«Donare, esperienza entusiasmante. Mi ha fatto crescere e capire tanto»

AURORA SAVOLDELLI. A 19 anni le è stato prelevato il midollo. «Ora studio Scienze Infermieristiche, è il mio futuro».

Una carezza, un sorriso, una parola gentile, tempo per ascoltare, perfino il più piccolo atto di cura possono trasformare una vita e darle un senso diverso. Aurora Savoldelli, 19 anni, di Selvino, studentessa di Scienze Infermieristiche, è molto giovane ma ha già sperimentato che a volte per «fare la differenza» basta mettersi in gioco e compiere un gesto generoso.

«C’è chi pur essendo inserito nel registro aspetta la fatidica telefonata per molti anni, oppure non viene mai chiamato. Per me, invece, la convocazione è arrivata subito. Mi considero molto fortunata»

Aurora al momento di scegliere l’indirizzo di studi dopo il diploma era incerta fra Medicina e Scienze Infermieristiche: «Ciò di cui anche allora ero sicura - dice - era di volermi prendere cura degli altri», attraverso l’attività professionale ma anche con il volontariato. Lo ha già fatto, in maniera inaspettata, iscrivendosi all’associazione Admo e donando il midollo osseo: «La compatibilità fra persone non consanguinee è molto rara - racconta -. C’è chi pur essendo inserito nel registro aspetta la fatidica telefonata per molti anni, oppure non viene mai chiamato. Per me, invece, la convocazione è arrivata subito. Mi considero molto fortunata».

Con i capelli lunghi e gli occhi gentili, Aurora mostra fin dal primo sguardo delicatezza, attenzione e profondità. Non sorprende che abbia saputo trasformare il suo gesto di donazione in un’occasione straordinaria di crescita personale, come la intende la scrittrice R. J. Palacio nel suo bestseller «Wonder»: «Il modo migliore per misurare quanto sei cresciuto è ciò che hai fatto con il tuo tempo, come hai scelto di trascorrere le tue giornate e di chi ti stai prendendo cura. Questa, per me, è la misura più grande del successo».

La scelta

Ha scoperto l’opportunità di diventare donatrice quando frequentava l’ultimo anno di liceo linguistico all’istituto Romero di Albino, grazie a un incontro di sensibilizzazione promosso dall’associazione «Federica Albergoni»: «Mi ha colpito molto la storia della nascita di questa associazione, fondata da un padre in memoria della figlia morta in giovane età a causa di una leucemia fulminante, proprio nella notte di Natale. Mi sono messa nei suoi panni, immaginando quanto dolore possano causare la malattia e la mancanza di una persona cara, così ho capito anche quanto sia importante far parte del registro nazionale dei donatori». In quel momento non era possibile procedere subito al test necessario per la tipizzazione, ma quando si è imbattuta in uno stand dell’Admo (Associazione per la donazione del midollo osseo, www.admo.it), per le strade di Selvino, ha colto l’occasione al volo.

La chiamata

Pochi mesi dopo ha ricevuto una telefonata proveniente da un numero sconosciuto: «Di solito non rispondo - sorride Aurora - ma questa volta l’ho fatto, scoprendo con grande sorpresa che si trattava dell’associazione Admo, che mi annunciava la possibilità di una donazione. Ero stata selezionata in un gruppo ristretto di persone per verificare la migliore compatibilità. Ho provato una grandissima emozione e sono scoppiata in lacrime. Con me c’era mia madre, che per un attimo ha avuto paura che fosse capitato qualcosa di brutto. Quando le ho spiegato che piangevo di gioia è stata felice quanto me».

A 19 anni lo sguardo è proiettato sul futuro, il mondo appare pieno di possibilità, ed è importante trovare una strada che dia senso alla vita: «Il desiderio di aiutare il prossimo fa parte del mio carattere e della mia vocazione - spiega Aurora -. Ho seguito anche il corso per diventare volontaria sull’ambulanza, legandomi a un’associazione di Selvino, un’altra esperienza molto importante per me».

Il percorso

«Mi hanno chiesto più volte se fossi sicura di andare fino in fondo, e io non ho mai avuto dubbi»

I primi accertamenti medici hanno fatto ricadere la scelta su Aurora, così per lei è iniziato un percorso di visite ed esami all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo: «Dopo aver verificato che ero la persona con la compatibilità più alta con il ricevente, hanno proseguito gli esami per valutare se le mie condizioni fisiche erano appropriate per la donazione. Non è mai scontato, è importante controllare che tutti gli organi funzionino a dovere, in particolare la milza, il cuore e il fegato. È un aspetto positivo per il donatore, alimenta una sensazione di serenità e sicurezza».

Un percorso che aiuta a rafforzare anche la consapevolezza del ruolo di un donatore: «Mi hanno chiesto più volte se fossi sicura di andare fino in fondo, e io non ho mai avuto dubbi. È fondamentale essere convinti, perché prima della donazione il ricevente viene sottoposto a cicli massicci di chemioterapia, e se non riceve il trapianto di midollo nei tempi giusti rischia di peggiorare e di perdere la vita». Il momento del trapianto, infatti, spesso arriva in una fase della malattia in cui le opzioni di cura sono limitate: «Capita che sia proprio l’ultima spiaggia, e quindi il gesto del donatore serva per salvare una vita. Mi sono resa conto di questa responsabilità, ed era un forte stimolo a non perdere di vista l’obiettivo».

