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Etica, innovazione e qualità: il giro del mondo in una camicia

Articolo. Come lo sviluppo industriale si concilia e alimenta una visione di economia circolare e sostenibile: il Gruppo Albini ha incontrato gli studenti dell’Isis Einaudi. È stato raccontato un percorso di trasformazione produttiva in cui l’impronta digitale diventa un valore non solo dei processi, ma dell’intera filiera tessile

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L’impronta digitale valore per l’ambiente

Il giro del mondo in una camicia. Ancora prima di essere indossata. Innovazione, sostenibilità e ricerca sono motori di questo viaggio. E diventano fattori di competitività. Un viaggio fatto di regole e rigore, nessun dettaglio è trascurato o perso: sistemi di tracciabilità di ogni passaggio certificano trasparenza, informazioni e qualità della materia prima, dei processi industriali, delle lavorazioni. Dalle coltivazioni di campi di cotone in Egitto e in America, dai processi di raccolta alla lavorazione fino alla tessitura, alle tinture in Europa al confezionamento finale, il tessuto è sempre parte centrale di una filiera fortemente integrata, dove la priorità sono registrazione e trasparenza delle informazioni.

 

Stefano Albini

Presidente del Gruppo tessile Albini , fondata nel 1876

I concetti base della moda sostenibile, solo qualche anno fa ritenuta pionieristica, oggi è realtà sostanziale. Lo racconta Stefano Albini, presidente dell’industria Albini, Gruppo tessile con oltre 145 anni di storia, quinta generazione alle redini dell’impresa di Albino, 150 milioni di fatturato consolidato. Una storia raccontata – da remoto – ai ragazzi della classe IV AR dell’Ite, l’istituto tecnico economico dell’Isis Einaudi di Dalmine, nel percorso con Skille di incontro con le imprese e gli imprenditori del territorio.

Entra molto nei particolari del suo racconto, sollecitato dalle domande degli studenti. «Il tessuto che noi produciamo e con cui si confeziona una camicia, fa il giro del mondo ancora prima di arrivare in negozio. Ogni passaggio di lavorazione per noi ha un valore altissimo per qualità, per produzione etica, per metodo scientifico e per la sua capacità trasparente di certificare e informare ogni consumatore, perché possa riconoscersi nel percorso di valori».

 

È un tessile tecnologico, risultato di innovazione, cultura della sostenibilità, dell’impatto ambientale e sociale, della ricerca scientifica fatta in un laboratorio dedicato e aperto alle contaminazioni. E molto attento a trasferire nei prodotti finali la rete dei valori aziendali. Anche in periodo di crisi come questo di emergenza sanitaria? Domanda lo studente Angelo Marotta.

«È stato un anno complicato, ed è ancora molto difficile per il tessile. Ma la reazione importante – spiega l’imprenditore – è stata saper difendere i valori al nostro interno, per questo devo dire grazie alla grande dedizione dei nostri dipendenti. La produzione si è dovuta fermare, ma non i processi di sviluppo su qualità, principi di sostenibilità, trasparenza e innovazione: si è continuato a investire nel prodotto, nell’innovare i processi per dare ai nostri clienti, il mondo dell’alta moda con brand come Hermès e Dior, e ai nostri partner buone motivazioni d’acquisto proprio nei momenti più difficili, soprattutto ai giovani nostro target di prodotto e fra i più sensibili ai valori dell’impatto ambientale e della sostenibilità».

La ricerca come leva di crescita sui mercati

Nasce anche da qui, l’intuizione di Stefano Albini di creare AlbiniNext, un vero e proprio think tank al parco scientifico Kilometro Rosso di cui Jenny Yang, studentessa, chiede di spiegare come funziona.
«È un laboratorio di idee e di ricerca continuo, da dove è uscito, per esempio, il cotone “Supima”, il primo filato biologico in Europa tracciabile al 100%, prodotto senza spreco d’acqua, interamente certificato, tessuto destinato a ridiventare nuova materia prima in una logica di economia circolare. È qui che facciamo ricerca sulle sostanze naturali, dalla ricerca sulle piante alla selezione di enzimi; sperimentiamo processi produttivi per le tinture naturali, per il riciclo delle materie prime; progettiamo percorsi di economia circolare. Ma AlbiniNext è anche il luogo dell’innovazione – spiega il presidente – come leva di competitività: qui si sviluppano sinergie e partnership trasversali con brand, industrie dove l’open innovation è ispirazione e prassi continue. La ricerca non è solo rivolta al nostro prodotto, ma all’intera filiera tessile e anche oltre. Qui – continua Albini – abbiamo sviluppato con un’industria di elettrodomestici un sistema di filtri per depurare l’acqua dal rilascio di microfibre nei processi di lavaggio dei tessuti: tecnologia e processi nostri, ma messi a punto, condivisi e a vantaggio di altri settori. Un valore in cui crediamo molto, risultato di strette collaborazioni con Università, centri di ricerca italiani e stranieri».

