Innovazioni che cambiano la sanità
«Nella nostra epoca i processi surclassano i prodotti».
È un altro spostamento epocale, esattamente come quello che ha segnato l’avvento della rete, quello che il fondatore ed ex direttore di Wired, Kevin Kelly, indica in un passaggio del suo ultimo libro (L’inevitabile – Le tendenze tecnologiche che rivoluzioneranno il nostro futuro, Ed. il Saggiatore).
Lo è, momento epocale, perché Kelly sta dicendo che questo passaggio dal prodotto al processo equivale a una trasformazione incessante sul modo e sul destino di qualunque cosa noi facciamo o faremo. E faranno gli altri su di noi. Per esempio nella sanità. E nella medicina più in particolare. Perché? Perché la sanità è già uno dei settori in cui la rivoluzione digitale non è più un salto nel buio. Si tocca con mano. Una mano tecnologica ovviamente. Che introduce anche un secondo approccio, di metodo, al modo di pensare le innovazioni.
Innovazioni che nascono dalla voce dei pazienti
Tiziano Barbui, direttore scientifico di From, la Fondazione per la Ricerca dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, sostiene molto chiaramente quanto sia determinante proprio grazie alla tecnologia «trasformare la pratica clinica in progetti di ricerca». Significa creare progettualità, nuove cure, protocolli e tecnologie, innovazioni significative attraverso i dati e le informazioni raccolte nella pratica clinica quotidiana, di routine. In questi dati vengono rivelati i bisogni del paziente. Ed è il malato per primo a fornirli. La vera capacità della nuova medicina, a questo punto, è trasformare al meglio queste informazioni e far assumere a loro un ruolo chiave nell’implementazione di strategie di ricerca, «perché la strada per soddisfare i bisogni dei pazienti deve essere costruita attraverso una cultura della ricerca. Le domande dei diversi studi nascono e hanno radici nella osservazione pratica di routine. E trasformare la pratica clinica in progetti di ricerca – spiega Barbui – significa una utilizzazione mirata ed intensiva proprio dei dati di routine. Pertanto la ricerca e l’assistenza non sono procedure parallele separate rigorosamente. Vi è piuttosto una consapevolezza che la buona ricerca è utile ai pazienti oltre che ad aumentare le conoscenze».
La cura e gli interventi si fanno da remoto
Intanto la tecnologia in sanità, appunto, non è più un salto nel buio.
È bastato osservare quello che è successo la settimana scorsa a Milano, in un incontro pubblico, alla presentazione delle potenzialità che la nuova rete 5G, protocollo dalle prestazioni velocissime (una latenza inferiore ai 10 millisecondi, la velocità di risposta una volta dato l’input) non solo promette, ma già oggi sa mantenere. Agli increduli la prova è stata data in diretta: per la prima volta si è fatta un’operazione in telechirurgia, un intervento di microchirurgia laser transorale su un paziente in remoto. A oltre venti chilometri di distanza, il professor Matteo Trimarchi, otorinolaringoiatra del San Raffaele, dal palco del Vodafone Village, ha rimosso un polipo da una corda vocale da un modello di laringe sintetica che si trovava in ospedale. Non c’è stata latenza (ritardo) nell’utilizzo degli strumenti chirurgici, il taglio era perfetto e l’intervento è stato eseguito come se si fosse realmente davanti al paziente e assistito dalla sua equipe in sala operatoria. Oltre alla telechirurgia, altre due novità di interesse Vodafone sono state presentate la settimana scorsa, in collaborazione con Humanitas, Politecnico di Milano e Exprivia-Italtel: sono i nuovi sistemi di analisi e consulto medico da remoto e il monitoraggio remoto del paziente.
Il primo è dedicato alla radiologia e permetterà ai tecnici di consultarsi e poter collaborare da remoto durante e subito dopo gli esami. Il monitoraggio da remoto, invece, è un progetto di telemedicina per la gestione e la cura da remoto di pazienti affetti da patologie respiratorie per facilitare l’accesso alle cure.
Quei molti che solo un paio d’anni fa avevano pensato che la sostenibilità a lungo termine dei sistemi sanitari poteva essere risolto con l’automazione, in questa occasione hanno avuto la prova che quella speranza è già realtà.
La stessa realtà che ha consentito a metà luglio scorso, a Melissa, una bimba di 7 anni di essere operata da medici del reparto di cardiochirurgia pediatrica dell’Ircss Policlinico di San Donato Milanese, come se fossero inseriti e protagonisti di un videogioco: questa volta la soluzione tecnologica “salva vita” è stato l’ologramma, sostanzialmente la ricostruzione in realtà virtuale dell’organo da curare. Questa volta la tecnologia ha consentito di ricostruire virtualmente l’organo, simulare il quadro clinico, studiare le strategie dell’intervento e verificarne in anticipo le conseguenze: colpita da un rarissimo tumore cardiaco, posto dietro al cuore e grande quanto una saponetta, dopo quattro ore di intervento Melissa ha avuto salva la vita.
Il fermento tecnologico della sanità
Controprove di questa trasformazione ne arrivano tutti i giorni, da ogni parte del mondo. Dalla Cina il lancio del progetto per creare un cuore artificiale che utilizza la tecnologia aerospaziale e che aiuterà milioni di persone che soffrono di problemi cardiaci, in Cina e nel mondo, e i problemi cardiovascolari sono in forte crescita a causa dell’invecchiamento della popolazione: sarà un cuore artificiale dal peso di 180 grammi ed è più piccolo delle dimensioni di un pugno, funzionerà come una pompa che trasporta il sangue in tutto il corpo. Cosa c’entra l’aerospaziale? Funziona esattamente come quello del servomeccanismo di un razzo, azionato da una pompa idraulica.
