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Formazione e tirocini , perché le imprese non ne capiscono il valore per i giovani

Articolo. Una riflessione e una dettagliata rappresentazione dei vantaggi degli strumenti già in vigore e disponibili per “portare a bordo” delle imprese i talenti e colmare i vuoti di competenza. Partendo dal perché abolire i tirocini extracurriculari

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Gli strumenti pronti per formare un giovane

Il tema dell’abolizione dei tirocini extracurriculari, meglio conosciuti nel linguaggio comune con l’appellativo di “stage”, che tra il 2014 e il 2018 hanno rappresentato la prima modalità di ingresso nel mondo del lavoro per quasi il 18% dei giovani , batte sulle pagine di cronaca ormai da diverso tempo.

Un dibattito fin troppo manicheo che è spesso alimentato da una caccia al colpevole, cercando di dividere il campo tra chi è per lo sfruttamento dei giovani e chi invece li vuole difendere . A questa visione occorre però trovare un’alternativa che sappia discernere tra gli strumenti in campo senza fare di tutta l’erba un fascio. I tirocini extracurriculari vanno sì aboliti , ad eccezione però di quelli attivati nell’ambito di una convenzione formativa tra scuole-università e imprese . Ciò che invece viene lasciato sullo sfondo del discorso riguardante l’occupazione giovanile è uno strumento ben più strutturato come l’apprendistato, in particolare di primo e terzo livello, che va maggiormente diffuso e promosso a livello nazionale e locale.

Facendo un passo indietro, è bene ricordare che il tirocinio extracurriculare non è un contratto di lavoro. Si tratta piuttosto di una convenzione formativa che l’impresa che ospita il giovane stipula con il tirocinante e un soggetto promotore, sia esso un ente dei servizi per l’impiego, un istituto scolastico o un’università. Non viene quindi corrisposta alcuna retribuzione al giovane (non trattandosi di un contratto), se non nella forma di una indennità minima stabilita su base regionale , a patto che al centro del rapporto tra impresa e tirocinante non vi sia manovalanza a basso costo ma un vero e proprio impegno formativo volto ad orientare il giovane e a favorirne l’ingresso nel mercato del lavoro.

Tutt’altra storia quella dell’apprendistato , che in Italia si divide in tre livelli: il primo per la qualifica e il diploma professionale, destinato a studenti tra i 15 e i 24 anni e il terzo di alta formazione e ricerca, riservato agli studenti tra i 18 e i 29 anni degli istituti terziari .
Se il primo e il terzo livello (il cosiddetto sistema duale) sono finalizzati, oltre che all’inserimento lavorativo, anche al conseguimento di un titolo di studio e quindi al dialogo diretto tra impresa e istituto scolastico/universitario, l’apprendistato di secondo livello (detto anche professionalizzante) non chiama in causa una controparte all’impresa, permettendo a quest’ultima di stipulare il contratto direttamente con l’apprendista, a patto che faccia parte della fascia di età 18-29 anni.

Le garanzie a confronto, l’apprendistato

A differenza del tirocinio extracurriculare, l’apprendistato offre alle giovani generazioni maggiori garanzie dal punto di vista retributivo e previdenziale. Anche se l’impegno economico nel tirocinio a carico del datore di lavoro è al momento imbattibile, tanto da evocare lo spettro di una concorrenza sleale, anche con l’apprendistato le imprese possono risparmiare notevolmente sul costo del lavoro grazie alla possibilità di operare a fini retributivi un sottoinquadramento (fino a due livelli rispetto a quello di destinazione finale) dell’apprendista.

Sul fronte dei numeri, tirocinio extracurriculare e apprendistato (almeno quello di I e III livello) godono al momento di destini molto diversi tra loro. Come affermato in una recente ricerca di Adapt e Fondazione Unipolis sul tema giovani e lavoro, e di cui Skille se n’è occupato in questo articolo di approfondimento , soltanto nel 2019 sono stati attivati oltre 330 mila tirocini. Anche Garanzia Giovani (il programma europeo volto a favorire l’occupazione giovanile) ha garantito dal 2014 al 2021 la partenza di oltre mezzo milione di stage extracurriculari. Guardando invece all’apprendistato, come riportato nelle rilevazioni Inapp , per il primo e il terzo livello nel 2018 (ultima rilevazione disponibile) sono stati attivati rispettivamente circa 11 mila e 960 contratti.
Ad alimentare la rivalità tra questi due strumenti (tirocinio e apprendistato di I e III livello) non c’è soltanto una tema di cifre ma anche di validità dell’offerta formativa e della possibilità da parte delle imprese di formare un giovane a propria immagine e somiglianza in modo efficace e continuativo . Elementi che sono soprattutto garantiti dall’apprendistato duale grazie alla necessità dell’impresa e dell’istituto scolastico-universitario di concordare un piano di formazione individuale dell’apprendista e non, come spesso succede nel caso dei tirocini extracurriculari, di lasciare a margine il mondo dell’istruzione e della formazione, approfittando solamente di una risorsa a basso costo.

