«Don Spada, un vero condottiero»

IL RICORDO. Tratti e carisma dello storico Direttore de «L’Eco di Bergamo» nei ricordi di chi lavorò con lui. Lunedì 2 dicembre il convegno in Città Alta.

Ha avuto ragione Alfredo Piantoni quando, dopo quasi due ore di ricordi e aneddoti, ha chiuso il dibattito in modo perentorio come sanno ben fare gli scalvini: «Sulla vita straordinaria di monsignor Andrea Spada non finiremmo mai di raccontarne. E ne vale proprio la pena, quindi ritroviamoci ancora e facciamolo più spesso». Sono state queste le parole del presidente dell’associazione dedicata allo storico Direttore de «L’Eco di Bergamo».

L’occasione, sabato 30 novembre nel suo paese natale, Schilpario, in una data molto cara al sacerdote-giornalista, vale a dire la festa dell’onomastico, ma da vent’anni esatti anche vigilia del giorno in cui è morto.

«Monsignor Spada, un condottiero»

«Era un condottiero, una vera auctoritas, perché gli veniva riconosciuta una superiorità», ha rimarcato Franco Cattaneo, già vicedirettore de L’Eco, oltre che giornalista della redazione di Spada. Con il direttore Alberto Ceresoli ha ripercorso la storia del quotidiano e di colui che ne ha retto il timone per 51 anni fino al 1989. «Sono stato l’ultimo giornalista assunto da monsignor Spada, nel 1987 – è stato il ricordo di Ceresoli –. Mi fa impressione sentirmi dire che sono il suo successore. Lui riformò il giornale che nacque molto prima, nel 1880. Lo fece diventare il primo quotidiano provinciale d’Italia in quanto a diffusione. Il Direttore mi ha colpito per come sapeva gestire questo mondo complesso, oggi ancora più di quegli anni. In ufficio ho il ritratto che mi avete regalato proprio voi di Schilpario, nelle situazioni delicate lo guardo e mi viene da chiedergli: “Cosa avrebbe fatto, Direttore, al posto mio?”».

Gli è venuto in aiuto Cattaneo: «Sarebbe a disagio, non sarebbe riuscito a lavorare. Lo dico con certezza, perché lo ammise su se stesso una persona che Spada teneva in grande considerazione, Indro Montanelli. Quest’ultimo sosteneva di non riconoscersi più nel giornalismo per come era diventato. E perché quelli erano gli anni d’oro, il nostro quotidiano aveva toccato punte di vendite oggi inimmaginabili, come per le altre testate». L’introduzione della stampa a colori, certo, ma pure l’assunzione di giornalisti e collaboratori. «Da condottiero – ha ripreso Cattaneo – Spada ha svolto appieno la sua missione, la buona battaglia dalla parte giusta della storia». Per rimarcare: «Ci ricordava che L’Eco entra nelle case e quasi sempre con delle brutte notizie. Voleva che fosse il “fratello buono” e raccomandava prudenza nella cronaca nera, garbo nelle situazioni più critiche e dolorose».

L’amore per gli Stati Uniti

Ha riecheggiato la parola «balòs», con il sindaco Claudio Agoni e monsignor Leone Lussana pure al tavolo dei relatori, insieme a Ceresoli, Cattaneo e Piantoni. Quando uno scalvino ti dice «fàlô fò dè balòs» significa che ti scambia per un furbo, un birbone. Spada definiva così chi non lo convinceva del tutto o le situazioni in cui non si ritrovava. Non era il caso però degli Stati Uniti: «Qualcuno lo considerava un anticomunista – è entrato nel merito Franco Cattaneo –, ma quello che lo caratterizzava era l’amore per l’America. Continuava a parlare della sua visita al New York Times e avrebbe voluto mettere a tutti noi giornalisti la stessa giacchetta blu che aveva visto là. Ci rimase male».

Aveva rapporti personali con grandi come Giovanni XXIII, «uniti da storica amicizia e stima» ha detto Ceresoli

Poi l’amore per gli aerei e il vezzo di farsi portare ad ammirare decolli e atterraggi a Orio. «Si gustava la vista dalla terrazza dell’aeroporto, ci andava anche soltanto per un caffè», è stato ricordato. Il giovane cronista Ceresoli era in difficoltà quando non riusciva a tenergli aggiornata la seguitissima rubrica di arrivi e partenze, specie con l’introduzione dei charter. Ha sorpreso i più il ritratto inaspettato di un monsignor Spada «affabile», come lo ha definito Cattaneo, ma pure «irripetibile». Aveva rapporti personali con grandi come Giovanni XXIII, «uniti da storica amicizia e stima» ha detto Ceresoli, o Flaminio Piccoli, Giovanni Spadolini, don Primo Mazzolari, padre David Maria Turoldo...

«Monsignor Spada per anni è stato il nostro faro, per tutta la gente di Schilpario, e dobbiamo dirgli grazie»

È stata la bibliotecaria Cristina Grassi a sottolineare come l’incontro era inserito, giustamente, in un percorso di importanti figure che hanno dato lustro a Schilpario: il cardinal Angelo Mai nel 170° della morte, monsignor Simon Pietro Grassi nel 90° e, appunto, monsignor Spada e, con lui, il nipote Mario Mai che per 38 anni fu sindaco del paese, mancato 40 anni fa. L’attuale primo cittadino è stato al suo fianco: «Ricordo che zio e nipote non parlavano mai di politica o del Comune e toccava a me fare da intermediario» ha detto Agoni, per poi concludere: «Monsignor Spada per anni è stato il nostro faro, per tutta la gente di Schilpario, e dobbiamo dirgli grazie». Monsignor Leone Lussana che ha anche presieduto la Messa nella chiesa di Santa Elisabetta è tornato con il pensiero all’ultimo periodo di vita del Direttore, proprio a Schilpario: «La sua è stata un’umanità forte, forse con una certa riservatezza, ma che rivela l’anima vera della gente di montagna».

Lunedì 2 dicembre il convegno in Città Alta

Lunedì 2 dicembre, nel ventesimo anniversario della scomparsa, proseguono le iniziative organizzate per commemorarne l’indimenticata figura. Alle 11, nella chiesa del Conventino in via Gavazzeni a Bergamo, monsignor Arturo Bellini celebrerà una Messa in ricordo di monsignor Spada.

Alle 18 le iniziative si sposteranno nell’aula magna dell’Università degli studi di Bergamo in piazzale Sant’Agostino (Città Alta), che ospiterà un convegno dove verrà tratteggiata la figura di monsignor Spada attraverso i suoi scritti. Durante l’incontro di lunedì 2 dicembre interverranno Alberto Ceresoli, direttore de «L’Eco di Bergamo», e Francesco Battistini, inviato del «Corriere della Sera».

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