Innovazione e sostenibilità, primi driver di crescita
La sostenibilità e gli investimenti in ricerca del Gruppo Smi, la produzione di energia verde di Italgen, gli impianti, i prodotti, il progettare sviluppo sostenibile per garantire il riuso dei materiali al 100% di RadiciGroup, il taglio alle emissioni nocive e l’efficienza energetica di Metalcoat, la tecnologia e gli impianti di Losma per purificare l’aria degli ambienti di lavoro alzando il livello di sicurezza. Fino alla salute di ciascuno, con i robot e l’innovazione digitale della cardiochirurgia dell’ospedale Humanitas, che sfruttando la tecnologia dell’Industria 4.0 entra nelle sale operatorie per alzare al massimo livello la qualità e la precisione degli interventi e ridurre al minimo l’invasività dell’operazione.
L’economia circolare a Bergamo è anche tutto questo. Ma è anche innovare, e innovare è diventato anche sexy. Lo slogan, il marketing lo chiamerebbe il pay-off, è stato lanciato da una campagna di promozione dell’industria tessile e della moda, giocando a richiamare la sensualità delle loro collezioni. Ma l’impatto è un altro: vuole sottolineare a mercati e consumatori quanto è invece cambiata la sua industria in coerenza con i nuovi valori del fare impresa. Innovazione non solo in tecnologia, non solo in processi di produzione, ma per capacità di essere impresa sostenibile, di aver impostato e progettato i suoi prodotti secondo i criteri di un’economia circolare in cui ogni prodotto viene già pensato per essere riusato come materia prima in un nuovo ciclo di produzione, senza più scarti o rifiuti.
I settori portanti, la meccanica resta il motore
Bergamo è molto tessile. Bergamo oggi è quindi anche molto sexy, dopo aver superato la crisi degli ultimi dieci anni e aver posizionato la sua produzione per qualità ed eccellenza dei prodotti nella fascia di alta gamma del mercato, apprezzati dai brand globali del lusso. Ma Bergamo diventa una forza dal fascino industriale ancora più grande se si guarda a tutti i settori di attività, dalla meccanica alla chimica, dalla gomma all’elettronica, oggi sempre più meccatronica.
Il nuovo volume di Skille 1000, in cui si presentano i bilanci consolidati, i conti economici di gruppo, delle prime mille imprese della provincia di Bergamo, racconta anche tutto questo nuovo mondo teso fra innovazione, cambiamento tecnologico, trasformazione del proprio modello di business. E si parte con il raccontare un 2018 come un anno ancora di crescita e di sviluppo, fatturato e utili in aumento (nonostante un freno sempre più tirato). Il volume sarà in edicola il prossimo sabato 30 novembre con il quotidiano L’Eco di Bergamo.
È un’analisi dominata da tinte rosa, ma in cui non mancano certo elementi di preoccupazione. I numeri confermano la capacità competitiva di molte medie imprese, sempre più spesso vere piccole multinazionali, che hanno riproposto modelli di business tipicamente locali in un contesto sempre più internazionale, l’innovazione non ha confini.
Soprattutto, Bergamo è sempre più manifattura che continua a mettere al centro i due veri driver dello sviluppo economico: l’innovazione tecnologica dell’economia digitale, e l’economia circolare, quell’approccio tipico al modello di produzione che fa della sostenibilità ambientale, partendo dai materiali innovativi, il fulcro di questo percorso. Bergamo sta puntando molto sulla qualità della responsabilità sociale d’impresa, sul rapporto di trasparenza con fornitori e clienti, su un ambiente di lavoro positivo per i dipendenti. Un modello nuovo dove i costi di queste trasformazioni sono stati trasformati in opportunità.
La sfida del risparmio energetico
L’Osservatorio privilegiato di Skille e le storie delle aziende che ha raccolto in questo volume raccontano molto bene quali sono i fattori abilitanti del loro successo. E tutti portano a far convergere economia digitale e economia circolare, elementi che confermano una prospettiva di lungo respiro.
Sono tutte storie di cambiamenti fatti di risparmi energetici, di minor uso di risorse naturali (acqua ed energia), utilizzo di fonti rinnovabili. Ma anche di tutto quello che è il futuro della migliore competitività tecnologica: il ricorso all’intelligenza artificiale per l’esecuzione di nuovi processi industriali, le tecniche di machine learning per adattare continuamente le capacità di produzione, storie di come si sta applicando la robotica nella medicina e fin dentro le sale operatorie.
Ma anche modelli in cui si stanno perseguendo nuove forme di collaborazione e nuovi modelli operativi che fanno sempre più riferimento a startup, a centro di ricerca, a università in una costante corsa ad acquisire conoscenza.
Emerge soprattutto uno scenario nuovo, ricco di imprese, sempre più spesso vere piccole multinazionali, e che hanno dimostrato di non essere estranee alla velocità del cambiamento richiesto. La sfida dell’economia circolare è diventata sempre più leva strategica per la crescita, l’uso efficiente di risorse ha innescato prima innovazione e poi risparmi, occupazione, maggiore export e alla fine redditività. I numeri dicono anche questo. La classifica per valore del fatturato (oltre raccogliere quattordici indici finanziari, dalla redditività al ritorno degli investimenti, dalla solidità finanziaria al volume dell’indebitamento) racconta un altro anno della loro attività.
Qualche numero allora. I fatturati della manifattura bergamasca crescono ancora nel 2018, coinvolgono più di 7 aziende su dieci (il 73%), e arrivano al nuovo record di 46,3 miliardi (+7,5%). Anche gli utili hanno un balzo, +4,3% fino a sfiorare i 2 miliardi di euro (1,9 miliardi a fine 2018).
Ma il dato vero, il dato industriale, è che si tratta per oltre l’80% di imprese impegnate nella transizione dei propri processi produttivi verso un sistema circolare produttivo e più efficiente. Consapevoli che questo passaggio comporta anche il ridisegnare un nuovo modello di business. Non più usa e getta, quindi. Ma progettare, usare e recuperare per essere nuovamente rimesso in produzione: diventerà un nuovo prodotto.
Il futuro del manifatturiero bergamasco è sempre più concentrato nell’uso dei materiali già usati, nel taglio dei consumi di materie prime, nella riduzione dei rifiuti e dello spreco energetico. Tutte le industrie e gran parte delle pmi delle filiere della manifattura bergamasca sono interessate e coinvolte da questo percorso. La meccanica e la chimica-farmaceutica, in parte e solo alcune realtà per il tessile, più delle altre sono sicuramente stati i comparti che meglio hanno interpretato la transizione verso questi modelli produttivi circolari. La progettazione, infatti, è il grande valore di questo passaggio: pensare a macchine che facciano prodotti per creare nuovi prodotti è l’imperativo categorico della meccanica. Unita a efficienza e recupero degli scarti ne fanno i capisaldi degli altri settori.