 

In tal senso, i servizi per l’impiego e le agenzie regionali per il lavoro rappresentano il 36,2% della quota dei tirocini attivati tra il 2014 e il 2019 (vedi rapporto Anpal) . Al secondo posto della classifica generale troviamo i centri di formazione professionale e/o orientamento (pubblici e privati), per un totale di 383.643 tirocini attivati, corrispondente al 19,5% della quota totale.

A seguire, a pari merito con quest’ultimi, sono presenti i soggetti autorizzati all’intermediazione.
A grande distanza si collocano invece le università e gli istituti scolastici che hanno rappresentato rispettivamente il 5% e l’1,2% dei tirocini attivati. Affianco al dominio (quasi) incontrastato dei servizi per l’impiego nell’attivazione dei tirocini, spicca la punta di diamante dei centri di formazione professionale divenuti ormai centrali nei meccanismi di incontro tra domanda e offerta e, a quanto pare, decisamente più impegnati nell’accompagnare i propri giovani attraverso il percorso di transizione nel mondo del lavoro, anche attraverso il tirocinio extracurriculare, rispetto ai gemelli del mondo dell’istruzione (istituzioni scolastiche e università).

 

Guardando alle tipologie di tirocinanti (il 69% sono disoccupati e inoccupati), salta all’occhio come gran parte della platea a cui si rivolgono i tirocini dovrebbe aver già superato il periodo di transizione scuola-università-lavoro e non utilizzare lo stage come goffo tentativo di ingresso nel mercato del lavoro , mettendo quindi a repentaglio la genuinità della missione formativo-orientativa del tirocinio extracurriculare.

 

A fronte di questa situazione, l’apprendistato duale può garantire maggiori prospettive dal punto di vista della formazione delle competenze che servono alle imprese, implicando necessariamente il coinvolgimento di un istituto di istruzione e formazione , assicurandosi la possibilità di ingaggiare giovani talenti attraverso un contratto che è a tempo indeterminato (pur essendo recidibile alla fine del periodo di formazione che dev’essere minimo di 6 mesi) e che permette alle imprese di risparmiare notevolmente dal punto di vista fiscale nel primo periodo di attivazione.
Se da una parte le aziende devono davvero dimostrare di essere interessate all’inserimento dei giovani in modo strutturato ed efficiente, dall’altra parte, le istituzioni, nazionali e regionali, devono favorire maggiormente l’utilizzo di strumenti virtuosi come l’apprendistato duale che se ben progettati possono essere fonte di un eccellente modello di governo della domanda e dell’offerta di competenze a livello territoriale, sempre per la possibilità che offre di mettere al tavolo tutte le controparti per la definizione delle competenze che il giovane deve sviluppare.

Il mercato e gli incentivi alle imprese

In tal senso, è bene ricordare come tra il 2012 e il 2017 sia stato introdotto un incentivo (programma “FIxO Scuola e Università - Formazione e Innovazione Scuola e Università”) che prevedeva un contributo di 6.000 euro specificamente rivolto a quelle imprese che attivavano un apprendistato di alta formazione a tempo pieno (il contributo veniva ridimensionato a 4.000 euro per le assunzioni di apprendisti a tempo parziale per almeno 24 ore settimanali).
Sono incentivi come questi che occorre promuovere per far sì che anche a livello territoriale l’apprendistato possa avere la sua rivalsa sul tirocinio, molto più facilmente attivabile, vuoi per il minor costo del lavoro vuoi per il minor impegno nei confronti del giovane, ma con meno efficacia dal punto di vista occupazionale e formativo.
È nel quadro di uno sforzo corale capace di mettere insieme imprese, istituti di istruzione e formazione e istituzioni che l’apprendistato può imporsi come la chiave di volta del processo di incontro tra imprese e giovani e di costruzione delle professionalità che servono ai territori, archiviando il rischio di un abuso dello strumento del tirocinio a discapito dei giovani e del loro futuro professionale.