Quarant’anni fa l’elicottero caduto: «La nostra famiglia è stata stravolta»

VALBONDIONE. Il 22 luglio 1984 il velivolo finì contro i cavi della teleferica e precipitò nei boschi. Quattro vittime: il pilota, due collaboratori di giornali locali e una dirigente della Prefettura.

Sono ormai passati quarant’anni da quel tragico 22 luglio 1984, quando un elicottero precipitò nella zona delle cascate del Serio, sopra Valbondione. Per quanti salirono in quota quello sarebbe dovuto essere un giorno di festa, ma si trasformò presto in una triste pagina che avrebbe però potuto assumere risvolti ben peggiori se si considera che nella zona dei Grandi Massi di Maslana e sulla strada agro-silvo-pastorale del Curò venne stimata la presenza di circa 25mila persone.

A quei tempi, infatti, il triplice salto dell’acqua veniva proposto una sola volta all’anno, poi la necessità di rendere l’evento più gestibile dal punto di vista logistico indusse l’amministrazione a concordare con Enel più date. Erano da poco passate le 10 e l’acqua aveva ormai ricoperto l’altezza totale di 315 metri quando le pale del velivolo pilotato da Franco Valerio, 31enne vicentino di Schio ma residente a Clusone, urtarono accidentalmente una delle funi della teleferica di servizio al rifugio Curò. Tra le grida di quanti assistettero increduli alla scena, l’elicottero precipitò in un bosco limitrofo, fortunatamente lontano dalle migliaia di persone assiepate nei pascoli vicini; per lo stesso pilota – e gli altri tre occupanti (Imelda Bosis, 40 anni, vice direttrice della Ragioneria della Prefettura di Bergamo; Gabriele De Palma, 29 anni e collaboratore del quotidiano “Bergamo Oggi” e Luca Quaranta, 24 anni, cineoperatore di Nembro, nostro collaboratore per «L’Eco di Bergamo» e «Bergamo Tv») non ci fu purtroppo nulla da fare.

Le testimonianze

«La tragedia di quel giorno – è la toccante testimonianza di Marco, fratello di Luca – ha stravolto la vita di tutta la famiglia, soprattutto dei nostri genitori. Ma questo episodio, ancora oggi, rimane nei tristi ricordi di chi aveva almeno la nostra età e che in qualche modo ci ha potuto conoscere attraverso la nostra attività legata al mondo della fotografia, che mio papà portava avanti dall’inizio degli anni ’50. Successivamente anche noi tre figli ci appassionammo a questo lavoro; Luca era molto bravo come video operatore, collaborava con la testata giornalistica di “Bergamo Tv” e, in quella tragica circostanza, aveva deciso di riprendere l’apertura delle cascate». «Quella mattina – continua Marco – anche io e altri amici partimmo alla volta di Valbondione ma una volta arrivati a Ponte Nossa, e ipotizzando la numerosissima presenza di escursionisti, decidemmo di cambiare itinerario dirigendoci verso la Val di Scalve. Non essendoci ancora i sistemi di comunicazione attuali apprendemmo la triste notizia solo una volta rientrati a casa».

Anche Bettino Bonacorsi, responsabile del Soccorso alpino locale, ricorda le informazioni, inizialmente frammentarie, che in quei momenti arrivavano in paese. «A quel tempo – fa sapere – i nostri collegamenti erano garantiti solo dalle radio ricetrasmittenti che avevamo in dotazione. Alcuni dei nostri volontari sul posto ci avvisarono immediatamente di quanto accaduto e, su una jeep, imboccammo la strada del Curò fino alla partenza della teleferica; proseguimmo poi a piedi raggiungendo il bosco dove effettuammo le prime valutazioni. Nei giorni successivi tornammo in quota con un camion e, con l’aiuto di altre persone, caricammo i rottami del velivolo sul cassone per riportarli a valle». Tra le testimonianze anche quelle di un gruppo di ragazzi, allora adolescenti, saliti dalle baite di Maslana per vedere le cascate. «Ci si dava appuntamento – ricorda uno di loro – nei pressi del palo della funivia Enel un’oretta prima dell’apertura. Dopo che l’acqua aveva ormai ricoperto i tre salti si udì un boato; l’istinto fu quello di volgere lo sguardo verso monte e vedemmo l’elicottero per qualche istante prima che sparisse nel bosco».

© RIPRODUZIONE RISERVATA