Una nuova arma è stata identificata per la lotta alla schistosomiasi: una malattia molto trascurata e diffusa soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, che però si sta diffondendo anche in Europa e in Cina e che causa ogni anno circa 200 milioni di casi e 200mila morti. Ad oggi, contro questa malattia è disponibile un solo farmaco, ma una nuova terapia potrebbe presto essere disponibile grazie allo studio cbato dalla collaborazione fra l'Italia, con l’Università dell’Aquila, e gli Stati Uniti, con l’Università dell’Illinois a Chicago e al Centro Medico Universitario Rush di Chicago. La ricerca, pubblicata sulla rivista Nature Communications, ha infatti individuato delle molecole capaci di bloccare un enzima vitale per il parassita alla base della malattia, aprendo così la strada ad un nuovo approccio terapeutico.
La schistosomiasi è un’infezione causata dal parassita schistosoma e, dopo la malaria, è la seconda malattia tropicale a maggiore prevalenza nel mondo. Le varie specie del parassita sono endemiche in molte nazioni del mondo, in Africa, Estremo Oriente e Sud America. L’infezione causa anche molte malattie croniche e disabilità: ad esempio, 40 milioni di donne sono colpite ogni anno dalla schistosomiasi genitale femminile, che è strettamente correlata all’insorgenza del cancro alla cervice e all’infertilità.
Ora, i ricercatori guidati da Valentina Petukhova dell’Università dell’Illinois, Sammy Aboagye del Centro Rush e Matteo Ardini dell’Università dell’Aquila, hanno fatto un importante passo avanti nella lotta alla malattia, identificandpo per la prima volta una nuova classe di molecole capaci di bloccare un enzima fondamentale per il parassita. Questo risultato, inoltre, apre anche ad applicazioni ad ampio spettro contro altre malattie parassitarie strettamente connesse alla schistosomiasi e di notevole importanza in ambito veterinario: molte di queste potrebbero essere curate con le stesse molecole identificate in questo studio.
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