«Siamo come dispensatori di felicità. Per me un dono allenare questi atleti»

LA STORIA. Gianni Marcarini, dopo l’esperienza con Martina Caironi, accompagna i ragazzi dell’Associazione Omero.

«La cosa più bella, quando corro, è il senso di libertà che provo, sentire l’aria sul viso». Ci sono grandi sorrisi sui volti di Gabriel, 17 anni, e dei suoi compagni di squadra Daniele, Efrem, Fulvio, Fatima, Egle, Lara, mentre si riscaldano sulla pista del centro sportivo di via delle Valli, in città. Sono i ragazzi dell’atletica Omero, associazione sportiva dilettantistica per non vedenti e ipovedenti.

La loro allegria fa breccia negli occhi e nel cuore del loro allenatore Gianni Marcarini: «Mi piace pensare a me stesso e agli altri volontari e preparatori come dispensatori di felicità. La soddisfazione più grande per me, adesso, è stare accanto a questi giovani e aiutarli a esprimersi al loro meglio nello sport. Ho 69 anni e ho realizzato tanti sogni, l’ultimo è stato portare Marina Caironi alla vittoria della medaglia d’oro nei 100 metri alle Paralimpiadi. Ora è tempo di pensare a loro».

In pista con Martina

Gianni ha espresso in tanti modi, nella vita, la sua passione per l’atletica: «Ho iniziato gareggiando come mezzofondista, ma i miei tempi non erano eccellenti. Poi le ginocchia mi hanno abbandonato, e sono passato dalla parte degli allenatori. Sono diventato subito istruttore tecnico del settore giovanile, poi ho continuato seguendo tutte le tappe di questa carriera: allenatore nazionale, poi specialista in tutte le discipline del settore giovanile e negli assoluti di mezzofondo. Allenavo ad Alzano e quando è arrivato il Covid ci siamo fermati, le persone a poche centinaia di metri dal campo sportivo morivano a causa della pandemia. Pensavo di smettere ma poi mi è arrivata una telefonata dalle Fiamme Gialle: mi hanno chiesto di allenare Martina Caironi. All’inizio pensavo a uno scherzo, poi invece ho capito che si trattava di una proposta seria e ho accettato».

Storia di successi

È iniziato un percorso in continua ascesa per entrambi, costellato da tanti successi: «Ci siamo trovati subito benissimo. Dopo due mesi, Martina aveva già ottenuto il suo primo record del mondo, nel salto in lungo. Quell’anno ci siamo dedicati a migliorare tutti i suoi risultati personali. Così lei nel 2022 ha raggiunto il record del mondo nel salto in lungo indoor con 5,23 metri e nel salto in lungo outdoor con una misura di 5,46, ragguardevole anche per un atleta senza disabilità. È riuscita poi a correre i 100 metri in 14,02”. In quel periodo, insomma, qualunque tentativo facesse otteneva un record del mondo. L’anno dopo ci siamo concentrati sui Mondiali paralimpici. Martina ha vinto l’argento nei 100 metri e l’oro nel salto in lungo. L’anno dopo andavamo bene in tutto, ma c’è stato un ostacolo imprevisto, un brutto strappo venti giorni prima delle Paralimpiadi. C’è chi dopo un infortunio così si limita a guardare le gare in televisione, ma lei non si è arresa, così siamo partiti per Parigi. Nella gara di salto in lungo ha raggiunto una misura di 5,06, conquistando così una medaglia d’argento preziosissima. Il giorno dopo nei 100 metri ha vinto l’oro, ed è stata una soddisfazione così grande che non si può raccontare. Prima della gara avevo una tale paura che non riuscivo a muovermi, durante la gara il mio cuore ha raggiunto i 158 battiti a riposo, alla fine invece potevo sorridere e mi sono rilassato».

Un nuovo ruolo

Quando è tornato a casa Gianni stava pensando di andare in pensione: «È stato il culmine di una bella carriera, in cui ho avuto tante esperienze straordinarie, come quella di allenare la squadra di Gelindo Bordin per sei anni. Rispetto a questo, allenare gli atleti paralimpici è una bella sfida, ogni volta diversa. Non si possono preparare esercizi che vadano bene per tutto il gruppo, perché ognuno ha le sue caratteristiche, limiti e talenti. Ci vuole una strategia mirata. L’inclusione è la parola più bella che ci sia quando si realizza, ma perché sia possibile ci vuole molto impegno. Per essere vincenti conta il pensiero, è la testa che fa tutto».

«Un dono»

Così quando gli hanno proposto di dedicarsi ai ragazzi dell’atletica di Omero ha accettato volentieri: «Sarebbe stato un peccato disperdere ciò che ho appreso invece di usarlo per dare una mano ad altri ragazzi. Per stare bene con gli atleti occorre essere anche un amico per fare gruppo, e per me che sono quasi un nonno per loro, non è facile, ma ce la faremo. Sono contento dei risultati che stanno ottenendo, si impegnano moltissimo. Quello che mi preme è potergli regalare un po’ di felicità, che è la cosa più bella che un allenatore possa fare. Arrivati alla mia età si sente la responsabilità di agire per il bene degli altri. Abito a Leffe e devo fare il pendolare, mi trovo per lunghi periodi in coda, vedo intorno a me tanti automobilisti che si agitano e sbraitano ma io sono felice, faccio quello che mi piace nella vita. Stare accanto a questi atleti è un dono, e non so cosa possa aver fatto per meritarmelo. Non bisogna mettere mai le redini ai sogni, è un regalo che facciamo anche a noi stessi».

