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Lavoro precario e caro vita Le nuove preoccupazioni dei giovani talenti

Articolo. Millennials e GenZ per la prima volta rivedono le loro priorità: torna forte il tema delle basse retribuzioni perché l’inflazione sta “erodendo” i loro stipendi: solo 7 su 10 riescono non riescono a far fronte alle proprie spese, scende la capacità di risparmio e il 70% è pessimista sulle prospettive previdenziali. Fra le cinque sfide del presente resta in cima la lotta all’impatto ambientale.

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I giovani protagonisti: sono loro a scegliere l'impresa

Sostiene Pietro Ichino, docente di Diritto del lavoro, nel suo ultimo libro “L’intelligenza del lavoro” che «nel mercato del lavoro del futuro saranno sempre più le persone a selezionare le imprese e non solo viceversa». Un’intuizione che trova un riscontro reale anche in altre analisi dell’ultimo periodo. Ma, mentre quest’ultime si concentrano in prevalenza sulla dimensione dell’attrattività e sulle strategie di retention che le imprese dovrebbero mettere in campo per garantirsi i migliori talenti, l’analisi di Ichino guarda a un altro lato del fenomeno, punta di più a valle il suo focus, sottolineando come la «protezione più efficace della libertà e sicurezza di chi lavora sarà costituita sempre di più dal potenziamento dei servizi di orientamento, di informazione e formazione mirata», proprio perché le persone non saranno più solo «oggetto di selezione» da parte delle aziende, ma loro stesse diventano «protagoniste in misura maggiore o minore di una capacità di negoziare le condizioni di ingaggio».

Basta analizzare le migliaia di domande di lavoro «intellettuale e manuale» pubblicate sui portali delle agenzie di intermediazione o apparse sugli stessi siti web delle aziende, differenziati per tipo di qualifica, di competenza, di specializzazione, ma anche di qualifiche base quando non generiche, per capire che il problema «non è costituito – spiega Ichino – dalla scarsità delle alternative nel mercato dell’occupazione, ma semmai dal difetto dell’informazione su di esse e sui servizi di formazione necessari per potervi accedere».
I dati sulle migliaia di posti di lavoro ancora scoperte e la difficoltà con cui le imprese faticano a recuperare le professionalità di cui hanno bisogno è solo un’altra controprova delle difficoltà a incrociare i profili delle aspirazioni professionali con i fabbisogni delle imprese, l’altrettanto noto problema del mismacht.

Oltre il lavoro, nasce il «mercato dell’imprenditoria»

L’intera riflessione parte comunque da quel fenomeno riscontrato ormai in tutto l’occidente e che negli Usa ha avuto il suo primo mercato del lavoro di decollo. Le Grandi Dimissioni (o Great Resignation) sono solo un perimetro entro cui si sta rivelando una serie nuova di condizioni per scegliere fra diverse opportunità occupazionali. Un perimetro che se all’inizio comprendeva quasi esclusivamente “solo” i lavoratori e il mercato del lavoro, ora, altro punto qualificante dell’analisi di Ichino, si amplia fino ad allargare il suo perimetro comprendendo anche l’insieme degli imprenditori e generando così un quasi inedito «mercato dell’imprenditoria». Un spazio nuovo che, per quest’ultimo, potrebbe essere definito uno nuovo spazio di contesa (fra lavoratori) e di competizione (fra imprese) per essere il più possibile attrattivi rispetto a qualsiasi livello di manodopera, qualificata o generica, e di talenti, a cominciare dai più giovani.

 

Il modello sembra quindi essere stato ribaltato. Almeno in parte. Le imprese presentano oggi, per quasi tutte le fasce professionali, una miriade di opportunità di occupazione e di lavoro che non si traducono in nuova occupazione a causa della difficoltà che le imprese incontrano per trovare le persone giuste per la mansione giusta. “Per chi vuole sottrarsi a un rapporto di lavoro poco gratificante – spiega Ichino - non c’è protezione migliore, sul piano economico come su quello della libertà e della dignità personale, che la possibilità effettiva di accedere a uno o più percorsi verso aziende dove le sue capacità possono essere meglio valorizzate”.

Ma è proprio questo il cuore del problema, conoscere le esigenze, le priorità, i valori a maggior ragione dei nuovi talenti e dei giovani pensando alle professionalità che si vogliono intercettare.

