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Non tutti i talenti vanno bene: come scegliere il profilo giusto per l’impresa

Articolo. I dati sono chiari: il 30% dei nuovi assunti abbandona l’azienda nei primi tre mesi. Perché? Nessuna relazione fra aspettative e lavoro effettivo. Non si può sbagliare scelta, occorrono trasparenza, metodo e consapevolezza. Basta seguire quattro semplici regole. Ecco quali sono.

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Investire energie per trovare le persone giuste

«Portatemi via le aziende e lasciatemi le persone con cui lavoro e presto avrò aziende migliori di prima». Era il motto di Andrew Carnegie, celebre industriale del ‘900, che già allora aveva rivelato come il vero segreto del successo di un’organizzazione non stesse soltanto negli asset economici, ma soprattutto nelle persone che ne fanno parte. Per questa ragione investire tempo ed energie nel ricercare e selezionare le risorse umane che possono fare il caso dell’azienda non può essere un punto da «varie ed eventuali», ma deve balzare in cima all’ordine del giorno di ogni Consiglio d’amministrazione.

Alcune recenti ricerche hanno infatti mostrato come quasi il 30% dei candidati abbandona la posizione nei primi tre mesi, lasciando le aziende spesso sguarnite di una valida alternativa, ma soprattutto sole nel fare i conti con qualcuno che non è rimasto in azienda per più di novanta giorni. Tra le ragioni dell’addio dominano la mancata corrispondenza tra le aspettative e il lavoro effettivamente svolto, come anche il fatto che non sempre scatta la scintilla tra la persona e la cultura aziendale dominante. Occorre quindi essere chiari con i candidati fin dal primo incontro, agendo con trasparenza, metodo e consapevolezza, ma soprattutto avendo in mente cosa fare per trovare qualcuno che faccia al caso proprio.

Monia Martini

People and HR Operations Director Boston Consulting Group

«E allora come strutturare un buon percorso di selezione?» è la domanda che da cui è partita Monia Martini di Boston Consulting Group (Bcg), mettendo in fila gli elementi a cui oggi un’azienda non può non guardare se vuole trovare la persona giusta da assumere. Previa analisi del fabbisogno, che metta nero su bianco le competenze di cui l’impresa necessita, sono almeno quattro gli step fondamentali da seguire per mettere a punto un percorso di selezione:

  • 1) curare direttamente e attentamente l’analisi dei Cv;
  • 2) supportare i candidati mettendoli nelle migliori condizioni di esprimere il proprio potenziale;
  • 3) coinvolgere nel percorso di selezione le persone e le aree aziendali interessate;
  • 4) valutare non solo le competenze tecniche ma anche quelle trasversali.
Cecilia Baudino

Talent Attraction & Branding Manager di BCG.

Secondo Cecilia Baudino, Talent Attraction & Branding Manager di BCG, il primo passo da fare è quello di prendere seriamente tutte le proposte che arrivano. «Ciò significa leggere singolarmente ogni curriculum senza ricorrere a strumenti di Intelligenza Artificiale, che pure si stanno affermando nel mondo delle risorse umane, poiché crediamo che lo sguardo umano sia fondamentale per cogliere la complessità che ricerchiamo nelle persone di talento. È necessario, infatti, valutare il candidato a 360 gradi per poterne cogliere appieno il potenziale».
Nonostante la tecnologia stia diventando un fedele alleato di molte funzioni HR, in particolare della ricerca e selezione, la cura umana nel leggere le storie personali e professionali presenti nei CV rappresenta un’occasione più unica che rara volta a captare e a fare tesoro di quei tratti di originalità che spesso sfuggono alla fredda analisi algoritmica di un computer.

