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Carbonio alle frontiere: Ue in campo per salvare il clima , interessi enormi in gioco

Articolo. La Francia spinge per accelerare l’approvazione del Cbam (Carbon border adjustment mechanism, ovvero l’aggiustamento del carbonio alle frontiere) con cui la Commissione intende “tassare” le emissioni di carbonio prodotte per realizzare le merci che vengono importate. Mettere d’accordo tanti interessi non sarà affatto semplice.

Lettura 7 min.

Anche per le merci importate si pagherà la tassa sulle emissioni

Sono passati pochi mesi dalla Conferenza per il clima Cop26, quando il mondo si è impegnato a contenere entro 1,5° il riscaldamento globale e raggiungere entro la fine del secolo la neutralità climatica e in Europa continua la marcia del pacchetto “Fit for 55” verso la decarbonizzazione.

La Francia, a cui spetta la presidenza del Consiglio per il primo semestre del 2022, spinge per accelerare l’approvazione di una delle misure a cui tiene di più tra le tante novità del pacchetto (che peraltro hanno sollevato e continuano a sollevare non poche discussioni). Si tratta del Cbam (Carbon border adjustment mechanism, ovvero l’aggiustamento del carbonio alle frontiere), strumento con cui la Commissione intende “tassare” le emissioni di carbonio prodotte per realizzare le merci che vengono importate.

Si tratta in poche parole di un’imposta concepita per proteggere le industrie europee in fase di decarbonizzazione dai competitor internazionali che non sono soggetti ai rigidi obiettivi climatici dell’Unione.In sostanza non sarà possibile avvalersi di un fornitore non-Ue più inquinante senza incorrere nel sovrapprezzo; inoltre i produttori extraeuropei non potranno inondare il mercato dell’Unione con prodotti meno cari ma creati con scarsa attenzione all’ambiente.

Obiettivo è anche disincentivare la delocalizzazione

In realtà, affermano a Bruxelles, non si tratta di una tassa ma di uno strumento di “carbon pricing” con il quale si attribuisce un costo al carbonio emesso, come accade nel sistema di scambio Ets dove a una tonnellata di carbonio corrisponde un permesso di emissione (per approfondire puoi leggere di più qui e qui).

Ma mentre il sistema Ets riguarda la produzione interna all’UE, il Cbam si applica alle importazioni da Paesi esterni al mercato comune UE con due obiettivi: frenare il carbon “leakage” , la “fuoriuscita del carbonio”, e incentivare anche all’estero virtuose riduzioni di emissioni.

In questo modo, secondo la proposta europea, le industrie non saranno invogliate a spostare in Paesi meno rigidi e “ambiziosi” la produzione per evitare le norme e i costi della decarbonizzazione, e l’Europa contribuirà ad abbassare le emissioni globali spingendo l’industria estera nella direzione delle zero emissioni (leggi di più qui).

Per evitare che la transizione ecologica della produzione si traduca in un pericoloso boomerang per le aziende europee, costrette ad alti investimenti per ridurre la propria impronta di carbonio, ed esposte alla concorrenza delle imprese estere non soggette agli stessi oneri, il Cbam dovrebbe garantire che le merci importate paghino per il carbonio emesso come le controparti europee, equilibrando i costi di produzione. E le imprese estere, da parte loro, sarebbero incentivate ad adottare misure e investimenti di decarbonizzazione per evitare o ridurre le quote di Cbam da pagare per poter vendere in Europa.

In questo grafico la CO2 nel commercio mondiale, chi lo importa e chi lo esporta

 

Cliccando qui potete vedere il grafico interattivo sul sito Our World in Data

Ets, addio alle quote gratuite

Nati con lo stesso scopo (far pagare chi inquina), nelle intenzioni dei legislatori europei sistema Ets e il meccanismo di aggiustamento del carbonio alla frontiera dovrebbero andare di pari passo: il costo del certificato Cbam dovrebbe essere calcolato prendendo come riferimento il costo medio settimanale della vendita all’asta delle quote Ets (oggi si parla di cifre intorno ai 100 € per tonnellata di CO2 emessa), in modo che produrre all’estero non dovrebbe più essere, almeno da questo punto di vista, conveniente.

Non ci sarebbe inoltre più bisogno delle quote gratuite Ets, che fino ad ora servivano proprio per alleggerire i costi alle aziende a rischio di delocalizzazione, che di fatto però contribuivano a mantenere bassi i prezzi del carbonio e ad annacquare la spinta alla decarbonizzazione.

