Saor Patrol, dalla Scozia un ruggito di libertà tra passato e presente

LIVE. Il gruppo sarà in concerto il 19 giugno nell’ambito dello Spirito del pianeta. Il percussionista Kevin Johnston a sottolineare: «È importante mantenere vive le culture etniche. Quello che noi cerchiamo di proporre è un ideale antico che conservi un sentimento moderno».

Ultima settima di passione a Clusone con gli appuntamenti e i concerti del festival internazionale dedicato ai gruppi tribali e indigeni del mondo. «Lo spirito del pianeta» torna ad ospitare il 19 giugno (inizio alle 21, ingresso libero), in località La Spessa, gli scozzesi Saor Patrol, abituali frequentatori dei palchi che la manifestazione ha negli anni installato in diverse località orobiche. Si esibiscono in kilt, volti incorniciati da barbe fluenti, all’occasione anche a torso nudo, e paiono comparse appena uscite dal set di «Braveheart». Guarda caso non sono stati rari i casi che li hanno visto partecipare alle riprese di pellicole ad alto tasso suggestione storica, dal Gladiatore a Robin Hood. La loro triangolazione musicale mette in relazione tre vertici timbrici: i suoni arcaici della cornamusa, un corposo set percussivo che non manca di esibire strumenti tradizionali e la chitarra elettrica.

Matrici territoriali

È il pivot della formazione, il percussionista Kevin Johnston, Kev per i più, a ricordare le precedenti tappe orobiche della band: «Abbiamo suonato più volte per Spirito del pianeta e penso che sia uno dei posti migliori dove esibirci». La manifestazione insegue la promozione delle culture indigene, dei gruppi etnici e tribali, senza alcun vincolo geografico. Plausibile una forte sintonia con questo gruppo che certo non nasconde la rivendicazione delle proprie matrici territoriali. È ancora Johnston a sottolineare: «Dico sempre che è importante mantenere vive le culture etniche, per quanto le persone sembrino dimenticare da dove arrivano e ciò che è importante delle loro origini. Spirito del Pianeta rappresenta nel modo migliore non solo la nostra, ma tutte le culture, non solo quelle locali a livello europeo».

Indipendenza e tradizione

Irriducibili sostenitori dell’indipendenza della Scozia e del separatismo dal governo di Londra (il loro nome in gaelico sta appunto per «libertà»), cultori del fascino delle ere del passato, pure, come detto, incrociano i contagiosi ritmi e le ipnotiche melodie della musica tradizionale con i riff del rock. Sono i primi a rivendicare uno stile che pare un paradosso, il «medieval rock», che prevede viaggi tra epoche storiche da «Ritorno al futuro». «Penso che la dimensione più tecnica e moderna - sottolinea Johnston, - e quella tradizionale si influenzino bene. Se avessimo avuto questi strumenti tecnici e queste idee musicali migliaia di anni fa, le avremmo usate, tanto quanto le usiamo oggi. Penso alle tecnologie moderne come l’amplificazione, o alle nuove ritmiche, come il tempo in quattro quarti, come a cose che nel passato avremmo utilizzato ampiamente. Quello che noi cerchiamo di proporre è un ideale antico che conservi un sentimento moderno».

Esperienze al cinema e sul palco

Oltre alla musica Johnston ricorda con piacere le esperienze nel mondo del cinema: «Negli anni ho fatto molteplici volte la comparsa. Penso che uno dei miei lavori più memorabili sia stato per la serie televisiva «The Room» che è stato girato a Cinecittà. Incredibile. Ritengo che Roma sia una fantastica città per la sua architettura così antica. Anche gli studi erano fantastici e c’era una buona atmosfera». Sul fronte dei ricordi anche l’approccio alla musica resta indelebile: «Sono diventato batterista perché ce ne serviva uno. Non sapevo suonare la cornamusa, non sapevo suonare la chitarra. Ho pensato che potevo fare il batterista. Ho scoperto il tassello che mancava nella mia vita». Con radici ben piantante tra i pascoli e i boschi che circondano Kincardine, città d’origine della band, legata all’importante clan normanno dei Bruce, portano la loro energia al pubblico bergamasco e italiano.

L’accoglienza e... la grappa

«Negli anni - puntualizza Johnston - ho avuto modo di osservare diversi tipi di pubblico in Italia e che si tratti di bambini di sette anni o di settantenni, sentono tutti l’energia persino prima che iniziamo a suonare. Il suono tradizionale della cornamusa unito a aspetti estremamente moderni della chitarra, l’incontro di moderno e antico, vengono percepiti molto bene». Nella scheda on line del gruppo il percussionista è descritto come amante del cibo ma riguardo l’annoso contenzioso tra birra e vino, propone una terza via: «Non posso parlare per il resto della band ma preferisco la grappa. Il vino non lo disprezzo ma preferisco accompagnarlo con un bel piatto. La birra, per quanto vada forte in Scozia, non è la mia passione».

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