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Le aziende che offrono formazione possono attrarre i giovani talenti

Articolo. Alla luce delle continue trasformazioni del mondo del lavoro, le imprese si devono attrezzare per essere più incisive sul fronte della formazione dei propri dipendenti.

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Formazione, come essere azienda attrattiva per i talenti

Alla luce delle continue trasformazioni del mondo del lavoro, le imprese si devono attrezzare per essere più incisive sul fronte della formazione dei propri dipendenti. Nel 2023, secondo un’indagine di Top Employers Institute, aumenteranno l’offerta di portali formativi di supporto personalizzato per lo sviluppo di carriera e di mentoring e coaching per i lavoratori. È un segnale di come questi aspetti del mondo delle risorse umane stiano diventando un tassello fondamentale della vita di un’azienda.

Gli investimenti in formazione non sono però utili soltanto a migliorare la produttività del lavoro e l’adeguamento alle nuove tendenze globali. Molto si gioca anche sulla capacità di essere attrattivi per i talenti.

Secondo alcune indagini circa il 50% dei lavoratori valuterebbe di cambiare lavoro in cambio di più avvincenti opportunità formative in un’altra azienda. E oltre il 60% considera la formazione e la possibilità di aggiornare e migliorare le proprie competenze un elemento fondamentale per la scelta di rimanere.
Il tema si pone anche dal punto di vista della soddisfazione per una certa occupazione: circa il 70% ha dichiarato che l’opportunità di essere formati è indice di maggiore appagamento lavorativo.

Secondo Randstad (nell’ambito di un’indagine che coinvolge anche l’Italia) il tema dello sviluppo formativo delle persone da parte delle aziende è piuttosto importante.

Una priorità per i giovani

Parlando di giovani: l’82% di coloro tra 18-24 anni e il 78% di quelli tra 25-34 anni mette questi aspetti tra le proprie priorità. Anche in base alle indagini di Deloitte quando si tratta di scegliere in che azienda andare a lavorare le nuove generazioni indicano come priorità, subito dopo l’equilibrio vita-lavoro, la possibilità di ricevere opportunità formative e di sviluppo delle competenze. I giovani hanno dunque fame e voglia di imparare in un mercato del lavoro che non segue più i paradigmi di una volta.

Si tratta di numeri importanti che la dicono lunga sulla visione che hanno giovani del mondo del lavoro e che poco ha a che fare con l’idea del “trovare un posto solo per lo stipendio”. Le nuove generazioni hanno ormai la diffusa convinzione che il lavoro non debba essere (soltanto) una fonte di reddito ma anche un’opportunità di crescita che permetta loro di fare dei passi avanti sia sul fronte professionale che su quello personale.

Per queste ragioni se si vuole essere aziende attrattive è importante dimostrare che la propria realtà crede nell’apprendimento continuo e nella progettazione di percorsi di formazione. Occorre permettere alle persone di essere nelle migliori condizioni per affrontare le nuove sfide di un mercato del lavoro sempre più rapido e in continuo cambiamento, aprendo la strada per il passaggio a ruoli diversi all’interno dell’azienda che permettano di arricchire il bagaglio professionale di ognuno.

 

L’onboarding dei giovani in azienda

Ormai da qualche anno si sente parlare di onboarding, il percorso di formazione in ingresso dei nuovi assunti, come di un elemento centrale per garantire alle persone di trovare rapidamente il proprio posto in azienda e diventare produttive al massimo delle loro potenzialità nel più breve tempo possibile.

Occorre però sottolineare come questo tipo di processi spesso si risolva in una formale stretta di mano e in un rapido giro di benvenuto in azienda. Eppure, soprattutto per le figure junior, ricevere una buona formazione in ingresso ed essere supportati nei primi tempi all’interno di una nuova realtà è fondamentale.

Secondo i dati le persone a cui viene offerto un buon percorso di onboarding nel 60% dei casi hanno più probabilità di rimanere per oltre tre anni in quell’occupazione. Le ragioni alla base di un effetto positivo sulla volontà dei lavorativi di restare si possono intuire. Da una parte, essere accolti con cura predispone positivamente il nuovo arrivato, dall’altra parte, avere chiaro quali sono gli obiettivi permette di velocizzare e sistematizzare l’inserimento efficace di una nuova persona.

