L’obiettivo numero 10 – ridurre le disuguaglianze all’interno degli Stati e tra gli Stati stessi – è forse quello che rappresenta meglio lo spirito dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile: “Nessuno resti indietro”. L’obiettivo si prefigge di alzare il reddito delle persone più povere del 40% entro il 2030.
L’obiettovi si propone, altresì, di promuovere l’inclusione sociale, economica e politica indipendentemente da sesso, religione, provenienza; di garantire opportunità uguali per tutti; di facilitare una “migrazione ordinata, sicura e responsabile”, assicurando maggiore attenzione alle economie dei Paesi in via di sviluppo, con qualche indicazione molto concreta, come quella di abbassare al 3% il costo delle rimesse per l’estero che ora, a livello globale, è del 6,5%, in Italia del 5,5%.
Forti livelli di disuguaglianza si associano a diffusi sentimenti di infelicità e a minore crescita economica. Non è un caso, allora, se le città e i Paesi dove le differenze sono minori sono in testa alle classifiche della qualità della vita, come Bolzano in Italia e la Finlandia nel mondo, lo Stato più felice secondo il World happiness report 2021 e al terzo posto, dopo Svezia e Danimarca, nel conseguimento dei 17 obiettivi del piano dell’Onu per lo sviluppo sostenibile.
I vulnerabili più colpiti
I dati disponibili riguardano periodi precedenti alla pandemia. È noto come i gruppi più vulnerabili – anziani, disabili, bambini, donne, migranti, lavoratori con posizioni precarie e meno protette dal sistema degli ammortizzatori sociali – siano quelli più colpiti dalla crisi, in Italia e nel mondo.
Anche se il coefficiente di Gini, che misura le differenze di reddito (0 corrisponde a inesistenti, 100 a massime), era sceso in 38 Paesi su 84, ora il dato andrà rivisto alla luce della crisi globale che, secondo l’Onu, comporterà anche un taglio ulteriore agli aiuti ai Paesi in via di sviluppo, già calati di 149 miliardi dal 2017 al 2018.
Anche in Europa le differenze sono marcate: si passa dal reddito lordo disponibile pro capite di 33.332 euro del Lussemburgo a quello di 22.432 euro dell’Italia (dati del 2018), ai 10.875 euro (nel 2017) della Bulgaria. In media, il 20% della popolazione europea più ricca guadagna 5,5 volte il reddito del 20% più povero: in Italia 6,09 volte tanto, in Bulgaria 7,66 volte, in Slovacchia 3,3 volte. Nel 2019 l’indice Gini europeo era di 30,2, quello italiano – secondo Banca d’Italia – 34,8, salito a 41,1 nel 2020
È interessante notare che in Europa il 23,6% della popolazione a rischio di povertà vive in zone rurali rispetto al 21,4% che abita in contesti urbani, mentre in Italia si verifica il fenomeno opposto: l’incidenza della povertà è maggiore nelle città, il 29,2% contro il 26,7%.
Differenze importanti riguardano anche i 21,8 milioni di migranti presenti nei 27 Paesi dell’Unione europea. Come racconta il rapporto “Migrant integration statistics” del 2020, la strada per l’integrazione è ancora molto lunga: tra gli extra Ue, il tasso di occupazione, al 60%, è decisamente inferiore rispetto a quello dei cittadini europei, 74%, peggiori il tasso di disoccupazione (14,7%), gli abbandoni scolastici (26,9%) e il numero di Neet, i giovani che né studiano, né lavorano, né cercano lavoro (24,2%). Anche in Italia gli stranieri tendono a lasciare gli studi più degli italiani: il 37,6% contro il 14,5: l’obiettivo europeo per il 2020 era contenere l’abbandono al 10%.
L’andamento bergamasco
A Bergamo l’andamento dell’obiettivo 10 si riassume con il semaforo giallo, pronto a fare scattare il verde: la città, nel 2018, vantava un indice Gini di 30,4. Secondo l’Sdgs City Index sul raggiungimento degli obiettivi (dati riferiti al 2019), Bergamo ha raggiunto il 55,9% dell’obiettivo 10, in linea con i migliori capoluoghi italiani, tra i quali prevale Bolzano (60,7%), mentre Reggio Calabria è in coda con un irrisorio 3,1%.
Le associazioni che lavorano per l’integrazione e la coesione sociale sono molte sul territorio orobico. Anche le aziende private possono contribuire a raggiungere l’obiettivo a livello locale come a quello globale. Aumentare le possibilità di crescita e le opportunità nei Paesi più poveri, in particolare per le giovani generazioni, è lo scopo del progetto “Una migliore visione per un futuro più luminoso” di Covestro, la multinazionale tedesca che ha la sede italiana a Filago. Dietro al gioco di parole si riassume un progetto, lanciato in Thailandia nel 2019, per il recupero della plastica, con cui sono poi confezionati occhiali da vista in policarbonato riciclato, donati ai bambini delle scuole elementali di Rayong.
Innovazione in Covestro: meno effetto serra
Usare anidride carbonica emessa dall’industria per realizzare nuova materia prima può essere una soluzione per mitigare il riscaldamento globale provocato dai gas serra. Una soluzione che sta diventando realtà grazie a un’ostinata ricerca: se ne è parlato nel corso del “media talk” di Covestro, la serie di incontri da remoto organizzati dalla multinazionale tedesca con sede a Filago sull’innovazione nel settore dei polimeri. Con “Utilizzando la CO2 in maniera intelligente: gas di scarico, una preziosa materia prima”, l’azienda leader nel settore ha presentato come, in una logica di economia circolare, anche l’anidride carbonica può essere recuperata e reimmessa nel ciclo produttivo.
Dal 2016 Covestro collabora al progetto dall’indicativo nome di “Dream Resource” (risorsa dei sogni) finanziato dal ministero della Ricerca e dell’Educazione tedesco per produrre materiali plastici più ecosostenibili, partendo da un prototipo di isolante in schiuma di poliuterano rigida sviluppato con l’azienda partner Puren GmbH. L’isolante contiene un innovativo poliolo a base di CO2 che consente di sostituire fino al 20% di materia prima di origine fossile. In Europa un terzo dei gas serra sono attribuibili agli edifici, che assorbono fino al 40% della domanda di energia: intervenire in questo settore con strumenti sostenibili, resistenti e riciclabili significa migliorarne l’impatto ambientale.
La tecnologia ha consentito negli anni di immettere sul mercato un sempre maggior numero di prodotti con cardyon a base di CO2, pavimentazioni per campi sportivi e componenti dell’automotive. Sono in fase di sviluppo fibre tessili con poliuretani termici resistenti e adatti a calze tecniche e tessuti medicali, mentre con fibre, colle e schiume si sta lavorando a scarpe da ginnastica sostenibili.
La possibilità di combinare ossido di etilene derivato dal petrolio e CO2 con una reazione chimica, che produce prima polioli, poi una schiuma rigida di poliuretano, promette di esplorare un’ampia gamma di applicazioni e ridurre l’uso del fossile. «Sviluppare questi prodotti forse non salverà il mondo» osserva Christoph Gürtler, direttore Catalysis and Technology. «Ma è un passaggio importante nell’uso chimico della CO2 e può condurre a nuovi risultati».