«La mia patente sospesa per 83 anni», respinta però la richiesta di risarcimento

LA CURIOSITÀ. Il caso di un muratore di Montello. Il personale amministrativo della Prefettura aveva annotato a sistema 999 mesi e non 12: «Quell’errore mi ha penalizzato».

Nel lontano 2014 gli era stata sospesa la patente, per guida in stato d’ebbrezza. Un provvedimento della durata di un anno che tuttavia, a causa di un’errata annotazione a sistema da parte del personale amministrativo della Prefettura, era stato quantificato in 999 mesi, ovvero 83 anni. È successo ad un muratore di Montello, classe 1984, che ha poi convenuto in giudizio il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Bergamo, al fine di ottenere il risarcimento dei danni. Nei giorni scorsi il Tribunale ordinario di Brescia, sezione prima civile, ha riconosciuto l’errore della Prefettura ma non gli estremi per un risarcimento.

Il 40enne si è detto penalizzato

«A causa dell’inserimento a sistema di un periodo di sospensione della patente superiore a quello effettivo, 999 invece di 12 mesi, non sono tornato in possesso del titolo di guida, perdendo occasioni lavorative e trovandomi di fatto penalizzato – lamenta il 40enne –. Mi sono dovuto trasferire in Svizzera per rifare una nuova patente e in più sono stato condannato a pagare le spese processuali. Dal 2014 ho lavorato all’estero, anche in Germania, adesso sono lavoratore stagionale in Svizzera e quando ritorno in Italia devo farlo con i mezzi pubblici. Eppure, nonostante i danni che ho subito, mi è stata respinta la richiesta di risarcimento».

L’errore c’è stato ma non il risarcimento

Nel merito il Tribunale ha sottolineato che, pur risultando «incontestato l’errore commesso dal personale amministrativo della Prefettura», ciò che non risulta dimostrato, viceversa, «sono i danni richiesti e la loro riconducibilità a tale errore».

In particolare, in relazione al pregiudizio rappresentato dalla perdita di occasioni lavorative, nella sentenza della causa di primo grado è stato evidenziato che il 40enne «non ha allegato né dimostrato l’impossibilità di reperire impieghi alternativi e comunque l’imprescindibilità della patente di guida, tanto più che, per sua stessa ammissione, nel lasso temporale in esame ha comunque stipulato contratti di lavoro». Inoltre,tra gli altri punti, «il danno rappresentato dalla necessità di utilizzare i mezzi pubblici non rientra in nessuna delle ipotesi delineate dalla giurisprudenza di legittimità» e «il danno rappresentato dalla rinuncia alla propria vita in Italia e da ogni legame familiare è privo di qualsivoglia allegazione a supporto».

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