Da Albino Letizia e Massimo. «Tre chili in due, i nostri guerrieri»

LA STORIA. Il 17 novembre si celebra nel mondo la Giornata mondiale della prematurità, quest’anno sul tema «Gesti semplici, grandi risultati». Pubblichiamo la storia di una famiglia che ha vissuto questa esperienza con Letizia e Massimo, nati all’ospedale Bolognini di Seriate alla 34a settimana.

Una gravidanza tanto attesa, assaporata in ogni suo attimo e conclusa con un parto a sorpresa, prima del termine. Lucrezia Manzoni e Angelo Filjari, entrambi 29enni di Albino, lo scorso 24 febbraio sono diventati genitori dei gemelli Letizia e Massimo. La data presunta del parto era prevista all’inizio di aprile, il 3, ma durante la notte del 24 febbraio Lucrezia ha rotto le acque, così da Bondo Petello (frazione di Albino dove vive la coppia) la corsa all’ospedale Bolognini di Seriate accompagnata da mamma Luciana (Angelo era in trasferta per lavoro in Austria). Il primo vagito è stato quello di Letizia, alle 11,32, con i suoi 1.495 grammi e poi, alle 12,21, l’ha seguita Massimo, nato con un peso di 1.875 grammi.

È stata la piccolina ad avere fretta di lasciare il grembo della mamma, rompendo il suo sacco: di conseguenza anche il fratello l’ha dovuta seguire. Subito sono stati affidati al reparto di Terapia intensiva neonatale, dove medici e infermieri per un mese si sono presi cura di loro.

L’evento improvviso

«È stata una gravidanza serena fino alla 30a settimana – racconta Lucrezia, imprenditrice nel settore fitness –: lì ho avuto una minaccia di parto e sono stata ricoverata. Ho proseguito poi fino alla 34a settimana, quando sono arrivati i bimbi. Il giorno prima avevo fatto degli esami, sembrava tutto a posto, ma la notte successiva ho rotto le acque. Con mia mamma sono corsa in ospedale a Seriate: Angelo era in trasferta in Austria, e in tutta fretta mi ha raggiunta nel pomeriggio. Nel frattempo i piccoli erano già nati: è stato un parto naturale, con poco dolore e veloce. Abbiamo visto per la prima volta i nostri bambini solo la sera, attraverso il vetro dell’incubatrice, con aghi, cannule ovunque e un supporto per la respirazione. Lì si sono mischiate sensazioni diverse: l’emozione di vedere il miracolo che avevamo fatto, ma anche la paura, tanta, per quello che sarebbe potuto accadere. Per una settimana i medici non si sono sbilanciati sulle loro condizioni di salute».

L’arrivo a casa

Una prassi, questa – è stato loro spiegato –, per permettere ai medici di «studiare» i bambini prematuri nelle prime fasi della loro vita. Il 24 marzo, dopo un mese esatto di degenza, il tanto sospirato arrivo a casa. «Andavo in ospedale due volte al giorno – prosegue Lucrezia –, consegnavo il latte per i bambini e trascorrevo del tempo con loro. La sera ci raggiungeva anche Angelo. Dopo una settimana abbiamo potuto parlare con i medici che ci hanno rassicurato, pur rimanendo cauti. Un’esperienza che come coppia ci ha uniti molto, ci siamo fatti forza».

Il 24 marzo è stato un giorno importante, «è iniziata ufficialmente la nostra vita a quattro – prosegue questa giovane mamma –. Letizia ha lasciato l’ospedale che pesava 2 chilogrammi e Massimo 2,2. I primi mesi sono stati difficili: i piccoli era diffidenti, non erano abituati al contatto umano e noi eravamo in apprensione perché spesso pensavamo potessero avere ancora bisogno di supporto per la respirazione. Non sono infatti mancate le chiamate in reparto per chiedere consigli. Ora, fino ai due anni, saranno sottoposti a diverse visite, ma tutto sta procedendo bene. In ospedale abbiamo trovato tanta umanità e professionalità. Se potessi dare un suggerimento, darei vita a degli spazi di condivisione per genitori: ognuno è chiuso nel proprio dolore».

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