Cronaca / Valle Imagna
Martedì 23 Giugno 2020
Emergenza medici di base in provincia
Ats li inviterà a rimandare la pensione
Entro fine luglio mancheranno 66 camici bianchi in provincia. «Chiederemo di posticipare l’uscita in attesa di trovare presto i sostituti».
Chiedere ai medici prossimi alla pensione di posticipare il meritato riposo, almeno di qualche mese. Giusto il tempo per cercare sostituti «in modo intensivo». È una delle soluzioni scelte da Ats Bergamo per arginare la carenza di medici sul territorio della provincia. Un problema che la stessa Ats considera di assoluta urgenza, perché nelle prossime settimane molti ambulatori sono pronti a svuotarsi. Un po’ perché molti camici bianchi andranno in pensione, un po’ perché alcuni dei medici provvisori che finora hanno tappato i buchi sul territorio hanno deciso di fare marcia indietro e tornare alla carriera ospedaliera.
I numeri sono la fotografia precisa delle difficoltà a cui andranno incontro i cittadini. Ats spiega che «dal 1° gennaio al 31 maggio 2020 ci sono stati 23 medici dimessi titolari (tra cui 7 per raggiunti limiti di età), 6 medici sono purtroppo deceduti e sono venuti meno 12 medici con incarico provvisorio (che hanno preso una strada diversa come ad esempio il lavoro in ospedale piuttosto che l’ingresso in specialità o, ancora, che sono andati altrove ovvero hanno fatto altre scelte professionali)». Il bilancio conclusivo è chiaro: «Prevediamo che al 31 luglio mancheranno 66 medici tra pensionamenti e incarichi provvisori che vanno a scadenza». In così poco tempo il dipartimento «Cure primarie» di via Gallicciolli dovrà quindi trovare una via d’uscita per coprire il 10% del totale dei medici bergamaschi sul territorio (in totale 666).
Un problema già enorme e destinato ad aggravarsi nei prossimi mesi quando sono previsti altri pensionamenti. Come si interverrà? «Un primo passaggio sarà quello di incontrare tutti i medici prossimi al pensionamento per chiedere loro se c’è la possibilità che posticipino l’uscita di qualche mese, al fine di continuare ad assicurare un riferimento ai pazienti, mentre Ats continua a cercare sostituti in modo intensivo. Così come Ats incontrerà chi è appena andato in pensione».
Un’altra possibile strada è puntare sugli infermieri di famiglia, nuova figura che dovrebbe fare da punto di riferimento per le richieste del territorio. Gli infermieri potranno seguire i malati cronici, i pazienti dimessi dall’ospedale, e tutte le famiglie che necessitano di formazione e istruzioni continue. «La soluzione del problema - continua Ats - è complessa e richiede un approccio di ambito di medicina generale, magari aumentando i massimali e cercando di valorizzare il personale di studio e gli infermieri di famiglia che saranno disponibili (la stima è di circa 170) nei prossimi mesi. È evidente come sia un lavoro articolato, che richiede la necessaria condivisione con i medici, con i sindaci, con gli infermieri e, chiaramente, il processo è complesso».
I casi più urgenti riguardano nove ambulatori: Castelli Calepio, Pedrengo, Cologno al Serio, Zogno, Albano Sant’Alessandro, Verdellino-Ciserano, Calcio, Almenno San Bartolomeo, Cene, per un totale di 11.583 assistiti.Ats Bergamo ha postato un annuncio sul sito dell’Ordine dei medici di Milano per chiedere l’aiuto di nove medici provvisori. «A giovedì 18 giugno abbiamo trovato tre medici, quindi il fabbisogno di brevissimo periodo è sceso da 9 a 6. E abbiamo avuto due risposte che stiamo verificando».
Un’altra soluzione riguarda l’impiego dei medici che stanno frequentando il corso post laurea «in modo tale che abbiano la possibilità di effettuare sostituzioni temporanee dei medici all’interno del percorso formativo». Per questo punto però Ats sta ancora dialogando con Regione Lombardia. «È evidente che il tema è difficile e che sconta una non previdente programmazione della dinamica tra pensionamenti e nuovi ingressi. Ats Bergamo sta attivando tutte le leve a sua disposizione per governare nel miglior modo possibile questa situazione – commenta Massimo Giupponi, direttore generale di Ats –. Per farlo è necessaria una forma di raccordo e di collaborazione tra le diverse figure professionali, per arrivare anche a un’assunzione di responsabilità condivisa da parte delle varie realtà presenti sul territorio: medici, farmacie, comuni, operatori sanitari, infermieri e rete sociosanitaria. Sono sicuro che il lavoro di raccordo e di relazioni che si è sviluppato in Ugoretec (Unità di governo delle reti territoriali Covid) in questi mesi faciliterà questa azione di raccordo».
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