Non solo per le aziende strutturate

Non per forza bisogna essere aziende strutturate per progettare un buon percorso di ingresso. È sufficiente seguire alcuni passaggi: in primo luogo, è utile non aspettare il giorno effettivo di ingresso della persona per iniziare ad attivare i primi scambi. Diverse realtà forniscono per e-mail o tramite videocall alcune informazioni più pratiche e burocratiche che possono essere fornite in preparazione dell’ingresso vero e proprio in azienda. Una sorta di pre-board in vista del primo giorno.

La pratica non ha soltanto il risvolto pratico di assolvere all’ordinaria burocrazia, ma ha anche l’obiettivo di avere un impatto emotivo e rassicurante nei confronti della persona, soprattutto se si tratta di un giovane alle prime armi nel mondo del lavoro. Un altro aspetto di estrema rilevanza è quello di individuare la persona che possa fare da tutor al nuovo ingresso nelle fasi iniziali del percorso.

Un vero e proprio “mentore” il cui obiettivo non deve essere quello di fare da genitore, bensì di fornirgli i giusti strumenti perché possa muovere i primi passi in autonomia, guadagnandosi pian piano il giusto spazio all’interno dell’azienda, e prendendo confidenza con il ruolo che dovrà ricoprire. A questo proposito, è bene che non sia solo il tutor a fare gli onori di casa ma tutto il gruppo con il quale la persona sarà chiamata ad interagire e collaborare.

Se si vuole avere una persona ben inserita nel più breve tempo possibile occorre quindi definire fin da subito gli obiettivi e le attività che gradualmente dovrà svolgere per arrivare ad essere pienamente operativa. Certamente imparare a nuotare significa anche trovare da sé la forza e la modalità migliore per stare a galla. Ma questo non può esimere il tutor e l’azienda dall’impegnarsi a tenere monitorati i passi del neo-assunto in base alla definizioni di alcuni standard minimi e degli obiettivi da raggiungere.

L’intervista

Onboarding, l'intervista a Enrico Zanieri. Video

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Enrico Zanieri

execuitive coach e fondatore di NeNet

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Come si struttura un percorso di onboarding che funzioni?

Occorre fare fondamentalmente tre cose: assegnare un “buddy”, un compagno per le cose operative, affidarlo a un tutor o a un gruppo di colleghi per l’inserimento nei meccanismi aziendali e nelle attività e strutturare un processo di feedback e ascolto. Questi sono momenti preziosi in cui la risorsa non è ancora produttiva ma ha già dal canto suo un occhio “nuovo” sull’organizzazione e può fornire spunti, idee e soluzioni utili riportando quello che osserva da una prospettiva diversa. .

Quanto sono importanti il mentoring e il coaching con i giovani in azienda?

Io da giovane ho fatto un sacco di errori, senza aver alcun tipo di feedback né supporto. Se avessi avuto qualcuno in grado di ascoltare o di darmi qualche dritta o consiglio utile forse le cose sarebbero andate diversamente. Chi ha esperienza deve offrire la sua esperienza in un’ottica di trasmissione delle competenze. Così si crea un win-win. Il mentoring e il reverse-mentoring permettono di creare una comunità in cui ci si scambia i mutui punti di forza.

Qual è la chiave per un efficace inserimento nelle dinamiche aziendali?

La sicurezza psicologica. Per accedere ai nostri talenti e stare nel flusso occorre vivere pienamente l’ambiente di lavoro, essere felice di “starci” e sicuri di poter portare tutto il “caleidoscopio” delle proprie caratteristiche, non aver paura di sbagliare e avere la voglia di confrontarsi con gli altri sapendo di ricavarne spunti positivi per il miglioramento e per la crescita..
 

La ruota dell’onboarding

L’onboarding è quella fase di ingresso in azienda in cui la nuova risorsa viene introdotta alla struttura aziendale e alle attività che dovrà svolgere. Si tratta di un processo che tiene insieme aspetti formativi, volti a rendere pienamente operativa e autonoma la persona, e aspetti relazionali, volti ad integrare il nuovo o la nuova arrivata anche dal punto di vista delle relazioni e della cultura dell’azienda. Vediamo i passaggi essenziali.

1 - Pre-board: buona cosa è quella di attivare i contatti quando ancora il neo-assunto non ha mosso i primi passi in azienda: fornire le info utili per l’arrivo, sistemare l’ordinaria burocrazia ecc. È un modo semplice ma molto utile per rompere il ghiaccio e per mettere la persona a proprio agio.

