
La Buona Domenica / Valle Cavallina
Domenica 06 Aprile 2025
«Nella danza ci sentiamo vivi e leggeri». Andrea e Stefano, successo mondiale
LA STORIA. I due giovani con la sindrome di Down hanno trionfato agli Special Olympics Winter Games. Per loro medaglia d’oro.
«Quando ballo mi sento leggera, mi sembra di volare» dice Andrea Tomasoni, 29 anni, di Chiuduno. «La musica mi fa sentire bene» le fa eco Stefano Brevi, 34 anni, di Casazza. Insieme hanno messo davvero le ali sul palco degli Special Olympics Winter Games di Torino: con un’esibizione perfetta hanno vinto la medaglia d’oro nella danza sportiva, accompagnati dalla loro maestra Marianna Cadei della scuola Rosy Dance di Villongo.
Entrambi con la sindrome di Down, grazie al ballo, un passo alla volta, hanno imparato a sfidare limiti e pregiudizi, a superare se stessi, a porsi obiettivi che mai si sarebbero sognati di raggiungere.
L’inizio 12 anni fa
Hanno iniziato insieme dodici anni fa, e da allora hanno sempre condiviso questo percorso, formando una coppia armonica e ben affiatata. Si allenano per due volte alla settimana, come chiarisce Stefano, «il mercoledì e il venerdì». Lui ricorda: «Ho iniziato perché mi piaceva tanto andare a ballare. Penso che questo sia uno sport bellissimo, mi piace imparare passi e figure nuove, dal liscio alle danze standard» che secondo le regole di Federdanza, sono dieci: valzer inglese, tango, valzer viennese, slow fox, quick-step, samba, cha cha cha, rumba, paso doble, jive.
La passione per lo sport
Stefano le segue e impara con disciplina e attenzione: «È uno sport speciale – spiega – perché c’è la musica, che mi piace molto, e mi permette di stare sempre in movimento. Quando ero più piccolo sciavo, ho iniziato quando avevo otto anni e mi piaceva tanto, per un periodo ho partecipato alle gare di sci alpino: gigante, slalom, un po’ di tutto. Le gare erano in posti diversi, come al Passo del Tonale, Presolana, Pora, facevo tutte le piste, e per prepararmi mi allenavo molto. C’è stato un periodo in cui facevo esercizio tutti i giorni. Poi ho smesso, perché mi piaceva cambiare. Adesso frequento anche un corso di nuoto ogni martedì». Anche Andrea è sempre stata un’atleta, e ha iniziato con nuoto e pallavolo: «Con la mia squadra – racconta – ho partecipato anche agli Special Olympics di pallavolo, ho smesso un anno fa. Per un certo periodo ho portato avanti entrambe le discipline, ma ultimamente era diventato troppo impegnativo. Il ballo mi appassiona di più, e mi ha sempre coinvolto moltissimo, fin dall’inizio, grazie alle mie maestre, che ci hanno seguito con grande impegno».
Il ballo preferito di Andrea è quello latinoamericano: «Sono attiva e grintosa, perciò mi piace il ritmo»
Il ritmo, le luci, il palco rendono ogni esibizione di danza sportiva davvero speciale: «Mi piace davvero tanto avere la pista a disposizione per ballare con Andrea, passando attraverso passi e ritmi diversi, dall’hip hop agli standard, imparando un passo alla volta, perché alcuni sono davvero complicati».
Il ballo preferito di Andrea è quello latinoamericano: «Sono attiva e grintosa, perciò mi piace il ritmo. Lo standard è bello ma più faticoso, servono tecnica e concentrazione e a volte faccio fatica a seguire bene il tempo».
La competizione mondiale
Nelle gare mondiali hanno eseguito un programma impegnativo: «Abbiamo portato le danze standard – sorride Stefano – che sono appunto le più difficili». Special Olympics è un movimento sportivo internazionale che promuove l’inclusione delle persone con disabilità intellettiva, creando un clima di rispetto, in cui ogni persona viene accolta e accettata (per conoscerne la storia www.specialolympics.it).
Sport e crescita personale
Le selezioni per gli Special Olympics, come spiega Marianna Cadei, riguardano le performance sportive ma anche la crescita personale: «I ragazzi per arrivare ai mondiali devono seguire un percorso che rafforzi la loro autonomia, anche al di là dei risultati delle gare. Ogni anno si svolgono i giochi nazionali e per partecipare gli atleti stanno lontani dalle famiglie per qualche giorno. Disputano diverse manche e devono affrontare le giornate da soli con i loro coach. Per la valutazione successiva contano diversi fattori, con uno sguardo complessivo, oltre ai risultati sportivi».
L’emozione per la chiamata
Quando è arrivata la convocazione, tutti, nella scuola di danza, si sono emozionati: «Quando il messaggio è arrivato da Special Olympics – sottolinea Marianna – l’ho letto a voce alta durante l’allenamento, perché era una bella notizia da condividere». Andrea si è commossa: «Sono scoppiata in lacrime – ricorda – e sono andata di corsa dai miei genitori per informarli che ce l’avevo fatta. Era un sogno che avevo da tempo». Stefano ha reagito con molta allegria: «Non ho pianto – spiega –, anzi, ero molto sorridente e felice».
«Non è una gara qualunque, si svolge con la stessa solennità di qualunque altra competizione sportiva mondiale, con cerimonie di apertura e chiusura e nel mezzo dieci giorni di competizioni»
Nella squadra nazionale italiana di danza sportiva sono stati selezionati otto atleti: tre della scuola Rosy Dance di Villongo, tre di Torino, una giovane di Bolzano e una del Veneto.

