Volontariato / Bergamo Città
Giovedì 17 Marzo 2022
«Gli immigrati nuova risorsa per il mondo del volontariato»
La ricerca È stata curata dal sociologo Maurizio Ambrosini insieme a Deborah Erminio. Il 40% delle persone impegnate ha cittadinanza italiana, il 70% è diplomato o laureato.
Quando pensiamo alle persone di origine straniera e al volontariato, ce le immaginiamo spesso come fruitori dei servizi. In realtà non è così. A raccontarlo è la ricerca «Volontari inattesi», la prima indagine nazionale sull’impegno sociale delle persone di origine immigrata realizzata da Csvnet (associazione nazionale dei Centri di servizio per il volontariato) e dal Centro studi Medì. Ne parla Maurizio Ambrosini, sociologo e curatore della ricerca insieme a Deborah Erminio.
Perché una ricerca sul volontariato degli stranieri in Italia?
«Abbiamo voluto cercare di vedere l’altra faccia della luna. Normalmente il rapporto tra volontariato e immigrazione è visto come un rapporto unilaterale: gli italiani che aiutano gli immigrati. Ci siamo, invece, interrogati sulla reciprocità di questo rapporto. Abbiamo cercato di innovare rispetto alla visione stereotipata degli immigrati come bisognosi, come soggetti deboli, che chiedono aiuto, persone povere, persone da assistere. È vero anche il contrario».
Quali sono i macrotemi che emergono da questa ricerca?
«Il grande tema è che gli immigrati sono una risorsa nuova per il mondo del volontariato. Una risorsa che va conosciuta e valorizzata meglio. Spesso questo contributo resta anonimo, quasi trascurato: non c’è ancora sufficiente attenzione a questa risorsa. In secondo luogo la ricerca mostra che le persone immigrate che si dedicano al volontariato sono per lo più persone che hanno raggiunto un buon livello di inserimento in Italia: il volontariato è una conseguenza di un’integrazione sociale riuscita ed esprime anche una richiesta di maggior integrazione, riconoscimento e valorizzazione nell’ambito della società italiana».
Qual è il profilo dello straniero che fa volontariato?
«È una popolazione che denota buoni livelli di inserimento sociale: 4 su 10 hanno cittadinanza italiana, 7 su 10 sono diplomati o laureati, hanno buoni livelli di occupazione pur con i problemi di oggi, sono giovani o giovani adulti. Hanno un profilo interessante e dinamico, con potenzialità di crescita e rinnovamento per le associazioni italiane. Sono attivi in diverse forme di volontariato: sono impegnati in associazioni che promuovono cultura, tempo libero, attività ricreative, sostegno scolastico. Non si limitano a servizi per altri immigrati ma svolgono attività molto variegate. Non diversamente dai volontari italiani».
Che cosa spinge una persona straniera a fare volontariato?
«Le motivazioni sono variegate, non meno che per la popolazione italiana. Cominciamo dal fatto che il volontariato per i giovani è un modo per rafforzare il proprio curriculum. Secondo, c’è una domanda di socialità e di integrazione sociale: fare amicizie, sviluppare reti sociali, integrarsi di più sul territorio. In questo c’è anche un aspetto tipico dell’immigrazione, che è migliorare la competenza linguistica. In alcuni casi, ed è stata una delle scoperte più interessanti, c’è una rivendicazione di dignità, rispetto, riconoscimento, sapendo che non è scontato nella società italiana. A volte poi ci sono forme più esplicite di rivendicazione di uno spazio politico: l’idea che il volontariato è un modo per acquisire una cittadinanza di fatto, per dimostrare che gli immigrati hanno diritto di vivere qui e diventare cittadini».
Quale ruolo giocano e possono giocare le associazioni nel favorire integrazione?
«Le associazioni sono chiamate a vivere anzitutto al proprio interno quei valori di fraternità, accoglienza, solidarietà, costruzione di un mondo migliore che cercano di immettere nella società esterna. La sfida è quella di cominciare a vivere al proprio interno quel mondo migliore e più accogliente che cercano di costruire nel mondo esterno».
Ha preso il via nei giorni scorsi la seconda edizione di questa ricerca: quali sono i focus e le novità su cui andrete a lavorare?
«La nuova ricerca è anche una conseguenza della stagione triste del Covid e vuole valorizzare la mobilitazione di tanti immigrati in forme varie nel fare collette, distribuire materiale, portare aiuto. Proprio a partire da questo spunto il focus della ricerca si è spostato dal volontariato in senso stretto al dono: anche raccolte e distribuzione di materiali. Le associazioni degli immigrati, che nella prima ricerca avevamo lasciato da parte, sono qui invece coinvolte. E rilevante anche il fatto che cercheremo di approfondire anche le azioni di dono e solidarietà verso i Paesi di origine».
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