Ma gli esempi di quanto la sanità sia tecnologicamente in fermento sono tantissimi: da questi livelli di altissima specializzazione, si arriva a promesse più “semplici” per stravolgere il modo in cui ci curiamo e ci dedichiamo al nostro benessere, grazie anche all’alta velocità dei nuovi protocolli di trasmissione dati. Si va dalla telemedicina, agli interventi chirurgici da remoto, dalle autoambulanze sempre connesse e che consentono interventi tempestivi, in tempo reale e condivisi con l’ospedale, al monitoraggio e alla cura di pazienti da remoto, mentre vivono la loro tranquilla routine quotidiana fino ai robot di servizio in ospedale che interagiscono con gli utenti. Ma l’elenco, ormai infinito, passa anche dalla realizzazione di esocheletri per recuperare funzionalità a chi è disabile negli arti inferiori, per recuperare forza o ritmi perduti. Ma anche “semplicemente” e in uno scenario partecipativo, per poter registrare il proprio elettrocardiogramma in totale autonomia e inviarlo via mail per un consulto in tempo reale. Oppure, debutto assoluto, la piattaforma in cloud che elabora diagnosi e terapia attraverso l’intelligenza artificiale. Fare una visita sarà poco più che scattarsi un selfie.
C’è poi tutto il mondo delle startup che ribolle di innovazione nella sanità. L’ultimo evento è stato il Forum di Firenze. La corsa a presentare le soluzioni è stata altissima. Sos pediatri è la app che, attraverso la geolocalizzazione, riesce ad individuare professionisti convenzionati in grado di intervenire a domicilio ad una tariffa fissa. C’è stata poi Cupsolidale, una piattaforma online capace di comparare costi e dati di ogni struttura o professionista per visite specialistiche. Da Pisa i ricercatori della Aptus hanno sviluppato DeepMammo, una tecnologia di supporto ai radiologi che applica l’intelligenza artificiale per individuare più facilmente i tumori al seno. Tra le le nuove frontiere della medicina, tra sostenibilità e innovazione, c’è la Linari Medical che ha sviluppato AvDesk, un dispositivo medico classe I per l’autosomministrazione di terapie di tele-riabilitazione visiva. E sempre grazie all’intelligenza artificiale è nato Braincontrol, un vero e proprio joystick mentale che consente di superare le disabilità motorie e comunicative attraverso la tecnologia “brain computer interface”, che interpreta la mappa elettrica corrispondente a determinate attività celebrali e le utilizza per controllare dispositivi esterni e dare così il controllo a pazienti con gravi disabilità.
Insomma, anche la sanità sta cambiando completamente la propria pelle. La tecnologia sta aiutando e sostenendo questa trasformazione: negli studi medici, negli ambulatori, a casa, dentro e fuori gli ospedali. Ovunque ci sia un problema sanitario, ovunque ci sia un paziente la tecnologia ha una soluzione pronta.
il caso
Ecco come funzionerà la rete 5G in ambulanza
Sia la centrale operativa che l’ospedale potranno tenere monitorata l’emergenza fin dal principio ossia dall’arrivo dell’ambulanza sul luogo, ma non solo. I soccorritori potranno ricevere informazioni circa le manovre e le procedure da attuare, specialmente per quelle meno comuni.Tutto questo sarà possibile attraverso una telecamera 4K installata sul mezzo di soccorso che, tra le altre cose, consentirà al medico di formulare una diagnosi da remoto prima dell’arrivo del paziente in ospedale che, grazie ad un sistema di diagnostica per immagini connesso con l’ospedale, infatti, potrà venire a conoscenza di tutti i parametri vitali del paziente e delle indagini diagnostiche effettuate in ambulanza.Ma non finiscono qui le novità. Grazie ad un paio di occhiali HoloLens a realtà aumentata indossati dal soccorritore in ambulanza, sarà possibile mostrare all’operatore di Centrale in tempo reale ciò che accade sul campo e quest’ultimo potrà suggerire dei contenuti che verranno trasmessi sotto forma di testo nello schermo dell’occhiale: questo permetterà ai soccorritori di avere le mani libere per continuare a garantire il miglior soccorso possibile.
Ma le imprese hi-tech, le società del settore, sono altrettanto pronte a raccogliere questa sfida? Le potenzialità economiche sono importanti, così come vale la pena di sottolineare le ricadute che avrà la rivoluzione tecnologica della nuova rete 5G sull’economia del Paese: sarà un settore – hanno spiegato alla Vodafone - in cui si potrà creare un Pil di alta qualità, con un impatto fra i 4 e i 5 miliardi, con ingegneri, tecnici e singole persone che cambieranno gradualmente ma radicalmente le comunità in cui viviamo: ci sono montagne di software che devono essere scritte e non basta l’operatore telefonico, ma serve una filiera di aziende per capire come fare leva al meglio sulle nuove tecnologie. Ora c’è da capire chi si metterà a scrivere questo oceano di software. E questo è uno dei temi su cui l’Europa, e in particolare l’Italia, sta un po’ pagando dazio.
Sicuramente questo tecnologia ha potenziali di sviluppo che libereranno un’enormità di risorse, impiegate oggi in questo tipo di attività, che possono essere dislocate e impiegate in nuovi servizi ancora più estesi ai cittadini, in tempi in cui francamente i budget per la sanità sono ancora piuttosto risicati.