Cronaca / Valle Seriana
Martedì 26 Luglio 2022
«Diana, sempre nel passeggino. Difficile strapparle un sorriso»
Leffe Il rammarico di chi incrociava la Pifferi. Martedì l’autopsia della bimba. La madre sorvegliata speciale in carcere a San Vittore: si temono aggressioni.
«Era una bambina carina, ma un po’ tristina: era difficile strapparle un sorriso, la madre la teneva sempre nel passeggino. A saperlo, avremmo potuto fare qualcosa di più per farla almeno sorridere. Ma chi avrebbe immaginato cosa c’era dietro?». È il rammarico a prevalere nelle strade assolate di Leffe a quasi una settimana dal ritrovamento del corpo senza vita di Diana Pifferi, la bimba di quasi un anno e mezzo morta di stenti – oggi (martedì 26 luglio) l’autopsia chiarirà anche se era stata sedata con delle benzodiazepine – per essere stata lasciata sei lunghissimi e afosi giorni da sola in casa, alle porte di Milano, dalla madre Alessia Pifferi, 36 anni, in carcere a San Vittore.
«A pensare che sette giorni fa quella donna era qui in paese mentre la figlia moriva, mi viene il magone – evidenzia una negoziante –. Quando facevamo notare alla mamma che Diana era un po’ smortina, le aveva già la risposta pronta: è nata prematura, di sette mesi, è un po’ gracilina. Invece ora salta fuori che già in passato l’aveva lasciata a casa da sola senza cibo. E pensare che invece lui, il compagno qui di Leffe (Mario D’Ambrosio, ndr), sembrava quasi più affezionato alla piccola». Dalle indagini di Procura e Mobile milanesi è infatti emerso che già in passato la Pifferi, per sua stessa ammissione, aveva lasciato la figlia a casa per serate o notti che trascorreva fuori casa. Mai, invece, per un periodo così lungo come i sei giorni che sono costati la vita alla bambina.
L’esito dell’autopsia – in programma in mattinata all’Istituto di medicina legale di piazzale Gorini a Milano – potrebbe addirittura aggravare la posizione di Alessia Pifferi: se dovesse emergere che la bimba aveva assunto l’«En», l’ansiolitico di cui è stato trovato un flacone quasi vuoto nella casa di Ponte Lambro a Milano, potrebbe infatti essere contestata alla trentasettenne anche l’aggravante della premeditazione. In carcere a San Vittore la donna è sottoposta – su ordine del gip Fabrizio Filice – al regime di sorveglianza speciale: da un lato si temono suoi gesti autolesionistici, dall’altro è alto il timore che possa essere aggredita da altre detenute, vista l’accusa per cui è in carcere, ovvero l’omicidio volontario della figlia di un anno e mezzo.
L’apice di una situazione che si protraeva dalla nascita di Diana – avvenuta prematura il 29 gennaio 2021 nella casa del compagno a Leffe – e che nell’ordinanza di convalida del fermo il gip ha definito come «un’ampia e franca possibilità di condotte reiterative di tipo abusante e maltrattante, non escludibilmente anche di tipo violento e persecutorio». In altre parole, Diana veniva trattata in modo crudele praticamente tutti i giorni dalla madre, quasi che la bimba fosse per lei un fastidio, tanto da non chiedere mai un aiuto o almeno un supporto quando stava lunghe ore o addirittura notti intere fuori casa, a sua madre – che ieri ha scritto sui social «mia figlia è un mostro» – o a sua sorella, con le quali i rapporti erano logorati. Alessia Pifferi non voleva essere sempre giudicata, ha spiegato, freddamente, durante gli interrogatori. E ha fatto così prevalere l’orgoglio alla vita della figlia.
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