In Europa serve un Cern dell'intelligenza artificiale

Mettere da parte le paure e saper cogliere le opportunità offerte dall'intelligenza artificiale: è quanto l'Italia e l'Europa devono fare per non restare indietro nella rapidissima e radicale rivoluzione tecnologica in corso: per questo bisogna unire le forze e le competenze in un centro di ricerca europeo sull'intelligenza artificiale con un'organizzazione simile a quella del Cern per la fisica delle particelle. Lo propone il rapporto sull'IA di Aspen Institute Italia e Intesa San Paolo , presentato alla Camera.

"Negli ultimi anni l'IA ha fatto passi da gigante e ha rivoluzionato il modo in cui interagiamo con le macchine e questo ha importanti riflessi su formazione ed educazione ", ha osservato il segretario generale dell'istituto Aspen, Angelo Maria Petroni. "L'Italia è un Paese ricco di talenti e competenze, ma vanno colmate delle lacune. L'intelligenza artificiale offre l'opportunità di trasformare il nostro mondo in un modo prima impensabile, ma per riuscire in questo servono un impegno congiunto e un dialogo costruttivo ".

Per questo, si legge nel rapporto, " sarebbe auspicabile la creazione di un centro di ricerca dedicato all'IA in Europa , simile al Cern per la fisica. Questo centro potrebbe concentrarsi sulla ricerca avanzata , sullo sviluppo di standard etici e tecnologici e sulla formazione di talenti nel campo dell'IA; potrebbe anche concentrare gli investimenti di ricerca secondo linee condivise ". Ispirarsi al modello del Cern indica inoltre l'importanza di dare "una sede fisica alle eccellenze europee nell'ambito della ricerca e dell'imprenditoria, e sarebbe il punto di riferimento per una via europea all'intelligenza artificiale".

Per la giurista Giusella Finocchiaro dell'Università di Bologna, " l'IA genera paure, ma anche tante opportunità ". D'altro canto, ha aggiunto, è già utilizzata dal 58% delle imprese italiane". Quello che manca è la costruzione di una consapevolezza . Quest'ultima è indispensabile anche per governarne gli sviluppi, ha osservato Jacques Moscianese di Intesa Sanpaolo.

E' importante, per esempio, capire che l'IA "non è intelligente perché viene addestrata con una grande quantità di dat i e non sa farsi domande e non è nemmeno artificiale perché è il frutto di un grande lavoro umano ", ha osservato Monica Poggio, amministratrice delegata di Bayer Italia. "La grande sfida per le aziende e per i cittadini è capire l'intelligenza artificiale" e soprattutto " dovremmo imparare a fare domande alle macchine ". Dicerto l'IA è "un acceleratore che richiede una formazione specifica e una capacità critica ", ha detto Marco Ditta di Intesa Sanpaolo.

Se affrontare la rivoluzione di questa tecnologia è una sfida per l'Europa, lo è ancora di più per l'Italia "che è un Paese che invecchia rapidamente e dove è necessario accelerare la qualità dei servizi ", ha detto l'economista Patrizio Bianchi, emerito dell'Università di Ferrara. In questa situazione è cruciale "permettere a tutti di accedere agli strumenti" offerti dall'IA: "non dobbiamo educare un numero ristretto di tecnici, ma dotare tutto il Paese di capacità critica ". Serve anche un " salto straordinario di produttività ", per esempio rendendo l'Italia più attrattiva per giovani tecnici e ricercatori . "Siamo di fronte ad un grande passaggio nel quale ci sono scelte profonde da fare" ed è per questo, ha concluso, che " bisogna investire nelle persone, nella ricerca e nell'educazione ".

© RIPRODUZIONE RISERVATA