Anche in momenti difficili come la pandemia in cui La produzione si è dovuta fermare, i processi di sviluppo hanno garantito qualità e innovazione

È il tessile inserito in un processo che sviluppa sistemi automatici di qualità del prodotto e di efficienza dei processi di produzione in una logica di riciclo delle materie prime. E in questa logica, chiede lo studente Luciano Ferrandi, come selezionate e coinvolgete i giovani talenti, le nuove competenze nella vostra impresa?
«L’ambito della ricerca tessile credo sia il più attrattivo per un giovane che termina gli studi e si avvicina al nostro settore. Collaboriamo molto con l’istituto Itis Paleocapa per definire i percorsi professionali. Ma come sappiamo i profili non bastano a coprire il fabbisogno. Capacità, conoscenza e competenze tecniche sono alla base, così come le abilità digitali verso l’automazione e la digitalizzazione dei sistemi e impianti».

 


Ma oggi emerge un nuovo potente profilo anche per il tessile. «La competenza nell’analisi dei dati è decisiva. Saper elaborare e gestire l’enorme quantità di informazioni che si genera dalla produzione fino alla vendita - spiega Albini - è una risorsa potentissima e fruibile da chi prende decisioni di produzione prima e, dopo, imposta strategie commerciali, di marketing o di comunicazione. Esattamente come nel caso della decisione, presa per primi, di impostare un canale di e-commerce dedicato al consumatore finale e ai confezionatori: tutto fruibile da un’app e da ogni parte del mondo».

I driver aziendali della crescita

Annalisa Amidoni

Annalisa Amidoni: Come avete affrontato l’emergenza Covid?
«Continuando nel nostro percorso di innovazione. Gli investimenti sono stati la leva non solo per resistere alle difficoltà emerse. Ma per sviluppare nuovi prodotti: in questi mesi è nato il tessuto innovativo ViroFormula, tessuto che respinge virus e batteri. Siamo stati veloci».

Sofia Brena

Studentessa IV classe Ite dell’Isis Einaudi di Dalmine

Sofia Brena: Come valutate le alleanze industriali?
«Le partnership nella ricerca e nell’industria sono importanti in una prospettiva di sviluppo di nuovi prodotti e di innovazione dei processi. Stringere sinergie per condividere soluzioni strategiche industriali favorisce una crescita importante per tutti i settori coinvolti».

Noemi Seminati

Studentessa IV classe Ite dell’Isis Einaudi di Dalmine

Noemi Seminati: Come la sostenibilità è un valore industriale?
«Nell’esprimere attraverso i suoi prodotti e nel modo in cui vengono creati i valori di tutela ambientale e di uso delle materie prime: il nostro approccio, ormai da dieci anni, è di garantire produzioni sostenibili impiegano materiali tracciabili, organici e riciclati».

La ricerca trasversale ai diversi settori e una open innovation diffusa possono garantire maggiore competitività su temi di impatto ambientale
Luciano Ferrandi

Studente IV classe Ite dell’Isis Einaudi di Dalmine

Luciano Ferrandi: Che cosa significa “tracciabilità” di un prodotto?
«È il primo passo di un percorso industriale sostenibile: registra e certifica tutti i passaggi lavorativi di ogni materia prima (per noi il cotone) e rendere quelle informazioni trasparenti e disponibili ai consumatori. Significa controllo severo sull’intera filiera».

Angelo Marotta

Studente IV classe Ite dell’Isis Einaudi di Dalmine

Angelo Marotta: Quali sono i vostri canali di finanziamento?
«L’obiettivo è garantire sempre una solidità finanziaria all’azienda, a partire da un patrimonio netto importante. Gli utili vengono così accantonati proprio per generare un cashflow importante capace di supportare investimenti grazie a un prevalente autofinanziamento».

Jenny Yang

Studentessa IV classe Ite dell’Isis Einaudi di Dlamine

Jenny Yang: Che ruolo svolge il vostro AlbiniNext per il gruppo?
«Mi piace l’idea di una innovazione a tutto campo, non solo per il tessile. Il nostro laboratorio e centro di ricerca, grazie alle tante collaborazioni, consente di individuare le tematiche che cambieranno l’industria tessile e i processi industriali partendo anche da altri settori».

Stefano Albini

Presidente del Gruppo tessile Albini

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Perché l’innovazione è una leva di competitività?

Saper innovare in continuazione e velocemente è decisivo. Dal punto di vista industriale ha un valore in più: esprime la capacità di stringere sinergie e alleanze con partner e marchi industriali che invece non hanno la capacità di sviluppare progetti industriali di prodotto o di processo. È in questo modo che abbiamo messo a punto ViroFormula, la tecnologia che impedisce ai tessuti di trattenere e diffondere virus e batteri nocivi, riducendo contagio e contaminazione.

Può essere anche un fattore di crescita?

La crescita non è solo di fatturato, è sicuramente sempre un obiettivo, ma può essere espressa in diverse altre forme. Il nostro gruppo ha deciso di crescere, per esempio, attraverso due spin-off, creando due realtà industriali che prima non esistevano e ci consentono di diversificare e mantenere posizioni di mercato: I Cotoni di Albini e AlbiniEnergia.

Le alleanze non compaiono nell’agenda della crescita?

Il tessile è fatto di tante Pmi che da sole fanno fatica. Occorre mettere insieme forze e sinergie. Ci stiamo muovendo per studiare e avviare aggregazioni non solo in Italia ma anche a livello internazionale.