indurci a un utilizzo più saggio della preziosa risorsa idrica.

L’oro blu è un bene sempre più inestimabile: sul nostro pianeta, ricoperto per oltre il 70% dalle acque, solo il 2,5% dell’acqua è dolce e solo il 10,20% delle acque utilizzate è sottoposto a trattamenti di depurazione. Il 29% della popolazione mondiale non ha accesso all’acqua potabile, il 45% non usufruisce di servizi igienici adeguati. Il Covid-19 peggiora le cose: tre miliardi di persone non hanno, a casa propria, la semplice possibilità di lavarsi le mani, il primo gesto di prevenzione.

L’obiettivo n. 6 richiama a un uso consapevole della risorsa dell’acqua, bene indispensabile, messo a dura prova dalle attività umane. È urgente fare in modo che l’acqua utilizzata sia trattata in modo da poter tornare in natura senza impoverire le riserve. L’uso sostenibile dell’acqua passa attraverso processi produttivi in grado di minimizzare gli sprechi e le perdite in rete, ma anche di riutilizzare la risorsa idrica.

L’ottica dell’economia circolare

Proprio seguendo la filosofia circolare, Covestro, la multinazionale tedesca con sede a Filago, si è impegnata per riprocessare l’acqua e poterla utilizzare diverse volte. Nel 2017 Covestro ha riutilizzato 3,7 milioni di metri cubi di acqua attraverso circuiti chiusi di raffreddamento, la reintroduzione di condensa di vapore come acqua di processo, il riutilizzo delle acque reflue trattate.

Anche se gli impianti di Covestro dove il recupero dell’acqua ha un ruolo importante nella produzione sono 15, nell’impianto pilota di Krefeld-Uerdingen, in Germania, si stanno concentrando le speranze di un utilizzo più sostenibile della risorsa. Qui, nel 2016, è partito il progetto “Re-Salt” per il riciclaggio delle acque reflue industriali cariche di sale, promosso da Covestro in collaborazione con il ministero federale per l’Ambiente, la conservazione della natura e la sicurezza nucleare nell’ambito del programma di innovazione ambientale. Il processo mira a ridurre il contenuto di sale nelle acque reflue per diverse migliaia di tonnellate, desalinizzando centinaia di migliaia di tonnellate di acqua all’anno, consentendo il risparmio di migliaia di tonnellate di anidride carbonica e il miglioramento delle acque reflue immesse nei fiumi. Il progetto ha un budget di 3,4 milioni di euro, è finanziati al 60% dal ministero federale, ma è ancora in fase sperimentale perché, sottolineano i tecnici, sono da verificare gli impatti a lungo termine delle tecnologie utilizzate.

Quando il risultato sarà raggiunto in sicurezza, Covestro intende applicare la nuova tecnologia ad altri siti nel mondo, in particolare per la produzione di policarbonato, migliorando notevolmente l’impatto ambientale della lavorazione.

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