Banche, chiusura in vista per 33 sportelli
Previsione 2019, penalizzata la montagna

Tra questi Torre de’Roveri, Ubiale e Berbenno. Gli istituti puntano al digitale, penalizzata la montagna. Corna (Cisl): i Comuni mettano a disposizione gli spazi.

Operazioni bancarie? Sì, ma non agli sportelli. I principali istituti di credito stanno chiudendo sempre più filiali e presìdi sul territorio. Fenomeno che si verifica in tutto lo Stivale, e Bergamo non fa eccezione. La «Federazione italiana reti dei servizi del terziario» Cisl (First) denuncia che entro la fine del 2019 Ubi, Intesa e Banco Bpm chiuderanno – complessivamente, cioè sui tre istituti – 33 sportelli nella nostra provincia, in seguito a piani di riorganizzazione aziendale. Per limitarci alla sola Ubi, la sigla sindacale segnala che entro la fine dell’anno si abbasserà la serranda a una filiale e 12 minisportelli fra cui Torre de’ Roveri, Ubiale Clanezzo e Berbenno. Di più: se nel 2010 fra Valle Seriana e Valle Brembana – dove, sostiene la Cisl, dal 2010 al 2017 i prestiti nel settore moda, tessile e fabbricazione delle macchine sono diminuiti di 682 milioni - si contavano complessivamente 93 sportelli di varie banche, nel 2017 la cifra è scesa a quota 76. Lasciando 22 comuni orobici completamente sprovvisti di filiali o sportelli.

E a quel punto, se un cittadino deve fare un bonifico o pagare un f24, si prospettano due sole soluzioni. O si «migra» verso il paese più vicino dotato di questi servizi bancari o ci si rassegna a usare le applicazioni per smartphone, tanto snelle ed economiche (soprattutto per le banche) quanto difficili e impersonali per chi è a digiuno di tecnologia. Ed è proprio su questo fronte che negli ultimi anni le banche hanno puntato, ripensando anche il modello di filiale e trasformando l’operatività da analogica a digitale: per esempio, Ubi banca ha previsto un investimento in Italia che comporterà l’ammodernamento di circa 700 filali entro il 2020.

Per chi non si rassegna alla chiusura dei presìdi bancari, potrebbe esserci però uno spiraglio. A intravederlo è Francesco Corna, segretario generale Cisl Bergamo: «Gli sportelli bancari diminuiscono a vista d’occhio, e a farne le spese sono soprattutto i paesi di montagna, dove spesso rappresentano l’ultimo punto di riferimento economico presente. In gioco c’è la sopravvivenza stessa dei piccoli centri: ecco perché proponiamo un accordo territoriale che permetta ai comuni o alle Comunità montane di individuare spazi da allestire a sportello bancario, magari “multimarca”. Una prospettiva da condividere per venire incontro alle esigenze di una popolazione altrimenti abbandonata». L’appello del sindacato è chiaro e concreto, e aggirerebbe l’ostacolo «risorse». Se alle banche, nei piccoli comuni, non conviene tenere aperti sportelli e filiali (l’elenco delle spese è lungo: affitto, utenze, risorse umane), le forze sociali potrebbero – è l’auspicio della Cisl - garantire agli istituti di credito spazi idonei ai servizi bancari, con spese praticamente a zero. Con il duplice obiettivo di mantenere i servizi fondamentali per la comunità, e non far morire i piccoli comuni. Anche perché: secondo i dati snocciolati dal sindacato, gli italiani continuano a entrare in filiale: in 26 milioni si rivolgono tuttora a uno sportello bancario, ossia il 51,7% della popolazione maggiorenne.

«La gente non vuole la chiusura – assicura Giovanni Salvoldi, segretario generale di First Cisl Bergamo -. Le banche hanno un’importante responsabilità sociale, ed è fondamentale mantenere e difendere la capillarità del servizio, con particolare riferimento alla presenza di sportelli nelle zone più disagiate».

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