C’era una donna a bordo del Vasa, galeone svedese affondato nel 1628

C’era anche una donna a bordo del Vasa, il galeone svedese affondato nel 1628 durante il suo viaggio inaugurale subito dopo essere uscito dal porto, ad appena 120 metri dalla costa: era probabilmente la moglie di uno dei membri dell’equipaggio, annegata nel disastro insieme ad almeno altre 30 delle 130 persone a bordo. Lo afferma una nuova analisi genetica condotta sulle ossa rinvenute tra i resti, quando l’imbarcazione venne ripescata nel 1961, guidata dall’Università svedese di Uppsala: lo scheletro, inizialmente ritenuto appartenere ad un uomo, è stato investigato con nuove tecniche, che potranno essere applicate per analizzare il Dna nelle indagini criminali o per identificare i soldati caduti.

La costruzione del vascello fu afflitta da frequenti interferenze da parte del re, Gustavo II Adolfo di Svezia, che con le sue richieste rese l’imbarcazione eccessivamente lunga, troppo alta rispetto alla larghezza e pericolosamente instabile. Il 10 agosto 1628, il Vasa issò le vele per il suo viaggio inaugurale poco al largo del porto di Stoccolma, e molti invitati salirono a bordo all'ultimo momento. Appena fuori dal porto, però, una folata di vento lo inclinò facendo entrare acqua nello scafo attraverso i portelli dei cannoni: la nave affondò molto rapidamente, ma tanti vennero fortunatamente salvati dalle imbarcazioni accorse in aiuto.

“Per noi è interessante e stimolante studiare gli scheletri del Vasa”, commenta Marie Allen, alla guida dello studio. “È molto difficile estrarre il Dna da un osso che si trova sul fondo del mare da 333 anni, ma non è impossibile”. Già da alcuni anni c’erano dubbi sul sesso di questo scheletro, dal momento che i ricercatori non avevano trovato alcun cromosoma Y nel suo Dna, ma la conferma è arrivata solo grazie alle tecniche sviluppate nel Laboratorio del Dipartimento della Difesa americano (Afmes-Afdil), dal gruppo guidato da Kimberly Andreaggi, che per l’occasione ha unito le forze con quello di Allen.

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