Giovani in cerca di lavoro: lo stipendio viene dopo
Testa e ambizioni dei giovani sono cambiate. Al di là degli aspetti economici, l’ultimo report “Employer brand research 2021” di Randstad, agenzia del lavoro esperta in risorse umane, ha dedicato un focus al tema dei giovani e lavoro, e ha rivelato che quando si tratta di scegliere dove andare a lavorare, i giovani tra i 18 e i 34 anni sono molto attenti al buon equilibrio tra vita lavorativa e vita privata (67%), a lavorare in un’atmosfera piacevole (68%), ad avere una buona formazione (56,5%), visibilità del percorso di carriera (62,5%) e, non da ultimo, considerano importante far parte di un’azienda che sia impegnata e capace di ritornare vantaggi alla sua comunità (40,5%). Insomma, fantascienza per i mantra del cartellino fantozziano e della pausa pranzo calcolata al minuto.
Come se non bastasse, i giovani non sono più disposti ad entrare e rimanere in un’azienda per sempre. Sono invece alla continua ricerca di nuovi stimoli, occasioni di crescita e di miglioramenti economici. Ormai qualche anno dilaga anche in Europa il fenomeno del cosiddetto job hopping («saltare da un lavoro all’altro»). Una pratica, diffusa soprattutto tra i più giovani, che sta diventando la nuova normalità. Anche in questo caso, i numeri parlano chiaro: il 12% dei dipendenti tra i 25 e i 34 anni ha cambiato lavoro nella prima metà del 2020 e un altro 21% ha intenzione di cambiarlo entro la metà del 2021.
Inutile dire che le aziende devono farsi trovare pronte a mostrarsi come luoghi appetibili in cui decidere di investire le proprie energie.
ML Engraving
Una volta trovati gli ingredienti va però fatto l’impasto. Ben consapevoli del fatto che, per costruire un’azienda a prova di giovane, non esiste un’unica ricetta.
Ad essere determinanti sono infatti le dimensioni e la struttura dell’organizzazione, oltre che il contesto in cui è inserita. Non per forza essere piccoli è uno svantaggio, anzi. Come ha detto Ersilio Lodetti di ML Engraving, azienda di 32 dipendenti specializzata in incisioni laser su stampi, «il segreto, in una piccola impresa, è dare fiducia e rispetto. Nessuno da noi controlla quanto stai davanti alla macchinetta del caffè – afferma Lodetti – e nessuno chiede di timbrare il cartellino. Tutto ciò genera un ecosistema in cui si lavora bene e che promuove la reputazione esterna. Sono i giovani della nostra azienda ad essere il nostro biglietto da visita. Anche se al crescere delle dimensioni anche noi dovremmo strutturarci meglio».
L’essere grandi o piccoli incide quindi sul grado di formalizzazione di una pratica, ma non sull’importanza di promuovere un clima di lavoro che favorisca la soddisfazione delle persone e, di conseguenza, una buona reputazione e produttività dell’azienda.
L’importanza di andare oltre la formalità delle regole
Riflessione condivisa anche da Francesco Radi, coordinatore dell’ufficio del personale di Flamma, azienda chimica con oltre 300 dipendenti solo in Italia. «La promozione di un sistema ben definito – dice Radi - è un valore aggiunto sia per le grandi aziende che per quelle medio-piccole. Non per forza deve essere tutto formalizzato, ma è importante che ci sia sempre una visione che ne tenga conto. In ogni azienda è fondamentale la consapevolezza nell’importanza di incrementare il valore delle persone e delle loro potenzialità».
Proprio su questo punto giocano un ruolo fondamentale le modalità di lavoro adottate e l’attenzione verso i propri dipendenti.
Coordinatore dell’ufficio personale e HR dell’azienda chimica Flamma
«In Flamma– continua Radi - cerchiamo di promuove un percorso di inserimento all’interno dell’ambiente lavorativo, che faccia percepire alla persona quali sono le aspettative nei suoi confronti».
Come dire, nessuno nasce imparato. I giovani in particolare hanno bisogno di essere guidati e accompagnati soprattutto al muovere dei primi passi in azienda. Oltre a sapere cosa cercano le nuove generazioni, capire dove cercare per trovarle è un tema altrettanto cruciale per rimanere in partita.
Oggi, per far fronte ad una competizione sempre più accesa e ad un orizzonte lavorativo che per molti giovani ha ormai i confini del mondo, pensare di intercettare i migliori soltanto attraverso i canali tradizionali, quali il passaparola e le conoscenze personali, non basta più. Il 78% dei millennials, ad esempio, cerca lavoro on-line su piattaforme come LinkedIn.