2 - Affidare un tutor: assegnare un mentore o un tutor permette di supportare l’ingresso del nuovo arrivato nel migliore dei modi. Si tratta di una figura che ha la responsabilità di fornire le informazioni base rispetto all’azienda e di avviare la persona allo svolgimento delle attività. Meglio se è qualcuno che svolge in pieno o in parte lo stesso lavoro del nuovo ingresso.

3 - Definire gli obiettivi: definire le attività da svolgere e gli obiettivi da raggiungere sono sicuramente alcuni dei primi aspetti da avere chiari nella progettazione di un percorso di onboarding. Mettere nero su bianco questi elementi sarà di aiuto al neo-assunto per avere un quadro generale, nonché per l’azienda per monitorare e verificare gli avanzamenti.

4 - Feedback e confronto: una volta raccolte le informazioni base, avere assegnato il tutor e aver definito gli obiettivi è importante instaurare una cultura del feedback e dell’ascolto che sappia creare le condizioni di un confronto continuo tra le parti. Gli scambi informali sono molto utili, ma calendarizzare qualche momento formale aiuta a mantenere regolarità.

5 - Tempi e ritmi: paradossalmente una programmazione troppo rigida può essere poco efficace. Se è vero che definire in anticipo le cose e seguire il programma è importante, occorre però anche allenare un giusto senso di adattamento che rispetti i tempi e i ritmi di ogni persona. Non con l’obiettivo di accomodare ma con lo scopo di far maturare il potenziale di ognuno.

 

Focus
Il lifelong learning

L’apprendimento permanente (lifelong learning) comprende tutte le attività di apprendimento intraprese nel corso della vita con l’obiettivo di migliorare le conoscenze, le abilità e le competenze, in una prospettiva personale, civica, sociale o occupazionale. L’intenzione o l’obiettivo di apprendere è il punto critico che distingue queste attività da quelle che non prevedono l’apprendimento, come le attività culturali o sportive.

Il tasso di partecipazione dei lavoratori italiani tra i 20 e i 34 anni a percorsi di formazione è passato dall’11.3% del 2018 al 14.5% del 2022 (Eurostat). Ciò rappresenta un buon segnale, anche se il nostro Paese presenta delle percentuali nettamente inferiori rispetto alla media europea che si attesta al 23.5%. Tra le ragioni della bassa partecipazione alla formazione può essere considerata anche la bassa predisposizione delle aziende ad offrirla.

Se consideriamo la dimensione delle aziende: il tasso di partecipazione a percorsi di formazione dei lavoratori italiani tra i 20 e i 34 anni è del 13.7% nelle imprese tra i 10 e i 19 dipendenti (Eurostat). Una percentuale nettamente più elevata è registrata in riferimento alle imprese con più di 250 dipendenti dove il tasso è pari al 21.6%. Rimane però inferiore alla media europea del 28.4%. Anche in questo caso si può dedurre una propensione maggiore da parte delle imprese di medio-grande dimensione ad offrire formazione ai propri dipendenti.

L’onboarding

I dati di un’indagine di un istituto americano hanno messo in evidenza come le aziende con un solido processo di onboarding migliorano la fidelizzazione dei nuovi assunti dell’82% e la produttività di oltre il 70%. Un dato che dimostra l’importanza di investire su questo processo non soltanto in termini di accoglienza ma soprattutto di trattenimento dei talenti e dell’espressione del loro potenziale (vedi qui).

Secondo le statistiche, il 58% delle organizzazioni dichiara che il proprio programma di onboarding è incentrato su processi amministrativi e burocratici. Questo aspetto risulta un elemento di criticità poiché rischia di soffocare la dimensione più formativa, relazionale e strategica dell’onboarding che è quella di mettere le persone nelle condizioni di conquistare, passo dopo passo, autonomia ed efficienza nel proprio lavoro (vedi qui).

In base ad alcune rilevazioni, il 60% delle aziende non fissa obiettivi o tappe per i nuovi assunti. La visione della carriera può essere un processo utile per definire obiettivi chiari e a lungo termine per un dipendente, in modo che possa lavorare in modo proattivo verso i risultati previsti. Avere dei punti fermi aiuta a dare prospettiva e facilita il monitoraggio degli sviluppi del percorso di inserimento (vedi qui).