Covid, dopo tre anni serve una nuova strategia

Dopo tre anni di Covid-19 è arrivato il momento di cambiare strategia: con le vaccinazioni arrivate alla quarta dose e oltre un centinaio di varianti, è il momento di fare il punto e di guardare al futuro con nuovi occhi: "il problema Covid va risolto con modalità diverse", dice all'ANSA il virologo Francesco Broccolo, dell'Università del Salento. "Serve un cambiamento di paradigma, soprattutto nei confronti delle vaccinazioni e delle numerose varianti del virus SarsCoV2, per poter sostenere con successo la battaglia contro l'epidemia che di fatto è ancora una pandemia".

"E' ormai chiaro, per esempio, che il vaccino è particolarmente necessario per gli anziani e i fragili, in quanto protegge dalle forme gravi della malattia e non dall'infezione. Si apre adesso - prosegue - anche la questione dei richiami, che dovrà essere affrontata con grande prudenza, così come è da valutare attentamente il concetto di vaccinazione prolungata". Per esempio, "studi recenti, condotti sui topi, indicano che dopo la quarta dose del vaccino omologo, cioè costruito sulla stessa proteina virale, si instaura una tolleranza all'immunità, sia a quella umorale, che porta alla produzione degli anticorpi, sia a quella cellulo-mediata, che protegge da malattia. Il rischio - rileva - è di avere un effetto negativo, nel senso che non si ottiene una protezione né verso l'infezione né verso la malattia. Anche dati recenti dell'Istituto Superiore di Sanità dimostrano che dopo la terza dose i vaccinati si infettano di più". Per evitare questo rischio, aggiunge, "si dovrà ridurre il numero di booster ed effettuare i successivi richiami, quando proprio necessari, utilizzando vaccini eterologhi, cioè costruiti su proteine diverse dalle precedenti".

Accanto ai vaccini, non vanno dimenticati i farmaci, "attualmente poco utilizzati non soltanto nei Paesi con un'alta diffusione del virus, come la Cina, ma anche in Italia". Anche per il monitoraggio delle varianti, secondo il virologo "servono nuovi approcci, nel senso che la domanda che dobbiamo farci ogni volta che abbiamo una nuova variante non è se sostituirà la precedente, perché è scontato che la sostituirà, ma se è più virulenta. Per questo motivo - osserva - è necessario sequenziare i campioni del virus prelevato dai pazienti che hanno forme gravi di Covid-19".

E' anche importante considerare che "le nuove varianti sono ovunque: non arrivano soltanto dalla Cina. In questo momento sarebbe importante, per esempio, tenere alta l'attenzione anche verso gli Stati Uniti, dove le sottovarianti di Omicron XBB e XBB.1.5 stanno spingendo verso l'alto la curva dei casi e dei ricoveri", rileva Broccolo. "Anche in passato i test in aeroporto non si sono rivelati una misura efficace nel ridurre la diffusione del virus e delle sue varianti, soprattutto se sono condotti solo da pochi Paesi. Un metodo complementare - osserva - potrebbe essere il campionamento delle acque reflue degli aerei: si avrebbe così un campione più rappresentativo delle varianti in circolazione e dei luoghi da cui provengono".

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