Le cinque sfide priorità dei giovani talenti

Deloitte, fra le più grandi società nei servizi professionali e di consulenza alle imprese, ha approfondito questo lato della domanda di lavoro, con un focus specifico sia sulla generazione dei Millennials (nati fra il 1983 e il 994) e la Generazione Z (nati fra il 1995 e il 2003). E, in parallelo alla sensibilità intorno ai temi e ai valori come l’impatto ambientale per ridurre il quale “sono disponibile a fare uno sforzo per proteggere l’ambiente”, queste due generazioni oggi sono “preoccupati” in particolare (e un po’ a sorpresa) per le incertezze sul versante del lavoro e, conseguenza della situazione macro-economica, la crescita del caro-vita. Così solo il 42% della GenZ e il 44% dei Millennial in Italia ha dichiarato di essere in grado di pagare con tranquillità le spese del mese. E sul fronte occupazione, il 67% della GenZ e il 63% Millennial vorrebbe un modello di lavoro ibrido, in cui si può alternare lavoro in ufficio e da remoto con più flessibilità.

 

Ma non finiscono qui le preferenze dei giovani: se già scontano stipendi bassi e poca attenzione al proprio benessere fisico e psichico da parte delle aziende, entrambi i motivi sono ampiamente alla base delle Grandi dimissioni, ora in fase di ricerca di un nuovo posto non sono più disponibili a passare oltre le altre due richieste prioritarie: un ritmo di lavoro che sappia conciliare lavorke vita (work life balance) e, altrettanto importante, una prospettiva di crescita e di formazione professionale per una possibilità di carriera.

Fabio Pompei

Ceo di Deloitte italia

«I giovani italiani si dimostrano più attenti al cambiamento climatico rispetto alla media globale. Il dato fa emergere una sensibilità che istituzioni e imprese italiane devono recepire e trasformare in proposte di sostenibilità concrete e credibili», spiega il Ceo di Deloitte italia, Fabio Pompei. «Un altro dato molto interessante è la preoccupazione crescente dei giovani sul carovita: una tendenza inevitabilmente legata alla ondata inflazionistica che stiamo vivendo a causa della pandemia e della guerra in corso in Ucraina. I giovani sono i primi a risentire dell’aumento dei prezzi e, non a caso, anche quest’anno la paura di rimanere disoccupati è tra le tre prime preoccupazioni sia per i Millennial sia per i GenZ del nostro Paese», sottolinea il Ceo di Deloitte Italia.

Giovani, lavoro e valori: due generazioni che confermano ancora una volta la loro sensibilità al tema del cambiamento climatico: le cinque grandi sfide del presente, per il 42% della GenZ italiana e il 37% dei Millennial partono dalla lotta al cambiamento climatico, la sfida numero uno da affrontare. Tanto che, dalla ricerca emerge che l’80% della GenZ e il 76% dei Millennial pensa che siamo vicini al “punto di non ritorno” nella risposta al cambiamento climatico.

 

E di fronte a questa “eco-ansia” le GenZ e Millennial sono disposti a cambiare le proprie abitudini. Mentre a livello globale la percentuale di Millennial e GenZ che cerca di ridurre il proprio impatto ambientale è del 90%, nel caso degli intervistati italiani si arriva a percentuali anche più elevate, con il 95% dei Millennial e al 96% della GenZ che afferma di essere pronto a «fare uno sforzo per proteggere l’ambiente».

La paura dell’incertezza: lavoro e costo della vita

Ma la vera sorpresa emersa dalla ricerca Deloitte riguarda un’altra preoccupazione, finora quasi sempre esclusa dal raggio dei timori. Così, mentre sul podio italiano c’è il tema ambientale, a livello globale tengono banco per la prima volta inflazione e carovita, quest’ultima indicata come prima preoccupazione dal 29% della GenZ e dal 36% dei Millennial, temi che rimandano ulteriormente a quello che sono i livelli retributivi già finiti da tempo sul banco degli imputati. Sempre più preoccupati, infatti, dal costo della vita: solo circa un quarto della GenZ (25%) e il 21% dei Millennial dice di poter pagare senza problemi le proprie spese e quasi la metà degli intervistati vive con i soldi contati di mese in mese.

