Un mondo che non conosce la disoccupazione, dove il lavoro è dignitoso, ben retribuito, in sicurezza e salute. È l’obiettivo n. 8 dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, focalizzato su crescita economica, produttività ed efficienza delle risorse, per raggiungere piena occupazione, sradicare il lavoro forzato e minorile, promuovere i diritti dei lavoratori. La situazione nel Vecchio Continente, secondo il Rapporto 2020 Eurostat, si poteva giudicare, nel complesso, abbastanza soddisfacente, con la Norvegia in grado di raggiungere gli obiettivi per l’87%.
L’Italia, con il 69%, figura al 23.o posto della classifica, chiusa dalla Romania (42,7%), dopo la Polonia (71,5%) e prima della Croazia (68%). Meglio Francia, Germania e Spagna (15.a).
Molti degli obiettivi dell’Agenda 2030, in Europa prima della pandemia, sembravano a portata di mano, tra cui proprio il n. 8. I dati, riferiti al 2019, raccontano di un Pil medio europeo di 27.970 euro, di un tasso di occupazione al 73,1% tra i 20 e i 64 anni, una partecipazione femminile al mercato del lavoro al 67,3%, un tasso di disoccupazione del 6,7%, il 51,4% dei giovani tra i 20 e i 24 anni occupati, ma un 12,6% di giovani che non lavorano, non studiano e non cercano lavoro, i Neet. Più negativa l’Italia con un tasso di occupazione del 63,5% – penultimi in Europa: solo la Grecia fa peggio – e il record europeo di Neet: 22%.
Una crisi globale
Poi è arrivato il Covid, con una crisi globale destinata, secondo le stime dell’Onu, a tagliare del 4,2% il Pil pro capite mondiale. In Italia la crisi ha portato alla riduzione dell’8,8% del Pil, del tasso di occupazione femminile e delle ore di lavoro (-20%). È sceso il tasso di occupazione, passato dal 63,5% al 58,3%, ma anche il tasso di disoccupazione, dal 10% del 2019 all’8,9%: non è una buona notizia, perché parte dei disoccupati hanno smesso semplicemente di cercare lavoro e sono andati ad aumentare il numero di inattivi, balzati dal 27,9% al 35,8%. Positivo il calo del 16,7% degli infortuni sul lavoro rispetto al 2019, ma sono aumentate (+15,4%) le morti bianche, che in Italia sono salite a 1.151 nei primi 11 mesi dell’anno, circa un terzo di queste a causa del Covid.
Stravolta la buona situazione di cui godeva la Bergamasca. Nel 2019 il Pil pro capite di 29.082 euro e il tasso di disoccupazione erano migliori della media europea, il tasso di occupazione superiore alla media nazionale (66,3%). La Cgia di Mestre, in attesa dei numeri ufficiali, stima un calo dell’11,2% del Pil. Preoccupante l’aumento dei decessi sul lavoro, passati da 20 a 44: la qualità e la sicurezza del lavoro, mete chiave dell’obiettivo n. 8, restano sfide fondamentali.
Il buon esempio di Covestro
Risulta interessante come, nonostante la pandemia, una grande realtà come Covestro, azienda leader nel settore dei polimeri, continui a puntare sulla qualità del capitale umano come strumento del proprio sviluppo economico. Con più di 17 mila dipendenti nel mondo, di cui circa 230 nella sede italiana di Filago, la multinazionale tedesca ha posto l’attenzione ai dipendenti come elemento chiave della politica aziendale, fortemente orientata agli obiettivi dell’Agenda 2030 e, in particolare, in linea con l’obiettivo n. 8. Sicurezza sul lavoro, giusta retribuzione, sistemi di bilanciamento tra impiego e famiglia, capitale umano giocano un ruolo primario in Covestro. «Mettendo insieme gente con storie diverse e diversi punti di vista, ci spingiamo oltre le frontiere e ci avventuriamo come pionieri nel mondo delle nuove idee, per rendere il mondo un posto migliore», dichiara l’azienda. «Chi lavora con noi deve sentirsi a casa, trattato in maniera equa e trasparente. Il senso di appartenenza, rinforzato dall’orgoglio di essere parte di un progetto più ampio, si basa sulla piacevolezza degli ambienti, dove imparare dalle “menti migliori nel loro campo”, sentendosi una squadra dove il clima di fiducia e di apertura invita al confronto e alla creatività».
Covestro offre flessibilità per una conciliazione con la vita privata, investimento su salute – anche grazie a check-up medici – e benessere, attenzione alla stabilità finanziaria anche per il futuro. La possibilità di realizzarsi nella vita lavorativa, conservando spazio per il tempo libero, si realizza anche grazie a programmi come Coversity, progetto di sviluppo personale e professionale. Decine le opportunità di lavoro in Asia, Europa e Stati Uniti. Anche a Filago sono aperte due posizioni: Responsabile Confezionamento e Magazzino e Operatori di Produzione Polimeri Plastici. Un bel segnale, nonostante la crisi.
Gli sportelli e le borse lavoro per i disoccupati
Le Acli, con 42 circoli in provincia di Bergamo e una storica attenzione alla persona e a uno sviluppo economico sollecito con i più deboli, contro la disoccupazione ha attivato il progetto «Insieme per il Lavoro», da cui è nata «Acli Rete Lavoro», con Fondazione Enaip Lombardia e i volontari dei circoli, giovani e pensionati, formati per accompagnare chi cerca lavoro. I volontari tengono aperti i sei sportelli della Rete a Mozzo, Bariano, Nembro, Caravaggio, Bergamo, Ciserano, cui si aggiungerà Sarnico. Rete Lavoro, per offrire nuove opportunità a chi è più ai margini del mercato, ha istituito undici «borse lavoro», finanziate con i 25 mila euro della raccolta fondi natalizia, con tirocini extracurriculari di tre o sei mesi destinati a giovani disoccupati. La ragazza che ha lasciato l’università e ingrossa le fila degli inattivi, il giovane padre che, tassista nel Paese di origine, in Italia non vede riconosciuta la licenza di guida, lo straniero in emergenza abitativa che frequenta le scuole serali.
L’impegno delle Acli provinciali
«Le borse lavoro forniscono un sostegno al reddito, formazione su più canali e la possibilità di riqualificarsi con un curriculum spendibile sul mercato», afferma Roberto Cesa, coordinatore di Rete Lavoro. «Nell’ultimo anno la provincia di Bergamo ha retto, nel complesso, abbastanza bene rispetto alla media italiana. Non si possono però fare previsioni positive sull’occupazione: da marzo, con la fine del blocco dei licenziamenti, si vedrà quanto il dato dipenda da questo. Ma non mi aspetto la gente in piazza, la rabbia sociale. Mi sembra che andiamo verso una reazione più apatica, di scoraggiamento. Tra gli obiettivi degli sportelli c’è trovare lavoro ai disoccupati, ma anche aiutarli a non scivolare nel numero degli inoccupati, perché tirarli fuori da lì è più difficile. Quelli non si vedono in piazza e nemmeno nel dibattito politico. Il numero dei disoccupati calato sembra un dato positivo. In realtà molti hanno smesso di cercare lavoro. Chi passa dallo sportello ha ancora una scintilla di speranza».