«Non potremo attraversare questa prova se non comprendiamo che “meno oggetti” significa ”più relazioni”. Questo è quanto vivono da molto tempo i poveri nei Paesi del Sud del mondo ed è quello che non cessa di ripetere Papa Francesco. Egli viene dall’Argentina e sta tentando di reinsegnare a una Chiesa molto occidentalizzata il valore della relazione con gli altri esseri umani e con gli ecosistemi naturali: questo è il senso delle encicliche Laudato si’ e Fratelli tutti».
Gaël Giraud, economista, gesuita, teorico della transizione ecologica, ce lo ha spiegato nell’intervista concessaci nell’occasione dell’incontro a Bergamo per la rassegna «Molte fedi sotto lo stesso cielo». «Sono almeno due le grandi lezioni che emergono da questa pandemia, le cui conseguenze non abbiamo ancora finito di provare sulla nostra pelle», avverte Giraud.
«Usciremo dalla pandemia solo tutti insieme: se un solo Paese continua a lasciar circolare il virus nella propria popolazione, vi saranno nuove varianti contro le quali i nostri vaccini finiranno per diventare inefficaci. Bisogna allontanarsi, poi, da questa globalizzazione mercantile che, con il pretesto di voler massimizzare i dividendi degli azionisti, rifiuta di conservare degli stock, ad esempio di mascherine e di enzimi, e ci fa diventare dipendenti dalle catene di valore mondiali più fragili, nelle quali la Cina gioca un ruolo preponderante, rendendo vulnerabili gli Stati».
«L’epoca dei Lumi e la Rivoluzione francese – continua Giraud – ci hanno lasciato in eredità i concetti di libertà, uguaglianza, fratellanza. Il postliberalismo ha ridotto questi valori al concetto di proprietà privata come diritto inalienabile, assente nella dottrina della Chiesa». La privatizzazione dei beni comuni ha conseguenze per tutti. Se la sanità è privata e i vaccini hanno un prezzo, il virus continuerà a circolare nei Paesi più poveri, sorgeranno nuove varianti, le profilassi finiranno per diventare inefficaci. «Negli Stati Uniti – aggiunge Giraud – chi dovesse trovare petrolio nel proprio giardino lo può sfruttare. In questo modo, però, danneggia beni comuni come l’ambiente e il clima. Il postliberalismo è diventato una religione pagana, di cui gli dei sono i mercati finanziari e i grandi sacerdoti i banchieri centrali».
Giraud confida nella società civile. «In Europa è più avanti della politica, che resta prigioniera dell’immobilismo delle banche. Di recente ho pubblicato un rapporto in cui dimostro che le undici banche più grandi d’Europa andrebbero in fallimento se facessimo la transizione ecologica. Perché? Perché le banche hanno guadagnato molti soldi finanziando le energie fossili e possiedono, nei propri bilanci, centinaia di miliardi di attivi finanziari direttamente legati al carbone, al petrolio e al gas. Questo è il vero nodo del blocco europeo di fronte alla ricostruzione ecologica del nostro continente».
«Abbiamo bisogno di uno Stato stratega – ammonisce Giraud – che conservi il potere, nonostante le lobby bancarie e quella di Bruxelles, di far prevalere l’interesse generale a medio termine rispetto agli interessi degli azionisti privati a termine molto breve. Questo vale per le prossime pandemie come per il disastro ecologico in corso. Questo Stato stratega deve imparare a collaborare con la società civile e il settore privato per prendersi cura dei beni locali e globali: la biodiversità, la sanità, il clima, la cultura».
Imparare dai popoli del Sud del mondo
Il nuovo libro «Un’economia indisciplinata. Riformare il capitalismo dopo la pandemia» (Editrice missionaria italiana, pp. 152, euro 16) è un dialogo tra Gaël Giraud e l’economista senegalese Felwine Sarr. Insegna come i popoli del Sud del mondo possano insegnare la transizione ecologica e il nuovo modello di sviluppo.
L’economia deve dialogare con le scienze umane
«L’Occidente deve ritrovare un’antropologia e un rapporto con il mondo nel quale l’essenziale sia la relazione», spiega Giraud. «Ciò che mi costituisce come essere umano è la qualità delle relazioni che io intrattengo con l’altro e con la natura, non la grandezza del mio conto in banca o la misura della mia auto. Una grande parte dell’Africa non ha mai perso questa esperienza antropologica fondamentale: nei concetti di Ubuntu e Ukama le relazioni con la natura, gli altri e gli antenati, sia nel passato sia nel futuro, sono costitutive dell’umanità. Ecco quanto dobbiamo reimparare dall’Africa così come dalle popolazioni indigene dell’Amazzonia. L’altra lezione da apprendere è quella della sobrietà felice e dell’adattamento al disastro ecologico in corso. In Italia, per esempio, la mancanza di acqua potabile diventerà, negli anni futuri, un problema gigantesco, come lo è già,oltre che nel Nord Africa, in Andalusia e in Portogallo. Bisogna desalinizzare l’acqua del Mediterraneo».
«L’economia – prosegue Giraud – deve riapprendere a dialogare con la sociologia, il diritto, l’antropologia, la filosofia, se vuole ritrovare un vero statuto di scienza umana e un’utilità sociale. E anche con la teologia, visto che il diritto europeo è stato copiato da quello canonico».