Queste dinamiche incidono sulla capacità di risparmio dei giovani che, così, sono sempre meno ottimisti sulla probabilità di arrivare alla pensione con tranquillità. A livello globale solo il 41% della GenZ e dei Millennial è convinto che riuscirà ad andare in pensione e a essere tranquillo finanziariamente. In Italia i numeri sono anche più critici: solo il 28% della GenZ e il 30% dei Millennial è ottimista sulle proprie prospettive previdenziali.

 

Così se è vero che «i soldi non fanno la felicità», è anche vero che la questione è un po’ più complessa. Tanto, forse più correttamente, da far dire che “i soldi non sono sinonimo di felicità”. E le persone sembrano accorgersene sempre di più, tanto da slegare questi due concetti e rimescolare le proprie priorità. “Fenomeni come la Great Resignation dimostrano che sempre più giovani sono alla ricerca di posti di lavoro migliori e addirittura il 25% di loro è alla ricerca di un senso oltre lo stipendio – spiegano nel loro report Francesca Scelsi, Erica Zuanon e Alessandra Dell’Aglio, founders di Azione IKIGAI, uno dei percorsi di consulenza di carriera che permette ai lavoratori di trovare la professione che vale il proprio tempo.

Secondo i dati raccolti da Workmonitor, inoltre, indagine semestrale sul mondo del lavoro realizzata da Randstad in 34 Paesi, intervistando 800 dipendenti per nazione dai 18 ai 67 anni, è emerso che più della metà dei professionisti italiani interpellati avrebbe intenzione di cambiare lavoro. Il 29% dei lavoratori italiani è alla ricerca di un nuovo impiego e la percentuale sale fino al 38% nella fascia dai 25 ai 34 anni. Una tendenza che si riscontra maggiormente radicata nella Generazione Z.
Il 56% dei lavoratori nella fascia 18-24 anni sarebbe disposto a lasciare il proprio impiego se il datore di lavoro non dovesse tenere in considerazione le proprie richieste e il 51% nella stessa fascia ha deciso di privilegiare il proprio benessere personale a discapito della sicurezza di un’entrata economica.

Solo un anno fa, a fine 2021 un report di Gallup aveva confermato come l’engagement dei lavoratori sia un fattore estremamente rilevante. Secondo i dati della ricerca la produttività aumenta del 17% e la qualità superiore del lavoro dei dipendenti comporta un incremento della soddisfazione del cliente del 10%. Un maggior engagement dei lavoratori significa un aumento del 21% della profittabilità aziendale.

Conciliare lavoro e vita: come scegliere l’impresa

Alla fine, dopo due anni di sperimentazione, fra smart working, flessibilità e grandi dimissioni, GenZ e Millennial hanno le idee sempre più chiare su cosa si aspettano dal mondo del lavoro. E se stipendi bassi e poca attenzione alla salute mentale sono i principali motivi che spingono alla “fuga” dall’azienda i giovani a livello globale, in Italia i fattori che contano di più per le generazioni Millennial e GenZ sono il work life balance e le opportunità di apprendimento e di crescita.

 

Il primo è importante soprattutto per i Millennial: per il 36% di loro, infatti, trovare un ambiente di lavoro che garantisca un bilanciamento adeguato tra vita lavorativa e tempo libero è il primo fattore di scelta quando si cerca un nuovo impiego. Significativi anche i numeri sul lavoro da remoto: attualmente, quasi la metà della GenZ e dei Millennial italiani lavora quasi sempre in ufficio, ma la maggior parte (67% GenZ e 63% Millennial) preferirebbe un modello di lavoro ibrido, in cui si garantisca una maggiore flessibilità.

Stefania Papa

People and Purpose Leader di Deloitte Italia

«Come ogni anno, i dati della Millennial e GenZ survey sono estremamente interessanti e ci aiutano a capire i trend che si stanno affermando tra i giovani», commenta Stefania Papa, People and Purpose Leader di Deloitte Italia. «I numeri che riguardano l’attenzione alla salute mentale e al work life balance sono particolarmente rilevanti. È importante per le aziende tenere conto di queste esigenze, anche in ottica di attrattività dei talenti. Le aspettative dei Millennial e GenZ sono molto diverse da quelle i delle generazioni precedenti e le aziende devono imparare a tenere conto di questo grande cambiamento in corso: benessere e flessibilità, insieme alle opportunità di crescita, sono infatti diventate sempre più importanti nella scelta del proprio lavoro» conclude Papa.