Le testimonianze

Nel suo gruppo c’è chi, come Gabriel Primavera, 17 anni, di Nembro, ha iniziato da poco, ma con tanto entusiasmo: «Mi alleno con regolarità da gennaio – racconta –. Mi sono specializzato nella corsa, che mi piace molto. Qui ho trovato un ambiente accogliente e gli allenatori sono simpatici. Ho iniziato lo stesso giorno in cui è arrivato Davide, il ragazzo che mi fa da guida: da allora corriamo insieme e siamo diventati amici. Mi piace correre perché mi fa sentire libero con il vento in faccia». Gabriel ha perso la vista gradualmente quando aveva 10 anni: «Questo facilita il compito alle persone che mi descrivono le cose e mi permette di farmi un’idea precisa degli oggetti, in base ai miei ricordi. Mi sono abituato rapidamente alla mia nuova condizione, forse è stato più difficile per la mia famiglia, che ha dovuto abituarsi a relazionarsi con me diversamente».

Gabriel partecipa anche alle attività per adolescenti e giovani organizzate da Omero: «Ci sono dei “campi” che durano alcuni giorni e ci aiutano ad accrescere l’autonomia personale. Trascorriamo alcuni fine settimana fuori città, il mese scorso per esempio siamo andati in montagna, abbiamo ciaspolato e sciato. La prossima estate andremo in barca a vela sul lago. Sono sempre esperienze molto belle e intense».

«Sono felice di poter dare una mano, questa esperienza mi ha permesso di condividere con gli atleti tanti successi»

Avere un allenatore esperto e motivato come Gianni ha rafforzato l’entusiasmo di Daniele D’Adda, 14 anni, di Almenno San Salvatore: «Ho iniziato a frequentare le attività di Omero quattro anni fa, e mi alleno per tre volte alla settimana, due in pista e una in palestra. Mi piacciono sia la corsa veloce sia quella di resistenza, il salto in alto e in lungo. Ho fatto la mia prima gara a marzo ad Ancona e sono arrivato secondo nel salto in lungo. Mi ha accompagnato una delle mie sorelle ed è stato un momento molto emozionante».

Rino Ferrari ha iniziato a frequentare Omero 25 anni fa per affiancare come guida l’amico Guglielmo Boni, e non ha più smesso, oggi è anche viceallenatore: «Sono felice di poter dare una mano, questa esperienza mi ha permesso di condividere con gli atleti tanti successi, con Guglielmo siamo diventati campioni italiani di maratona e mezza maratona, e di recente anche vicecampioni italiani nei 10 mila metri. Il bello di fare sport accanto a persone non vedenti è aiutarle a migliorare sempre, e in questo modo superare anche se stessi e i propri limiti. Qui alleniamo tutti, anche quelli che non faranno mai una gara nella vita, ma proponendo loro sempre di raggiungere degli obiettivi che li aiutino a crescere».

In cerca di volontari

Il gruppo è aperto a ragazzi con diverse disabilità sensoriali e fisiche come Efrem Bona, che ha perso una gamba in un incidente quando era piccolo: «Sono contento di fare parte di questo gruppo molto unito, mi piace molto correre e sogno di essere il primo atleta paralimpico a scendere sotto i 10 secondi nei 100 metri».

«Fare sport aiuta a sfogare le cose brutte che succedono, si portano ai margini della pista e si lasciano lì»

Fatima Laxar ed Egle Ventimiglia, 14 anni, puntano soprattutto a divertirsi, a stare bene con gli altri, e sono felici di poter arrivare con il pulmino guidato dai volontari che le accompagna agli allenamenti: «Durante lo spostamento cantiamo e facciamo merenda, e quando arriviamo è bello trovarci con gli altri e gli allenatori».

Per alcuni, come Fulvio Sala, 17 anni, e Lara Montanelli, 19, lo sport diventa una valvola di sfogo importantissima: «Nei momenti di maggiore tensione, con tante interrogazioni e verifiche, fare sport aiuta a sfogare le cose brutte che succedono, si portano ai margini della pista e si lasciano lì».

«Nascono alleanze e amicizie»

Ogni atleta per poter correre ha bisogno di una guida che lo affianchi, come fa da qualche mese Davide Milesi: «Ho conosciuto Omero grazie ad amici di famiglia e sono stato contento di iniziare ad allenarmi insieme a Gabriel a gennaio e da allora lo affianco nella corsa e siamo diventati amici. Sono laureato in Scienze Motorie e sto proseguendo con il corso di laurea magistrale. Per me è un mondo nuovo, sono anche allenatore di pallacanestro, qui trovo uno stimolo in più. Sono rimasto colpito dall’attenzione e la cura degli allenatori ma anche dalla fiducia dei ragazzi. Difficilmente scorderò il primo allenamento, che mi ha emozionato molto, spingendomi a continuare. Il compito delle guide è delicato ma può riservare molte soddisfazioni e una grande crescita dal punto di vista umano». C’è un grande bisogno di nuove guide e Monica Bonacina, che si occupa di tante iniziative per l’associazione, lancia un appello: «Ci piacerebbe sensibilizzare la comunità e soprattutto i giovani: abbiamo bisogno di aiuto, ci occorrono volontari giovani a cui piaccia correre e che possano accompagnare i nostri atleti, dedicando loro un’ora alla settimana. È una bella esperienza in cui nascono alleanze e amicizie che spesso poi durano per tutta la vita».

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