Covid, a Nembro nascerà il Memoriale: cento alberi per ricordare le vittime

Il progetto svelato lunedì 26 luglio ai cittadini dal sindaco Cancelli al Modernissimo: oltre ai cipressi, un pannello riflettente e i nomi dei 188 morti della primavera 2020 su pannelli di vetro. «Luogo che susciti vicinanza».

Cento cipressi. Una lastra che riflette il cielo, una panca in pietra grezza perché si deve stare seduti, quando il ricordo è troppo pesante. Poi una targa che non è una targa, ma il libro del dolore di Nembro, con quei 188 nomi serigrafati sopra, i nomi dei morti di Covid nel 2020. Nembro non dimentica e vuole lasciare un segno, un monumentum a eterna memoria della sua catastrofe iniziata il 23 febbraio di un anno fa. Sorgerà nell’area verde comunale vicino all’Oasi Saletti, alle scuole medie, il cimitero, le piste ciclopedonali: «Un luogo raccolto, spazio di meditazione e pensiero nel ricordo di tutte le vittime di quel periodo, segno riconoscibile della tragedia che abbiamo attraversato ma anche dell’eredità che ci è stata trasmessa dalle persone che ci hanno lasciato».Queste le parole scelte dal sindaco Claudio Cancelli per invitare la popolazione all’incontro che si è tenuto lunedì sera nell’auditorium Modernissimo e, vista la limitata capienza dovuta alle norme anticontagio, anche in streaming, per presentare lo studio di fattibilità del «Luogo della Memoria in ricordo dei defunti mancati dal 23 febbraio al 30 aprile 2020 e della tragedia che ci ha colpito nell’anno del Covid».

Centottantotto: tanti sono i nembresi portati via dal virus in quel periodo. Prima ci fu il senso di colpa per l’abbandono inumano dei nostri malati al loro destino, costretto dalle condizioni di allora. Il sindaco parla di «nostri cari deceduti senza un funerale e privi di qualsiasi forma di congedo». Cancelli la paragona a «una forma di tradimento, venendo meno al gesto umano più semplice dell’accompagnamento dei cari nel passaggio dalla vita alla morte». Poi l’ansia del ricordo, la paura dell’oblio, «il bisogno di riparazione rispetto a ciò che non avevamo potuto garantire». Un ricordo che si fa «impegno della comunità in una rinascita, segno anche di rispetto di quanti abbiamo perso in quella stagione così difficile. Molti hanno chiesto un segno, un simbolo e ci sono state molte ipotesi». L’architetto Fabrizio Bertocchi spiega che «l’idea di fare una cappella o un luogo statico a molti non era piaciuto: la voragine di dolore, di dispiacere per le persone che non ci sono più è stata talmente grave che richiedeva uno stimolo alla memoria, alla vicinanza. Abbiamo pensato a un luogo di pensiero, in un’area di 3.200 metri quadrati, con veduta sul monte Misma e sul Cereto, che permettesse anche un avvicinamento consapevole, una partecipazione viva».

I due fondamenti

Due i pilastri del progetto: un bosco di cipressi e lo specchio del cielo. «Il cipresso è una pianta molto nobile che mantiene la sua forma individuale perfetta – a spiegato il progettista –, ma vedendo un gruppo libero di cipressi può far nascere la sensazione di comunità viva eppure composta da singoli elementi». Poi lo specchio sul cielo: «In tutte le religioni il collegamento con l’eterno è fatto attraverso il cielo. Si pensa a una superficie specchiante, messa a livello del prato e, vicino, una panca di pietra grezza, in modo che chi si avvicina possa sedersi e contemplare, pregare. I nostri morti, quasi 200, sono stati parte della nostra vita, non c’è alcun modo di ricordarli se non mettere il loro nome seguendo la data della loro scomparsa». E, possibilmente, inaugurare il loro memoriale il prossimo 18 marzo, Giornata mondiale di ricordo delle vittime del Covid.

L’idea è di serigrafarli su uno sfondo di cristallo, lasciando intravedere il panorama retrostante. Tre o quattro pannelli sistemati lungo il percorso di avvicinamento a questo luogo. Bertocchi illustra le due ipotesi sul tavolo relative al percorso di avvicinamento, che aprono il dibattito finale: per entrambe, un sentiero largo un metro e mezzo, ma (prima ipotesi) a L con i due lati che convergono dal ponte del Carso e l’altro dal cimitero, oppure ad arco di cerchio (la seconda). Soluzioni equamente prescelte da chi è intervenuto al termine della presentazione, con l’arciprete don Antonio Guarnieri su tutti che ha chiesto che «i pannelli siano messi vicino al luogo di meditazione», tesi fatta presente anche da altri partecipanti alla serata, mentre l’architetto motiva la sua soluzione con la «necessità di mettere i nomi in premessa, per lasciare poi spazio alla riflessione personale, senza interferenze». Dalla platea un plauso al cielo riflesso, magari proposto in forma circolare «o sbordato, perché il cielo che noi facciamo sulla terra è sempre un po’ imperfetto».

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