Shoah, nell’esercizio della memoria storica l’impegno a dire: mai più

Valle Seriana. Nell’incontro degli studenti con Gabriele Nissim, tra i promotori del Giardino dei giusti, l’invito ad un ricordo dell’olocausto oltre la retorica. L’esperienza di Premolo con il ricordo di don Antonio Seghezzi.

Un incontro profondo, di quelli che «lasciano il segno». Protagonista Gabriele Nissim, giornalista, saggista, storico, ospite nella giornata di martedì 17 gennaio in Valle Seriana grazie all’associazione «Il Testimone». Di origini ebraiche, figlio di due sopravvissuti all’orrore dell’Olocausto, è stato anche fondatore (e tutt’ora presidente) dell’associazione Gariwo, promotrice del «Giardino dei Giusti». Dopo l’incontro con i ragazzi delle scuole medie di Gorno e Ponte Nossa in mattinata, ed una tappa a Selvino, per fare visita a Sciesopoli, ha concluso la giornata a Premolo, con un incontro, molto partecipato, sul tema della Shoah.

Appello ai giovani

«Grazie a Gabriele per la sua presenza – ha esordito il sindaco di Premolo, Omar Seghezzi -, e all’associazione “Il Testimone” per aver organizzato. Tra le varie cose, Nissim è stato anche fondatore del “Giardino dei Giusti”, al quale siamo legati dal 2019. In quell’anno infatti abbiamo inaugurato il nostro, definendo come primo “Giusto” don Antonio Seghezzi. Lo facciamo in una forma un po’ diversa, senza piantare degli alberi e posando delle lastre, ma crediamo davvero molto in questo progetto. Riguardo un possibile ritorno della Shoah, penso che di forme di genocidio ce ne siano state diverse negli anni, e siano tutt’ora in corso purtroppo. Importante, soprattutto mi rivolgo ai giovani, fare in modo che certe dinamiche non si ripetano».

L’olocausto rimosso

Uno spirito da combattente quello di Nissim, classe 1950, che trae ispirazione dalle sue origini: «Il perché mi sia dedicato, tra le varie cose, al Giardino dei Giusti, è legato alla mia storia. La mia famiglia aveva origini greche, di Salonnico, ed era ebrea. Per diverse ragioni i miei sopravvissero alla Shoah, e questo ha poi influenzato tutta la mia vita e la visione del mondo. Bisogna essere attivi, e resistere anche nelle situazioni più estreme. Nei nostri Giardini ci sono infatti persone che hanno saputo resistere ai genocidi, ai crimini, alle ingiustizie, pagando con la vita». Nissim si è poi soffermato sulla difficoltà di fare memoria. «Quella della Shoah – ha sottolineato -, è stata una memoria difficile. Una situazione comune in molti stati, anche in Italia, dove si parlava molto della Resistenza, dei partigiani, ma poco dell’Olocausto. I sopravvissuti si vergognavano di rendere noto quello che avevano vissuto. Pensiamo che Primo Levi, quando scrisse il suo libro “Se questo è un uomo”, fece fatica a trovare qualche editore disposto a pubblicarlo. Il tema non era preso in considerazione. Lo scrittore infatti già all’epoca aveva paura che tutto venisse dimenticato. Timore che solo pochi giorni fa, ha ammesso di avere anche Liliana Segre: sostiene infatti che, con la morte di tutti i sopravvissuti, si arrivi a non parlarne più. Il punto centrale, secondo me, è che in questi anni, la memoria riguardo la Shoah è diventata di tipo retorico, e non ha affrontato il tema del “mai più”».

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