Le pandemie del passato hanno lasciato tracce del loro passaggio anche nei ghiacci antartici: i campioni estratti nel continente, infatti, che permettono di ricostruire la storia climatica della Terra andando a ritroso nel tempo, mostrano diminuzioni della CO2 in concomitanza con le epidemie che si scatenarono in seguito ai primi contatti tra i nativi americani e gli europei, durante il XVI e XVII secolo.
Secondo lo studio pubblicato sulla rivista Nature Communications e guidato dal British Antarctic Survey, la popolazione umana è diminuita così tanto in seguito alle malattie che molte aree sono probabilmente state abbandonate, consentendo alla vegetazione di ricrescere e di assorbire grandi quantità di anidride carbonica. I ricercatori guidati da Amy King hanno cercato di riconciliare i risultati contrastanti ottenuti da due diverse carote di ghiaccio estratte in Antartide: mentre una mostra una brusca diminuzione dei livelli di CO2 nell’atmosfera avvenuta in un periodo di circa 90 anni, il cui punto più basso viene raggiunto intorno al 1610, l’altra evidenzia invece un declino più graduale che si estende anche oltre nel corso del XVII secolo. Per risolvere la disputa, gli autori dello studio hanno esaminato una terza carota di ghiaccio, estratta tra 2018 e 2019 nella parte occidentale dell’Antartide, concentrandosi sulla sezione che copre un arco di tempo tra il 1454 ed il 1688. I risultati indicano che i livelli di CO2 sono effettivamente diminuiti, in particolare dal 1516 al 1670, ma si è trattato di un calo più graduale.
“Ciò corrobora gli scenari di riorganizzazione su larga scala dell’uso del territorio nelle Americhe – commentano i ricercatori – in seguito al contatto tra Nuovo e Vecchio Mondo”.
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