Lo studio si è focalizzato in particolare su una tipologia di danno al Dna, quella dei 'crosslink ', ovvero dei legami incrociati che si vanno a formare tra i due filamenti della doppia elica, impedendone la corretta apertura a cerniera per consentire la normale replicazione del Dna. Lo stallo fa sì che porzioni di Dna a singolo filamento rimangano esposte senza essere replicate.
In questi casi, per risolvere il problema, interviene un complesso di proteine riparatrici (Fancd2 e Fanci) chiamato D2-I , di cui finora non era ben chiaro il meccanismo d'azione. I ricercatori guidati da David Rueda e Lori Passmore lo hanno scoperto utilizzando delle sofisticate pinzette laser con le quali hanno preso una singola molecola di Dna per incubarla con le proteine del complesso D2-I rese fluorescenti. In questo modo sono riusciti a visualizzare in diretta il modo in cui il complesso riparatore scorre lungo il Dna fino a bloccarsi in corrispondenza del danno . A sorpresa si è scoperto che il sistema non riconosce direttamente il crosslink, bensì la regione di Dna a singolo filamento esposto . In questo modo, o ltre a richiamare altre proteine riparatrici, consente anche di proteggere il filamento esposto evitando che venga digerito dagli enzimi della cellula peggiorando ulteriormente il danno .
Grazie alla microscopia crioelettronica, una potente tecnica in grado di visualizzare le proteine a livello molecolare, i ricercatori hanno poi individuato una porzione specifica della proteina Fancd2 (chiamata 'elica Kr') che è risultata fondamentale per riconoscere il punto esatto del Dna in cui il complesso deve fermarsi per cominciare l'opera di riparazione.
Conoscere a fondo questi meccanismi è importante perché l'accumulo di danni al Dna favorisce l'insorgenza di tumori, ma non solo . Le stesse cellule tumorali possono hackerare questi meccanismi di riparazione per resistere ai danni causati da farmaci chemioterapici come il cisplatino riducendo così l'efficacia delle terapie.
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