«Non è una gara qualunque – osserva Marianna – si svolge con la stessa solennità di qualunque altra competizione sportiva mondiale, con cerimonie di apertura e chiusura e nel mezzo dieci giorni di competizioni. C’è l’occasione di conoscere le squadre di altre nazioni e partecipare a incontri e percorsi salute. I ragazzi della squadra italiana hanno vissuto insieme, condividendo le camere d’albergo e i momenti dei pasti, superando ansie, paure e preoccupazioni. È stata una bella sfida, ma questo ha reso l’esperienza straordinaria rispetto alle gare normali». Le famiglie hanno seguito Andrea e Stefano agli Special Olympics, mantenendosi discretamente in disparte, ma sempre pronte a sostenere i loro atleti: «Sono venuti a vederci – osserva Marianna – ma la squadra lavorava e si organizzava per conto suo. È stata un’avventura straordinaria, difficile da spiegare, un bellissimo progetto che offre opportunità importanti, fa emergere e valorizza i talenti di ragazzi con disabilità intellettiva». «Che io possa vincere, ma se non ci riuscissi, che io possa tentare con tutte le mie forze» è il motto degli atleti di Special Olympics, che esprime coraggio, tenacia e speranza anche al di là della competizione.
La vittoria finale
«È stato bellissimo vincere - commenta Marianna –, anche perché questo era il primo mondiale a includere la danza sportiva, che inserita nel programma di Special Olympics solo due anni fa. I Giochi invernali si sono svolti in mezzo alla neve e hanno coinvolto un’ottantina di atleti di diverse discipline, suddivisi in diversi siti sportivi. Noi eravamo vicini alla squadra di snowboard, con cui abbiamo condiviso molti momenti quotidiani. Ogni momento è stato pianificato con tanta attenzione verso le esigenze dei ragazzi, e da parte loro ci sono stati moltissimo impegno e costanza. Ogni mattina si alzavano alle 7 ed erano impegnati con interviste, allenamenti e incontri».Ci sono stati anche momenti faticosi: «Il primo giorno di prove – ammette Stefano – ho fatto qualche errore nella coreografia, perché il palco era fatto in modo diverso». L’emozione ha giocato qualche scherzo agli atleti, che però si sono subito ripresi, per dare poi il massimo «con tutte le forze» durante la gara. «Abbiamo tremato fino alla fine» osserva Marianna. La loro esibizione in un valzer sulle note del brano «Con te partirò» di Andrea Bocelli ha suscitato grande emozione fra il pubblico e conquistato i giudici, che li hanno così portati sul gradino più alto del podio.

Durante le giornate di Special Olympics sono nate belle amicizie: «Ho conosciuto tante persone – dice Stefano –. Ho scambiato le spille della manifestazione con atleti di tutte le nazioni e con ognuno ho scattato una foto, adesso sono pronte da incorniciare», in una galleria di ricordi davvero unica. Hanno scoperto che la danza può diventare una lingua universale per comunicare con altri atleti anche al di là delle parole: «Una sera – ricorda Andrea – ci siamo ritrovati con i ragazzi del Senegal, siamo andati in discoteca e ballato insieme; questo ci ha fatto sentire uniti anche se non parlavamo la stessa lingua. L’atmosfera degli Special Olympics era molto coinvolgente ed elettrizzante, ci ha fatto sentire molto importanti».
Perché la danza
Gli atleti della squadra italiana hanno creato una chat e continuano a restare in contatto anche dopo la fine dei giochi: «Sono nati rapporti di amicizia e aiuto reciproco anche tra le famiglie», sottolinea Marianna.
Al ritorno a casa Andrea e Stefano sono stati accolti con grandi festeggiamenti: «Ho trovato la casa addobbata con bandiere e palloncini – racconta Stefano – per fare festa. È stato davvero un momento di gioia». Anche per Andrea i festeggiamenti a casa «sono durati diversi giorni» dice sorridendo. Entrambi i comuni di provenienza degli atleti hanno contribuito per sostenere la loro trasferta, partecipando con orgoglio e soddisfazione al loro successo.
«Danzare mi fa sentire vivo»
Da questa esperienza straordinaria Andrea e Stefano hanno riportato a casa un grande slancio per il futuro: «Abbiamo ricominciato ad allenarci – dice Stefano –, perché nel ballo c’è sempre la possibilità di migliorare». Ognuno di loro ha fatto nuove conquiste utili anche per la vita di tutti i giorni: «Mi capita di essere un po’ lenta a fare la cose – chiarisce Andrea – ma in queste giornate ho scoperto che se voglio posso essere più veloce e mantenere tutti gli impegni. Prima di partire non ero sicura di farcela, ed è stata una bella soddisfazione esserci riuscita». La medaglia è una tappa importante: «Ora la preparazione continua per i prossimi campionati nazionali, che si svolgeranno a luglio» chiarisce Marianna. Andrea e Stefano continuano con un nuovo bagaglio di gioia ed entusiasmo un’attività, che permette loro di esprimersi al massimo livello: «Mi piace fare sport – commenta Andrea – per divertimento e per la mia salute. Quando ballo la mia mente è leggera, vola, mi permette di esprimere e trasmettere i miei sentimenti attraverso i movimenti del corpo». Per entrambi è uno stimolo a rafforzare la fiducia in se stessi, e a impegnarsi per realizzare i loro sogni: «Danzare – conclude Stefano – è ciò che più di tutto mi fa sentire vivo».
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