Dopo la lite diede fuoco al compagno: fu tentato omicidio, 6 anni e 4 mesi

NEMBRO. I fatti il 2 febbraio, la difesa della 38enne aveva chiesto di derubricare il reato in lesioni: ustioni sul 25% del corpo

Al culmine dell’ennesima lite, versò dell’alcol addosso al compagno e gli diede fuoco. Un fatto accaduto a Nembro la sera di venerdì 2 febbraio. L’uomo, 34 anni, che ha riportato ustioni sul 25% del corpo, spense da solo le fiamme gettandosi sotto l’acqua della doccia. Mercoledì 24 luglio la 39enne, assistita dagli avvocati Gaia Perego e Marco Braga, è stata condannata per tentato omicidio a sei anni e quattro mesi dal giudice Maria Beatrice Parati. Ha scelto di essere giudicata con rito abbreviato, ma si è sottoposta a esame, testimoniando un certo disagio familiare. Il giudice ha riconosciuto l’equivalenza dell’aggravante (erano una coppia convivente) alle attenuanti generiche.

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La decisione del Tribunale

Attualmente la 39enne, di origini brasiliane, si trova ai domiciliari (dopo il ricorso al Riesame presentato dai suoi legali) in un’abitazione diversa da quella dove si è svolto il fatto. Oltre alla pena detentiva, e le accessorie, dovrà versare una provvisionale di 15mila euro all’ex compagno, che si è costituito parte civile con l’avvocato Benedetto Maria Bonomo. Il legale ha messo in evidenza che la pena è stata più alta di quella richiesto dalla procura (sei anni), e soprattutto che il tribunale ha emesso la condanna per tentato omicidio (la procura ha insistito sul fatto che l’azione era idonea a provocare la morte), non accogliendo quindi la richiesta della difesa di derubricare il reato in lesioni. L’avvocato Bonomo ha inoltre rilevato che «l’azione in sé non è stata istantanea, la donna ha preso un flacone di alcol, l’accendino, ha seguito il compagno in camera e dopo avergli gettato addosso il liquido gli ha dato fuoco, per poi andarsene». Quindi c’è stata «una convinzione maturata e poi mantenuta costante».

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La lite nella coppia

Secondo gli avvocati della difesa, che avevano chiesto la riqualificazione del capo di imputazione, «l’atto non era premeditato, al fine di fare del male, ma nasceva da un disagio familiare». Che ritengono sia stato riconosciuto dal tribunale che ha concesso le attenuanti generiche equivalenti all’aggravante, e per questo «ci riteniamo in parte soddisfatti». Entro 15 giorni saranno depositate le motivazioni: «Ci riserviamo di presentare appello». Non per dichiarare l’innocenza totale della donna, quanto «per migliorare il quantitativo di pena finale».

Quella sera era scoppiata una lite tra la coppia. In casa c’erano anche alcuni amici, che li avevano divisi. L’uomo era andato in camera da letto ed era stato raggiunto da lei, che gli aveva versato addosso dell’alcol e gli aveva dato fuoco. Inizialmente la donna si era allontanata, scalza, per poi fare ritorno nella casa dove c’era anche la figlia di due anni (che non aveva assistito alla scena). Era stata arrestata per tentato omicidio e, per un breve periodo, trasferita in ospedale. L’uomo era stato ricoverato al Papa Giovanni in terapia intensiva. Porta ancora adesso i segni di quanto accaduto.

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