Trasporto pubblico
Il test delle risorse

L’ultimo caso è di ieri: studenti diretti agli istituti superiori di Trescore costretti, poco prima delle 8, a chiamare mamma e papà per farsi portare a scuola in auto, perché i pullman sì, passavano anche, ma erano talmente pieni da non aprire nemmeno le porte. Sono aumentati, certo, i ragazzi che prendono l’autobus: i dati dicono che negli ultimi quattro anni l’utenza del trasporto extraurbano è cresciuta quasi del 9%, e ad alimentare questo segno più sono soprattutto loro, la popolazione scolastica. Quegli stessi ragazzi che, con i loro «venerdì» ispirati dalla coetanea Greta Thunberg, hanno attirato l’attenzione del mondo sui problemi del cambiamento climatico e sulla necessità di stili di vita più sostenibili.

La sensibilità è cresciuta anche nelle istituzioni, a tutti i livelli, ma ancora fatica in molti casi (anche per innegabili limiti di bilancio) a tradursi in azioni concrete. Forse proprio il trasporto pubblico - specialmente quello interurbano, su un’area molto vasta che include anche zone svantaggiate: l’urbano racconta una storia un po’ diversa - è la cartina tornasole di questo problema: chi può dirsi in disaccordo con la necessità di potenziare e migliorare il servizio, per ridurre l’uso del mezzo privato? Eppure in provincia negli ultimi anni è successo il contrario: chilometri di corse degli autobus «rosicchiati» (oltre 300 mila tra il 2015 e il 2018), risorse calate (soprattutto a partire dalle «batoste» economiche e dalle modifiche di funzioni subite dalle Province) e acrobazie per far tornare i conti, che hanno portato a concentrare sempre di più le corse nelle ore di punta e scolastiche, a tutto svantaggio di un uso allargato del servizio, che guardi per esempio anche al turismo. Quei turisti che magari, per andarsene sul lago o a visitare i castelli della Bassa, sarebbero disposti anche a pagare un po’ di più, ma si trovano invece con un servizio diradato, con buchi di orario che difficilmente incentivano l’esplorazione ad ampio raggio di un territorio che peraltro, invece, sta cercando sempre di più di scommettere sulle sue tante bellezze.

Ora la Provincia prova, con un contributo straordinario da 100 mila euro, a mettere una pezza ai sovraffollamenti più critici registrati in questo inizio di anno scolastico, lanciando nel contempo un appello a tutti i soggetti coinvolti per cercare di far squadra e dare qualche certezza. Una rete che sia attiva con continuità, anche nei festivi e nelle ore «di morbida», richiede inevitabilmente risorse. Anche pubbliche: nella pur virtuosa Bergamasca, le entrate da biglietti e abbonamenti coprono poco meno del 43% dei costi (nell’urbano si arriva al 51%), per cui il servizio, alle condizioni attuali, non è in grado di stare in piedi da solo. Soprattutto in quelle zone disagiate, per le distanze o per densità di popolazione, in cui i freddi numeri dicono che forse non converrebbe nemmeno mandarcelo, il pullman.

Eppure un trasporto regolare, frequente, garantito (magari sostenuto anche da misure per migliorare la velocità commerciale degli autobus nel traffico), potrebbe diventare un volano per incoraggiare qualcuno in più a lasciare auto o moto in garage, alimentando un meccanismo virtuoso, di domanda e offerta al rialzo. L’ormai prossima (pur parecchio accidentata) gara per l’assegnazione del servizio è un’occasione per ridisegnare il sistema - integrando tra l’altro le realtà urbane ed extraurbane - e tentare nuovo slancio in questa scommessa, dopo anni in cui, tra allarmi di imminenti tagli e successivi - e a volte parziali - rattoppi, si è spesso dovuto navigare a vista. Il punto di partenza restano, inevitabilmente, le risorse: è con i numeri, alla fine, che si dice se questa sia davvero riuscita a diventare una priorità.

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