Dallo schianto in stazione alla speranza
La lotta di Paolo per tornare in piedi

Ferito nello scontro tra due bus a Gazzaniga, lo studente sedicenne racconta la sua battaglia. Otto interventi alle gambe e una complessa riabilitazione: «Non sarà come prima ma tornerò a camminare».

Stupenda giornata quella di domenica scorsa in alta valle Seriana. E non soltanto per il tempo soleggiato e il panorama montano. Infatti domenica è stato il giorno del ritorno in famiglia per Paolo Marzupio, lo studente di 16 anni scampato allo scontro tra due pullman alla stazione dei bus di Gazzaniga il 24 settembre scorso.

Nello stesso incidente ha perso la vita un altro studente: Luigi Zanoletti di Ardesio, un dramma che ha segnato famiglie e comunità sul quale sono in corso indagini.

Dall’abitazione dove abita la famiglia Marzupio, al civico 1 di via Papa Luciani della contrada Novazza di Valgoglio , lo sguardo accarezza le montagne innevate che sovrastano gli Spiazzi di Boario, e anche il Monte Redondo e il Monte Calvera, sui fianchi del quale s’insinua la boscosa Valle Sedornia. Fa comunque freddo, la colonnina del mercurio segna quattro gradi sotto lo zero. Sono le dieci quando Giovanni Marzupio, con il figlio Paolo raggiunge la sua abitazione. In carrozzella il giovane studente viene aiutato a salire in casa. È tranquillo, sorridente, felice di poter trascorrere la giornata di domenica a casa (grazie ad un permesso speciale dei medici dell’ospedale di Gazzaniga che lo seguono), circondato dall’affetto dei genitori, Giovanni e Mariangela, della sorella Lisa e degli zii. Per l’occasione lo attende anche un piatto di casoncelli, preparati da Lucia Negroni, una delle sue pietanze preferite.

È sereno Paolo e lucidamente racconta come è cambiata la sua vita dopo il 24 settembre.

«Ricordo ben poco in quanto quando è avvenuto. Davo le spalle al pullman in arrivo. Quando sono rimasto con le gambe sotto il pullman sono svenuto. Al mio risveglio ricordo vagamente di aver notato la presenza dell’ambulanza, dei Vigili del fuoco, dell’elicottero, di tante persone».

Momenti di concitazione e stordimento nei quali però il dolore non pare abbia avuto il sopravvento: «In quel momento non ho sentito tanto dolore, ero in preda ad una strana sensazione, avevo voglia di chiudere gli occhi e di dormire. Poi in stato quasi confusionale ricordo la corsa dell’ambulanza all’ospedale di Monza. Qui mi hanno sedato. Sono stato ricoverato per due giorni in terapia intensiva e poi nel reparto di ortopedia».

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