(Arv) Venezia 3 nov. 2023 - “L’Italia nella Grande Guerra contò, oltre a 650 mila morti tra i soldati, 546mila vittime tra i civili, quasi un 1 milione di feriti gravi, tra cui 500mila mutilati, 74.600 storpi, 21.200 rimasti senza un occhio, 1940 senza occhi, 120 senza mani, 3250 muti, 6750 sordi,5.440 mutilati al viso e 345.000 orfani: questi non sono numeri, sono esseri umani, uomini, donne, bambini, uno tsunami di dolore e sofferenze” Inizia così una nota del Presidente del Consiglio regionale del Veneto, Roberto Ciambetti, in occasione della giornata commemorativa il 4 Novembre 1918 “quando entrò in vigore l’armistizio firmato il giorno prima a Villa Giusti a Padova - spiega il presidente Ciambetti - Da noi, in Veneto, la Grande Guerra fu vissuta in manera profonda incidendosi nella memoria collettiva della nostra popolazione: il 16 ottobre 2018, il Consiglio regionale del Veneto approvò all’unanimità la legge 35 ‘Veneto, Terra di pace’, di cui il consigliere Claudio Sinigaglia fu il primo firmatario. Per anni il IV Novembre indicò la Vittoria, anche se, davanti ai lutti, al dolore e ai feriti parlare di Vittoria non è appropriato, perché quel conflitto fu veramente una ‘inutile strage’. Oggi possiamo dire che fu inutile perché non ne abbiamo tratto alcuna lezione: non sono poi lontane da noi Palestina, Ucraina, e poi, le guerre dimenticate, Sudan, Repubblica Democratica del Congo e il Myanmar per non parlare dello Yemen, con numeri impressionanti, e purtroppo in crescita, di profughi e di vittime. Anche solo pensando a Taiwan, per non parlare dei Balcani o del Nordafrica, non mancano potenziali focolai di guerre in un mondo sempre più multipolare, e sempre meno multilaterale, e nel quale l’Unione Europa fatica, e non poco, a proporsi come polo dei nuovi equilibri e protagonista dei processi diplomatici. Eppure, proprio perché teatro dei due devastanti conflitti del Secolo scorso, dovremmo trarre la forza dalla nostra memoria per diventare motori e attori dei processi di pace: lo dobbiamo a tutti i morti e feriti, al dolore e ai lutti che a 105 anni dalla conclusione del Primo Conflitto Mondiale, e a sessant’anni dalla “Pacem in Terris” di Giovanni XXIII, sono un monito, una lezione drammatica che ci mostra come potrebbe essere il nostro domani. Dal ‘Veneto Terra di Pace’ il IV novembre si deve allora rilanciare l’appello affinché si fermino le ragioni della forza e sia dia spazio alla forza della ragione e si riprenda il dialogo, e agli eserciti si sostituisca la diplomazia”
(Arv) Venezia 3 nov. 2023 - “L’Italia nella Grande Guerra contò, oltre a 650 mila morti tra i soldati, 546mila vittime tra i civili, quasi un 1 milione di feriti gravi, tra cui 500mila mutilati, 74.600 storpi, 21.200 rimasti senza un occhio, 1940 senza occhi, 120 senza mani, 3250 muti, 6750 sordi,5.440 mutilati al viso e 345.000 orfani: questi non sono numeri, sono esseri umani, uomini, donne, bambini, uno tsunami di dolore e sofferenze” Inizia così una nota del Presidente del Consiglio regionale del Veneto, Roberto Ciambetti, in occasione della giornata commemorativa il 4 Novembre 1918 “quando entrò in vigore l’armistizio firmato il giorno prima a Villa Giusti a Padova - spiega il presidente Ciambetti - Da noi, in Veneto, la Grande Guerra fu vissuta in manera profonda incidendosi nella memoria collettiva della nostra popolazione: il 16 ottobre 2018, il Consiglio regionale del Veneto approvò all’unanimità la legge 35 ‘Veneto, Terra di pace’, di cui il consigliere Claudio Sinigaglia fu il primo firmatario. Per anni il IV Novembre indicò la Vittoria, anche se, davanti ai lutti, al dolore e ai feriti parlare di Vittoria non è appropriato, perché quel conflitto fu veramente una ‘inutile strage’. Oggi possiamo dire che fu inutile perché non ne abbiamo tratto alcuna lezione: non sono poi lontane da noi Palestina, Ucraina, e poi, le guerre dimenticate, Sudan, Repubblica Democratica del Congo e il Myanmar per non parlare dello Yemen, con numeri impressionanti, e purtroppo in crescita, di profughi e di vittime. Anche solo pensando a Taiwan, per non parlare dei Balcani o del Nordafrica, non mancano potenziali focolai di guerre in un mondo sempre più multipolare, e sempre meno multilaterale, e nel quale l’Unione Europa fatica, e non poco, a proporsi come polo dei nuovi equilibri e protagonista dei processi diplomatici. Eppure, proprio perché teatro dei due devastanti conflitti del Secolo scorso, dovremmo trarre la forza dalla nostra memoria per diventare motori e attori dei processi di pace: lo dobbiamo a tutti i morti e feriti, al dolore e ai lutti che a 105 anni dalla conclusione del Primo Conflitto Mondiale, e a sessant’anni dalla “Pacem in Terris” di Giovanni XXIII, sono un monito, una lezione drammatica che ci mostra come potrebbe essere il nostro domani. Dal ‘Veneto Terra di Pace’ il IV novembre si deve allora rilanciare l’appello affinché si fermino le ragioni della forza e sia dia spazio alla forza della ragione e si riprenda il dialogo, e agli eserciti si sostituisca la diplomazia”.
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