CRV - Consiglio veneto sospende la fuoriuscita della Regione dalla Fondazione Italia-Cina

Consiglio veneto sospende la fuoriuscita della Regione dalla Fondazione Italia-Cina: sì unanime al rinvio in commissione


(Arv) Venezia 23 lug. 2024 – Il Consiglio regionale sospende l’uscita della Regione Veneto dalla Fondazione Italia-Cina, ora Italy China Council Foundation ICCF. Con voto unanime, l’assemblea ha fatto propria la proposta dell’assessore Francesco Calzavara di rinviare il provvedimento in commissione in modo da poter approfondire con l’assessore ‘delegato’ le motivazioni del recesso. Si è concluso così l’esame della proposta di legge di recesso che ha destato tanti dubbi e interrogativi tra i rappresentanti delle opposizioni e anche qualche perplessità tra gli esponenti della maggioranza.
Nel 2006 la Regione Veneto nel 2006 aveva aderito alla Fondazione Italia-Cina, fondata nel 2003 da Cesare Romiti: il network annovera imprese e istituzioni pubbliche cinesi, italiane ed europee di primario rilievo istituzionale, finanziario e commerciale con l’obiettivo di sviluppare le relazioni tra il continente europeo e l’Asia, in particolare tra Italia e Cina, e di supportare imprese, ricerca, formazione e turismo. La Regione, con la legge di adesione n. 9/2006, individuava nella Fondazione lo strumento per “sviluppare le relazioni istituzionali, sociali, culturali ed economiche con le province e le città della Repubblica Popolare Cinese” e vi entrava da socio fondatore con una quota annuale di 30 mila euro. Poi, tre anni fa, l’uscita dal Consiglio di amministrazione della Fondazione, attualmente presieduta dal lombardo Mario Boselli e diretta dal veneziano Marco Bettin, e la riduzione della quota di partecipazione a 10 mila euro. Ora la Giunta regionale, con proprio ddl, ne aveva proposto al Consiglio il recesso, motivato con il venir meno di ogni interesse regionale a rimanere associati all’ente e dai canali istituzionali alternativi attivati nel frattempo con Pechino. “La Regione del Veneto si interfaccia direttamente con gli enti territoriali cinesi per il tramite delle rappresentanze diplomatiche italiane – ha spiegato stamane in aula il relatore del provvedimento di recesso Tomas Piccinini (Veneto Autonomia) - e partecipa ad eventi di alto livello istituzionale nei rapporti tra Italia e Cina senza la promozione o il supporto della Fondazione. Si ritiene pertanto, anche alla luce della riduzione degli stanziamenti disponibili, che l’attuale adesione, se pur in forma ridotta, non porti più beneficio alla Regione o al tessuto imprenditoriale veneto, pertanto se ne propone il recesso”.
“Ma siamo sicuri che uscire da questo organismo, in questo modo, sia di interesse del Veneto”, ha ribattuto la correlatrice di opposizione, la dem Chiara Luisetto. “Solo per risparmiare 30 mila euro, poi diventati solo 10 mila, la Regione del Veneto rinuncia a fare rete – ha incalzato – ed esce da un ente che conta 428 tra soci e aderenti di primaria importanza, come Unioncamere, imprese leader mondiali, gruppi bancari, regioni, ministeri e ambasciata d’Italia e che offre centri di rappresentanza, guide agli investimenti esteri, accademie di studio, percorsi di formazione per manager e docenti universitari, programmi turistici e iniziative diplomatiche e di scambio con una superpotenza mondiale”?
Compatto il fuoco di fila di rappresentanti delle opposizioni. La capogruppo del Pd, Vanessa Camani, ha chiesto a gran voce il ritiro del provvedimento contestando l’assenza di motivazioni da parte della Giunta e la carenza di istruttoria. Il portavoce dell’opposizione Arturo Lorenzoni ha espresso “sconcerto” per una “scelta sbagliata” e incomprensibile: “I più grossi studi legali d’Italia e i maggiori soggetti d’impresa sono presenti nella Fondazione. La Cina sta assumendo un ruolo sempre più centrale nel commercio internazionale e noi decidiamo di uscirne, mentre invece la realtà economica della nostra regione avrebbe bisogno di essere accompagnata con la forza della rappresentanza istituzionale e politica”. La pentastellata Erika Baldin ha punzecchiato la maggioranza sulle rivendicazioni autonomistiche del Veneto in materia di commercio estero: “E questa sarebbe la regione che chiede di esercitare l’autonomia in materie come il commercio estero?”: La vicepresidente della commissione Cultura e Turismo Elena Ostanel (Il Veneto che vogliamo) ha chiesto ragione dell’operato della Regione Veneto in seno alla Fondazione in questi 18 anni e dei 450 mila euro spesi dal 2006 ad oggi nella partecipazione all’Italy China Council.
Anche dai banchi della maggioranza sono arrivate riserve. Stefano Valdegamberi (gruppo misto, ma eletto nella lista Zaia) ha sollevato dubbi sull’opportunità per “il Veneto di Marco Polo e dell’imprenditoria vocata all’export” a rinunciare a far parte di iniziative come la Fondazione Italia-Cina “che aiutano a veicolare l’italianità nel mondo e sostengono la commercializzazione dei prodotti veneti nel mondo”. “Se ci giochiamo in questo modo le opportunità – ha argomentato - non dobbiamo poi lamentarci se la Cina ci invade con i suoi prodotti e le sue tecnologie”.
“Nessun problema ad approfondire ulteriormente la questione in commissione”, ha aperto Marzio Favero (Lega-Lv), che non ha comunque rinunciato a replicare sul tema dell’autonomia differenziale denunciando la contraddittorietà delle argomentazioni e ad annotare, a margine, che “non è detto che una realtà possa funzionare bene per i propri soci privati e sia meno fruttuosa per i propri soci pubblici”.
Alla fine, la proposta dell’assessore alla programmazione, al bilancio e patrimonio di rinviare il provvedimento in Consiglio ha messo fine al dibattito e ha incassato il voto unanime dei 40 presenti in aula.

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