L’importanza di supportare il candidato

Una volta individuati i profili interessanti è importante partire con il piede giusto, mettendo tutti nelle condizioni di esprimere al meglio le proprie capacità. «Un processo articolato – afferma Martini - comporta per l’azienda trasparenza e supporto nei confronti del candidato. In altre parole, è sempre più importante garantire una eccellente candidate experience».
Anche qui la tecnologia gioca spesso un ruolo cruciale. Ad esempio, dicono da Bcg riferendosi ai processi di selezione interni, «una app di ultima generazione guida il candidato in modo chiaro ed esaustivo durante tutti gli step del processo. Gli vengono fornite una panoramica dell’azienda e dei suoi valori, informazioni dettagliate sulla fase in corso del processo, informazioni sugli intervistatori (lato business e HR), aggiornamenti in tempo reale in caso di cambiamenti di programma, push notification per dettagli logistici e messaggi di incoraggiamento il giorno prima dell’intervista». L’acuirsi della war for talent (guerra per i talenti) sta quindi portando il processo di ricerca e selezione a cambiare volto. Oggi la sfida si vince sul piano di chi mette i propri candidati nelle migliori condizioni di dimostrare che sono loro ad essere i migliori per quella posizione, lasciando l’onere a chi conduce i colloqui di coglierne il potenziale per la creazione di valore aggiunto per tutta l’organizzazione.

Coinvolgere i colleghi interessati all’assunzione

Procedere in modo chiaro e strutturato è quindi imprescindibile se si vogliono approfondire le conoscenze e le competenze dei candidati. Per questo è importante che chi in azienda generalmente porta avanti gli step di selezione coinvolga anche chi vive direttamente la realtà aziendale in cui la risorsa dovrà collocarsi, così da verificarne le potenzialità e dare una testimonianza diretta di cosa significhi fare quel lavoro.
Sempre all’interno di Bcg, continuano le due esperte Monia Martini e Cecilia Baudino, «un primo confronto con le risorse umane mira a verificare quanto il profilo del candidato sia affine alla nostra cultura. Successivamente una serie di incontri con il nostro consulting team certifica le effettive competenze in termini di orientamento al business e di visione strategica».
Ma per le piccole medio imprese, nessuna paura. Senza per forza scomodare mezza azienda, è sufficiente che il candidato veda e si confronti con le persone con le quali lavorerà spalla a spalla. Se è vero che la prudenza non è mai troppa, vale bene la pena investire il costo di un caffè e di una mezz’ora di chiacchiere con il responsabile d’area per cogliere a colpo d’occhio l’intesa tra le parti.

Infine, ogni processo di valutazione che si rispetti parte dall’aver chiaro cosa bisogna valutare. «Un buon colloquio non va solo a testare le cosiddette hard skill – conclude Martini -, serve anche a verificare che ci sia un allineamento di cultura e valori tra il candidato e l’azienda. Il potenziale si misura in buona parte su parametri come la curiosità intellettuale, il pensiero strategico, la capacità di lavorare in team e di accettare ed esaltare l’unicità di ognuno di noi». Non si tratta di abilità di serie B, ma di elementi che permettono di fare il salto di qualità, oltre che permettere alla persona di “saper essere” e di “saper fare” in tutte le situazioni lavorative. Le cosiddette competenze trasversali (soft skill) sono quindi la nuova frontiera del capitale umano e richiedono un approfondimento maggiore da parte di chi valuta, anche mettendo direttamente alla prova il candidato sul campo. Ragion per cui negli ultimi anni stanno spopolando metodi di valutazione di gruppo, casi aziendali simulati e altre iniziative volte a vedere all’opera chi si candida per una certa posizione.
Trovare la persona giusta non è certo cosa facile, anche (e soprattutto) quando parliamo di lavoro. Fare la scelta sbagliata può costare caro, sia in termini di tempo che di costo. Per ridurre il rischio non è necessaria una rivoluzione, bastano piccoli accorgimenti che permettono all’impresa di indirizzare al meglio la propria scelta per rispondere al proprio bisogno attraverso cura, metodo e condivisione.