Scoperto nel riso un meccanismo inedito di sviluppo dell’infiorescenza che contraddice oltre un secolo di studi e ricerche: è regolato da un segnale molecolare (florigeno) che non viene prodotto nelle foglie, come si è sempre pensato finora, bensì direttamente nel germoglio. Il suo spegnimento determina un aumento dei fiori, dei semi e dunque della resa della pianta. Lo dimostra uno studio pubblicato sulla rivista Nature Plants da un gruppo internazionale di esperti coordinato da Fabio Fornara, docente dell’Università Statale di Milano.
Lo studio si inserisce nel solco dei lavori dedicati al fotoperiodismo nelle piante e ai meccanismi con cui riescono a capire in quale periodo dell’anno si trovano per avviare la fioritura (e quindi la riproduzione) nel momento più utile per la propagazione della specie. L'innesco è solitamente dato da piccole proteine globulari, i florigeni, che vengono prodotti nelle foglie e che si muovono lungo le venature per arrivare fino al germoglio.
Il nuovo studio sul riso dei ricercatori della Statale, però, dimostra a sorpresa “l’esistenza di un florigeno prodotto direttamente nel meristema del germoglio, la zona della pianta che contiene le cellule staminali e responsabile della formazione dell’infiorescenza", spiega Fornara. Questo nuovo florigeno "contribuisce solo in minima parte a stabilire il tempo di fioritura: la sua funzione principale è definire il numero di ramificazioni dell’infiorescenza”.
Usando mutanti prodotti con tecniche di mutagenesi chimica o di editing genetico, i ricercatori hanno dimostrato che l’eliminazione del gene dalla pianta causa un aumento significativo del numero di rami infiorescenziali, portando a un aumento del numero di fiori. “Questo cambiamento nel piano di sviluppo della pianta ha una particolare importanza dal punto di vista biotecnologico e del miglioramento genetico, in quanto un numero maggiore di fiori può portare a un numero maggiore di semi e quindi ad aumenti delle rese", aggiunge Fornara. "Inoltre, il meccanismo scoperto nel riso è conservato in altri cereali nei quali può essere sfruttato per migliorare le produzioni”.
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