Il giorno più importante

Così Aurora è arrivata al giorno della donazione: «Ero molto assorbita dallo studio, nel bel mezzo di una sessione di esami, e questo ha accentuato la sensazione di stanchezza di quel periodo. Avevo un po’ di paura che si presentassero degli effetti collaterali, ma in realtà non mi è successo nulla, sono stata molto bene».

«I medici, i biologi del centro trasfusionale e gli infermieri sono stati molto comprensivi, mi hanno sostenuto»

La donazione è avvenuta per aferesi, cioè attraverso il prelievo di sangue periferico. Nei cinque giorni precedenti le è stato somministrato un farmaco, che promuove la crescita delle cellule staminali nel midollo osseo. Aurora, sdraiata su un lettino, è stata poi collegata a un separatore cellulare: il sangue prelevato da un braccio attraverso un circuito sterile entra in una centrifuga dove la componente cellulare utile al trapianto viene isolata e raccolta in una sacca, mentre il resto viene reinfuso nel braccio opposto.

Un procedimento delicato, e per tutto il tempo necessario si è rivelato molto prezioso il sostegno del personale ospedaliero: «I medici, i biologi del centro trasfusionale e gli infermieri sono stati molto comprensivi, mi hanno sostenuto, hanno valutato con molta attenzione le mie condizioni. Alla fine, gli unici fastidi che ho sperimentato sono stati un lieve formicolio alle dita e un po’ di dolore nel punto in cui l’ago entrava nel braccio. Medici e infermieri mi hanno aiutato a distrarmi chiacchierando e spingendomi a concentrarmi su altro».

Un’esperienza che cambia la vita

Le è rimasto nel cuore un ricordo bellissimo, perché, come scrive Sergio Bambarén «ogni volta che fai qualcosa per gli altri, pensando solo alla loro felicità, ti senti meglio: e questo alla fine ti riempie il cuore di gioia». È un’esperienza che può cambiare la vita per sempre: «Mi ha fatto riflettere - sottolinea Aurora - su quanto sia importante essere proattivi e generosi, pensare agli altri e non solo a se stessi. Ho toccato con mano il ruolo fondamentale del personale sanitario, delle campagne di prevenzione e di un’associazione come Admo che cerca donatori in tutta Italia. Mi sono documentata e ho scoperto che in Italia ogni anno migliaia di persone muoiono a causa della leucemia. Moltissime potrebbero essere salvate se tutti si iscrivessero come donatori. È difficile esprimere a parole quanta felicità mi abbia procurato poter offrire a qualcuno un’opportunità di guarigione e sentirmi davvero utile».

Non ha saputo nulla di chi ha ricevuto il midollo: «Non so dove viva, quanti anni abbia, quali fossero le sue condizioni di salute, e neppure se il trapianto abbia avuto un esito positivo. Ovviamente gli auguro ogni bene, ma ho preferito non inviare messaggi per non mettere questa persona in obbligo di rispondermi. Per me è stato bellissimo così, mi basta poter essere d’aiuto».

Fare del bene per Aurora è stato come lanciare un sasso nell’acqua, che produce molti cerchi: «I miei genitori e mio fratello sono stati molto fieri di ciò che ho fatto, e così i miei amici. Li ho coinvolti e “contagiati” facendo conoscere l’Admo, alcuni mi hanno già detto che si iscriveranno. C’è anche chi è già donatore di sangue con l’Avis».

«Stare accanto ai pazienti mi ha fatto crescere molto da ogni punto di vista: emotivo, psicologico e professionale»

All’inizio del corso di studi in Scienze infermieristiche Aurora non era ancora sicura di aver compiuto la scelta giusta: «Pensavo che se avessi cambiato idea avrei potuto ancora passare a Medicina. Poi però, quando ho iniziato a preparare gli esami, mi sono accorta che le materie di studio mi interessavano e mi piacevano molto. Mi sono sentita al posto giusto».

Il ruolo della donazione

Questa convinzione è stata alimentata anche da uno stage sul campo nel reparto di Chirurgia della Clinica Castelli: «Stare accanto ai pazienti mi ha fatto crescere molto da ogni punto di vista: emotivo, psicologico e professionale. In questo contesto la donazione ha avuto un ruolo fondamentale, dandomi una grande carica di entusiasmo. Affiancare persone malate mi ha aiutato a ridimensionare le piccole difficoltà quotidiane: nella vita ci sono ostacoli da superare più importanti e significativi dei litigi, dei brutti voti e delle delusioni amorose».

Anche il volontariato sull’ambulanza ha contribuito ad aprire nuovi orizzonti per Aurora: «Per impegnarsi in queste attività ci vogliono passione, intraprendenza, generosità, il coraggio di buttarsi sapendo che è necessario sacrificare il proprio tempo libero e metterlo a servizio degli altri. Ho iniziato anche per capire meglio la mia vocazione alla cura, come sfida personale per sapere se fossi in grado di sostenere anche situazioni di emergenza. Al termine degli studi mi piacerebbe lavorare in pronto soccorso o in sala operatoria, dove bisogna mantenere i nervi saldi».

Aurora ha già deciso che la donazione di midollo osseo diventerà l’argomento della sua tesi. Per lei è stata come una lente d’ingrandimento, che l’ha aiutata a mettere a fuoco sogni e obiettivi: «Prendersi cura degli altri comporta sacrifici, richiede empatia e capacità di condividere emozioni, ma restituisce molto anche dal punto di vista umano. La gratitudine dà valore a chi la prova e a chi la riceve».

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