Occorre quindi cambiare strategia. Le imprese devono imparare a frequentare più assiduamente quei luoghi dove i giovani vivono. No, non si tratta di andare in discoteca con loro il sabato sera (quando si andava), ma di stringere forti alleanze con il territorio, con le scuole e con gli enti formativi. Oasi che pullulano di giovani impazienti di dar sfogo alle proprie idee e potenzialità. «Le relazioni con scuole e università sono fondamentali - afferma ancora una volta Radi – poiché sono un ottimo bacino per introdurre nuove generazioni e per fare innovazione». Insomma, grandi o piccoli che sia, pensare di andare “a caccia di giovani” senza però cercare nei posti dove realmente si trovano, sarebbe un po’ come decidere di andare per funghi rimanendo in città.
I punti chiave per attrarre i migliori
Francesco Radi, HR e responsabile Ufficio del personale Flamma
«Rendiamo attrattiva la nostra azienda puntando su lavoro agile e piani di crescita professionale. Guardiamo a conciliare il più possibile tempi di lavoro con le esigenze di vita puntando su welfare e servizi».
Carlo Andrea Guatterini, Ceo e founder di Edilgo
«In una startup attrarre i talenti è prioritario. Decisivo comunicare bene la potenzialità di crescita del prodotto e professionale. La difficoltà è spesso non riuscire a collocare bene la persona all’interno del gruppo».
Ersilio Lodetti, ingegnere ML Engraving
«In una prospettiva di crescita è importante per le piccole e medie aziende avviare collaborazioni con il territorio e le istituzioni formative: è essenziale essere coinvolti nella formazione delle competenze che ci servono».
Il modello start up, relazioni e persone al centro
Dove sta scritto che sono i grandi a dover dare l’esempio ai piccoli e non viceversa? Realtà come le start up hanno spesso molto più chiaro di tutti che cosa cercano i giovani e che cosa occorre mettere in campo per essere attrattivi. Sembra che ce l’abbiano nel Dna. È il caso di Edilgo, start up che sviluppa soluzioni tech per il settore delle costruzioni, composta da dodici giovani motivati, età media 26 anni.
co-fondatore e ceo di Edilgo
Carlo Andrea Guatterini, co-fondatore e ceo di Edilgo, spiega che sono proprio «le imprese tradizionali ad avere più difficoltà ad attrarre talenti e soprattutto a trattenerli, impedendo che se ne vadano dopo poco tempo perché insoddisfatti».
Le start up hanno invece grande consapevolezza dell’importanza di tessere buoni rapporti con tutti gli stakeholder, ponendo particolare attenzione verso il personale. «In Edilgo – continua Guatterini – ci piace pensare che un’azienda sia composta dal 20% da un’idea e dall’80% dalle persone». Va bene avere l’intuizione ma bisogna poi dargli le gambe per farla correre. Per questo nelle start up, vere e proprie fucine di idee innovative, si pone molto il tema di attrarre giovani e talenti e di metterli poi nelle migliori condizioni per esprimersi.
Da dove partire però? «Comunicare i valori dell’azienda e mettere in chiaro quale sia il percorso di crescita professionale che può offrire al giovane è la pre-condizione per iniziare un buon rapporto, questioni ancora troppo sottovalutate da tante imprese», risponde Guatterini. I giovani oggi pongono molta attenzione all’impatto del proprio lavoro sul territorio e sulla comunità. E se l’azienda non è poi in grado di trasmetterlo e comunicarlo nel modo giusto rischia di essere tanta fatica per nulla. I giovani poi cercano responsabilità e possibilità di condivisione.
Gerarchizzare eccessivamente le decisioni o rendersi introvabili per fare quattro chiacchiere su come sta andando è una grande penalizzazione per l’azienda è un motivo in più per il giovane di andarsene, dato che si sente messo in secondo piano.
«Un atteggiamento troppo verticistico - dice il ceo di Edilgo - crea una situazione di paura e fragilità per cui qualsiasi idea proposta dai nuovi arrivati viene considerata come un’idea secondaria. Ciò genera un meccanismo di autodistruzione perchè non permette all’azienda di valutare nuove idee e di portare più innovazione al proprio interno». Nonostante sia ancora una piccola realtà, Edilgo ha già gli occhi molto avanti, puntati soprattutto sulle relazioni da instaurare con il territorio. «Abbiamo cercato fin da subito di avvicinarci al mondo delle università e a quello degli istituti professionali – conclude Guatterini -, per trasmettere i nostri valori e far capire che la nostra è una realtà innovativa e capace di mettere al centro le persone, dandogli la possibilità di fare la differenza».
Creare buone relazioni, dentro e fuori l’azienda, è quindi la chiave per costruire salde fondamenta oggi e mettere i primi mattoni domani.
Amministratore delegato di Randstad Italia