Cronaca / Valle Seriana
Mercoledì 31 Marzo 2021
L’appello a Cazzano: «Ridatemi il cappello di mio marito Remo. Mi manca, come lui»
Sottratto dall’auto di Ivana Bosio a Cazzano, apparteneva al marito mancato un anno fa per Covid. L’appello della donna: «Lui lo portava sempre con sé in auto, e io, quando ho ereditato la sua macchina, l’ho sempre lasciato lì dove lo teneva lui».
È disperata Ivana Bosio: nella serata di sabato, a Cazzano Sant’Andrea, qualcuno ha sottratto dalla sua auto il cappello del marito Remo Brignoli, scomparso un anno fa a 67 anni in seguito al Covid. Così su Facebook ha lanciato un appello per poterlo riavere.
«Ho sempre il vizio di lasciare l’auto aperta – racconta Ivana, 61 anni di Colzate – quando la posteggio fuori dal mio laboratorio, dove produco pasta fresca. Uscendo sabato sera, verso le 22, mi sono accorta che mi erano state rubate alcune cose di poco valore, come qualche pacchetto di sigarette. Peccato però che tra quegli oggetti vi fosse anche il capello di mio marito, dal quale non mi separavo mai. Lui lo portava sempre con sé, in auto, e io quando ho ereditato la sua macchina, l’ho sempre lasciato lì, dove lo teneva lui. È un cappello antipioggia di colore nero».
Probabilmente una bravata, infatti Ivana Bosio non cerca i colpevoli, chiede solo di riavere il prezioso ricordo del marito, anche in forma anonima. «Credo proprio sia stata una “ragazzata” – prosegue la donna –, per questo non me la sono presa con nessuno. Mi appello magari ai genitori di questi ragazzi, che se mai dovessero vedere questo cappello in casa, me lo possano riportare. Non c’è bisogno di farsi vedere di persona, possono anche appenderlo al cancello».
Remo Brignoli, architetto che aveva raggiunto la pensione da poco tempo quando è venuto a mancare, è uno delle tante vittime che il Covid ha mietuto nella Bergamasca. «È impossibile descrivere quei giorni tremendi – ricorda Ivana –: nessuno lo veniva a visitare, così l’ho caricato in macchina e l’ho portato dal medico di base. Dopo averlo visto, il dottore mi ha detto di portarlo a Piario, non potevo tenerlo a casa così. Non aveva febbre, ma problemi respiratori e stanchezza. Era il 5 marzo 2020 quando è entrato all’ospedale Locatelli di Piario, e da lì è uscito in una bara il 13 marzo. Non c’è stata la possibilità di vivere la morte, di stargli accanto, di sapere cosa pensava in quei giorni. I mesi a venire sono stati duri, intensi e pesanti: è un dolore che rimarrà sempre».
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