Merelli, già dieci anni senza il suo gran cuore. «Ma lui rivive in Nepal»

L’anniversario: il 18 gennaio 2012 l’alpinista di Lizzola moriva sul Pizzo Scais. Quest’anno nessun evento, l’invito a ricordarlo e sostenere l’ospedale di Kalika.

Dieci anni. Dieci anni di ricordi e preghiera. E al centro sempre lei, protagonista: la montagna. Quella montagna che Mario Merelli tanto amava, ragione di vita nel ricordo del papà alpinista Patrizio. Vette di casa ma anche all’altro capo del mondo che lui, il vagabondo di Lizzola, sfidava per farle sue. O per affidarsi a loro, all’Alto.

Dieci anni senza Merelli, in un anno, questo, che ha limitato al massimo le iniziative per ricordarlo: soltanto una Messa celebrata sabato nella chiesa di Lizzola e un semplice invito a condividere, oggi, una preghiera. E a ricordare, nel concreto, ciò per cui, in suo nome, ha ancora senso credere nella «sua» montagna: il Kalika Family Health Hospital, l’ospedale voluto da Merelli insieme all’amico Marco Zaffaroni nella valle del Dolpo, in Nepal, e inaugurato nel 2009.

Sopra casa
Tre anni dopo, il 18 gennaio 2012, l’alpinista di Lizzola moriva sul Pizzo Scais, sopra casa. Un destino beffardo per lui che nel corso di 18 spedizioni era salito su 10 vette di ottomila metri: Everest, Makalu, Kangchenjunga, Shisha Pangma, Annapurna, Broad Peak, Gasherbrum I, Lhotse, Cho Oyu, Dhaulagiri.

«A dieci anni di distanza sentiamo ancora il vuoto di Mario – commenta Paolo Valoti che quel 18 gennaio, sullo Scais, era con lui –, perché rappresentava un amico forte e speciale nel suo essere uomo di montagna». Il pensiero va alla sua «genuina e generosa passione. Del Mario si possono ricordare l’amore per sua mamma Luigina, per la moglie Mireia e per la montagna. Le preziose tracce della sua persona, della sua sensibilità si sono concretizzate nel progetto del Kalika hospital: l’aveva voluto perché sentiva il dovere di restituire qualcosa alla gente di montagna che gli aveva permesso di raggiungere i suoi successi alpinistici».

Il premio per la ricerca
E alla montagna, la nostra, si restituisce un ruolo di primo piano attraverso il premio istituito alla memoria di Mario Merelli da Cai, Università e Museo delle storie di Bergamo. «Coincidenza vuole che proprio questa sera i due universitari vincitori delle borse di studio 2021, Mikel Magoni e Marta Palvarini, presentino i loro lavori nel corso del consiglio direttivo del Cai di Bergamo» aggiunge Valoti.

La fecondità del ricordo di Merelli porta frutto anche grazie all’amico alpinista Marco Zaffaroni. «Al motto mola mia, la nostra associazione prosegue la sua opera per l’ospedale di Kalika, anche se la cosa, con le restrizioni dovute al Covid, si fa più difficile. Su gofundme abbiamo avviato una raccolta fondi ( www.gofundme.com/f/budget-annuo-2021-kalika-hospital-nepal , ma anche sul sito https://bistaribistari-onlus.it si possono trovare le informazioni aggiornate sull’ospedale, ndr) e ci siamo inventati un po’ di iniziative, pandemia permettendo». Ad esempio l’Everesting – ovvero una salita in bicicletta fino a raggiungere i 8.848 metri che corrispondono all’altezza del Monte Everest –, «una volta da Valbondione a Lizzola, un’altra con gli skiroll in Valsesia, poi a piedi da Valbondione al rifugio Merelli e il primo weekend di dicembre sui rulli». Imprese proposte per ricordare ai follower di donare per l’ospedale. «Nel 2015, quando c’è stato il terremoto – prosegue Zaffaroni –, abbiamo anche costruito una scuola. Sono dieci anni che Mario non c’è più, ma sembra ieri».

Sembra «incredibile» anche per la sorella di Mario, Raffaella: «Quanti messaggi e telefonate ci arrivano da chi vuole dare la sua testimonianza del ricordo di Mario. È una cosa commovente. Spiace – aggiunge – non poterlo ricordare come si deve, con un incontro, ma anche lui non vorrebbe mettere a rischio la sicurezza dei suoi amici. Magari, se si potrà, organizzeremo qualcosa il giorno del suo compleanno: il 2 luglio avrebbe compiuto 60 anni». Sarà il momento di ricordare la «persona umile e semplice che era: avevi davanti un campione – rammenta la sindaca di Valbondione Romina Riccardi – ma non lo dava mai a vedere. Anche se gli sono state intitolate tante strutture, tra cui il palazzetto e il rifugio al Coca, è lui stesso il segno».

Intanto l’impegno forte «è quello di portare avanti l’ospedale che ha voluto Mario – aggiunge la sorella Raffaella –: io ci sono andata quando è stato inaugurato e lui era entusiasta. Vedo Mario fuori dall’ospedale, felice. So che ci aiuterà a portarlo avanti in qualche maniera», grazie all’aiuto di tanti amici.

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