Secondo la proposta originaria della Commissione, Il ricavato dei certificati Cbam andrebbe a finanziare il Recovery Fund post Covid del Bilancio Europeo. Il meccanismo, che per la Commissione andrebbe applicato solo sulle emissioni dirette di gas serra, verrà introdotto in maniera graduale e riguarderà tutti i Paesi al di fuori dell’Unione, dello Spazio economico europeo EEA e del mercato ETS (che comprende anche la Svizzera).

 

I primi ad essere coinvolti saranno i seguenti settori:

  • ferro
  • acciaio
  • cemento
  • fertilizzanti
  • alluminio
  • produzione di elettricità
 

Dal periodo di transizione al regime pieno

Gli importatori dovranno dichiarare entro il 31 maggio di ogni anno quanto importano e quante emissioni sono riferite ai beni importati nel corso dell’anno precedente. Dal 2023 alla fine del 2025 è previsto un periodo di transizione durante il quale gli importatori saranno tenuti a dichiarare i quantitativi di carbonio relativi alle merci importate ma senza pagarli.

Dal 2026 invece il meccanismo dovrebbe entrare a regime e dovrebbe partire l’obbligo di acquisto delle quote di emissioni importate. Se un produttore extra UE può dimostrare di avere già pagato un prezzo per il carbonio emesso, potrà dedurre quanto già pagato.

Comunque, fino a quando non saranno completamente eliminate le quote gratuite Ets (nel 2035) i certificati Cbam saranno da pagare solo parzialmente, in proporzione alle quote gratuite ancora sul mercato. Nel frattempo la Commissione si riserva di verificare il funzionamento del meccanismo e di apportare aggiustamenti e modifiche secondo l’esperienza raccolta.

 

In questa grafica della Commissione Europea è riassunto il funzionamento. Gli importatori di beni compresi nel registro Cbam possono acquistare certificati Cbam il cui prezzo si basa sulle quotazioni medie settimanali delle quote Ets (come detto oggi intorno ai 100€ a quota).

Gli importatori dichiarano le emissioni riferite ai beni importati e restituiscono il corrispondente numero di certificati Cbam ogni anno. Se invece gli importatori possono provare che l’emissione di carbonio è stata già pagata durante la produzione nel paese terzo , la cifra da pagare può essere ridotta.

Uno strumento discusso

La Commissione Europea considera il Cbam un “elemento essenziale degli strumenti dell’Unione per conseguire l’obiettivo di una UE climaticamente neutra entro il 2050, in linea con l’accordo di Parigi”, ma la proposta deve ora superare l’esame del Parlamento e del Consiglio e le critiche avanzate da ambientalisti e industriali.

Per Sabine Frank, di Carbon Market Watch il meccanismo “sta ancora cercando di guadagnare tempo che non esiste”.
Inoltre, secondo Carbon Market Watch, non viene rispettato il principio per il quale chi più inquina, più paga: “La stragrande maggioranza dei sussidi gratuiti per l’inquinamento rimane invariata, anche se una ricerca del CE Delft mostra che le industrie pesanti come l’acciaio, il cemento e la petrolchimica hanno fatto fino a 50 miliardi di euro di profitti dal mercato del carbonio dell’UE tra il 2008 e il 2019”.

Con Wwf e altre grandi associazioni che combattono il cambiamento climatico, Carbon Market Watch ha presentato cinque raccomandazioni per migliorare il CBAM e renderlo uno strumento efficace e giusto anche verso i Paesi in via di sviluppo.

Ecco le proposte:

  • Eliminare le quote gratuite Ets dell’industria pesante . Riconoscere al CBAM il ruolo di alternativa alle quote gratuite Ets già a partire dal 2023 porterebbe a una significativa riduzione delle emissioni e incentiverebbe i partner commerciali dell’Europa ad abbassare le proprie emissioni
  • Includere tutti i settori più inquinanti . Come strumento di politica climatica dovrebbe includere tutti i settori più inquinanti a partire da quello chimico, plastica inclusa. Nella proposta della Commissione non sono previste le emissioni indirette, la cui inclusione da subito porterebbe grandi benefici all’ambiente e consentirebbe di riflettere in maniera più puntuale i costi sostenuti dalle aziende in Europa dove il settore energetico è coperto dal sistema Ets
  • Per i Paesi meno privilegiati . La Proposta della Commissione non tiene in considerazione la responsabilità dell’industria europea nella crisi climatica e il diritto dei Paesi in via di sviluppo di crescere, riconoscendo l’impatto della decarbonizzazione sulle loro economie
  • Finanziare la transizione climatica . Con i ricavi del Cbam, l’Unione Europea dovrebbe finanziare azioni per il clima fuori dall’Europa e aumentare la resilienza e lo sviluppo dei Paesi in via di sviluppo. In questo modo verrebbero fugate le accuse di avere introdotto una misura fiscale protezionistica e si dimostrerebbe invece la sincerità dell’azione europea per il clima a livello globale
  • Nessun rimborso all’esportazione . Costruito per ridurre le emissioni a livello globale, il Cbam non dovrebbe contenere incentivi in termini di rimborsi sul prezzo del carbonio quando si esporta, così da non contraddire gli intenti climatici del meccanismo e le regole del Organizzazione mondiale del commercio, World Trade Organisation WTO .

Cosa ne pensano gli altri

L’ok del WTO, l’Organizzazione Mondiale del Commercio, è fondamentale per il successo del procedimento. Nonostante la Commissione Europea abbia più volte assicurato di avere definito la misura del Cbam “in modo da rispettare le norme dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) e gli altri obblighi internazionali dell’UE” diversi Paesi importatori hanno sollevato perplessità e accuse di protezionismo.

Critica l’Australia, che teme ripercussioni sui prezzi delle materie prime che esporta in Asia e in Cina, e per la possibilità che altri mercati - come quello statunitense - possano introdurre meccanismi simili.
Il Cbam potrebbe rivelarsi una minaccia per paesi come Ucraina, Turchia e Russia per i quali l’Europa è il principale mercato di riferimento nei settori dei fertilizzanti, cemento, alluminio e acciaio.

La “tassa sul carbonio” non è gradita nemmeno dagli Stati Uniti che in Europa esportano acciaio e alluminio ma a loro volta stanno preparando qualcosa di simile.
Apertamente contraria la Cina che già a luglio scorso aveva accusato l’Unione Europea di volere violare le regole del commercio internazionale, salvo poi affermare che l’impatto negativo sull’economia avrebbe comunque una durata limitata, giusto il tempo di adeguare la tecnologia e l’industria alle nuove richieste del mercato…

La parola al Parlamento Europeo

 

Il dossier Cbam è tra le misure del pacchetto Fit for 55 che sta procedendo più speditamente sotto la presidenza francese: è in fase di discussione nelle commissioni del parlamento e il voto della versione finale è previsto per maggio.

Alla commissione Envi per l’ambiente i deputati hanno discusso la bozza presentata dal Rapporteur Mohammed Chahim, “più ambiziosa” rispetto alla proposta della commissione in quanto chiede di anticipare la messa a punto del sistema, tempi più brevi per l’abolizione dei certificati Ets gratuiti e l’inclusione delle emissioni indirette nel meccanismo.

In discussione anche e l’utilizzo dei ricavati che, per non incorrere nella bocciatura della WTO non dovrebbero finire nel bilancio dell’Unione come “risorsa propria” ma essere utilizzati per sostenere i Paesi in via di sviluppo nella decarbonizzazione, proprio come chiedono le associazioni non governative.

Mettere d’accordo tante richieste e tanti interessi non sarà affatto semplice.

Checklist

Parola per parola

  1. Cbam

    Carbon Board Adjustament Mechanism - Meccanismo di aggiustamento (o adeguamento) del carbonio: strumento con cui l’Unione Europea mette un prezzo alle emissioni di gas serra prodotte dalle merci importate
  2. Decarbonizzazione

    processo che tende a zero emissioni di carbonio, attraverso l’abbattimento o la compensazione dei gas serra prodotti
  3. Carbon linkeage

    letteralmente “fuoriuscita di carbonio”, indica il fenomeno per cui si sposta la produzione in Paesi con legislazioni meno rigide rispetto a quelle europee per evitare di pagare le quote di emissioni previste in Europa
  4. Carbon pricing

    è la leva principale con cui si intende spingere per abbassare le emissioni di gas serra e consiste nel dare un prezzo e quindi far pagare i responsabili per i gas emessi
  5. Ambizioni

    è il temine con cui l’Unione Europea indica i traguardi da raggiungere per arrivare alla decarbonizzazione entro il 2050
  6. Risorsa propria

    fondi ottenuti da azioni interne ai meccanismi europei, quali il mercato degli Ets o il meccanismo Cbam