«In carrozzina ma non sono un poverino. Diplomato, pronto a uscire nel mondo»

Lo straordinario carattere del giovane Andrea Ferri, di Vigano, emerge dalle pagine del libro che ha scritto.

Nei giardini del campeggio «Adriano» di Punta Marina, Andrea Ferri può spostarsi da solo attraverso gli ampi viali con la carrozzina elettrica, per andare a prendere un gelato o incontrare gli amici a bordo piscina o sulla spiaggia . È davvero una vacanza per lui, che dalla nascita ha difficoltà di movimento e deve servirsi di una sedia a rotelle. «Quando sono al mare – racconta –, nel campeggio dove da alcuni anni mia madre e io trascorriamo l’estate in una roulotte con veranda, mi sento libero e indipendente, ed è davvero una sensazione piacevole, che mi manca molto quando torno a casa, a Vigano San Martino, e magari non riesco a prendere l’autobus senza aiuto, perché mancano le pedane di accesso. Per chi non cammina normalmente su due gambe come me, non è sempre possibile spostarsi neanche sui marciapiedi senza essere accompagnati, perché per trovarsi bloccati basta un ostacolo imprevisto, come un’auto parcheggiata con scarsa attenzione».

Il parto prematuro

Le difficoltà di Andrea hanno origini lontane e dipendono da un parto prematuro: «La data prevista del parto – racconta – cadeva il 2 gennaio 2002, invece sono nato il 12 novembre del 2001. Mia madre mi ha raccontato che scalciavo come un matto. A un certo punto, in modo inaspettato, le si sono rotte le acque, ciò che normalmente accade quando la nascita è imminente. Quando è arrivata al pronto soccorso le hanno detto subito che non era il momento, che non ero pronto, e che avrebbero cercato di posticipare, poi l’hanno portata con l’ambulanza in un ospedale più attrezzato. Quando è arrivata si sono accorti che non stavo bene e hanno dovuto farmi nascere in fretta, sottoponendo mia mamma d’urgenza a un parto cesareo. È mancato ossigeno al cervello e ho avuto una paralisi cerebrale infantile, così purtroppo non posso muovere normalmente le gambe . Devo usare un deambulatore oppure la sedia a rotelle. Ho un braccio paralizzato e muovo poco una delle due mani, quindi purtroppo non posso nemmeno guidare».

Tenacia e tanto affetto

Potrebbe essere un ricordo terribile, potrebbe provocare ancora dolore e rabbia, nonostante siano passati quasi vent’anni, Andrea invece ne offre un’interpretazione spiazzante: «A causa di queste difficoltà affrontate durante il parto sono disabile. Se tutto fosse andato bene sarei normodotato, ma non sarei la stessa persona che sono oggi».

Le sue armi segrete sono una grande tenacia, l’affetto e l’appoggio della sua famiglia: Sara, la sorella maggiore, i genitori, i nonni, gli zii che fin dalla sua infanzia hanno creato un’alleanza per spianare gli ostacoli e incoraggiare il suo desiderio di autonomia . Andrea ha un carattere allegro, è capace di sdrammatizzare e di affrontare le difficoltà a viso aperto: quest’anno ha sostenuto l’esame di Stato all’istituto tecnico Lorenzo Lotto di Trescore Balneario con indirizzo socio sanitario. Alla soddisfazione di averlo superato ha aggiunto quella di aver scritto un libro: «Mi racconto per me stesso e per gli altri».

Il libro nato a scuola

Per ora l’ha condiviso soltanto con la famiglia e gli amici più cari ma sta già pensando a una pubblicazione da mettere a disposizione di tutti. «Sono stato impegnato con l’esame – dice sorridendo –, ci penserò a settembre». Davvero la sua esperienza, raccontata con la giusta misura di leggerezza e ironia, potrebbe essere d’ispirazione e d’aiuto per molti: «Il libro è nato per un progetto scolastico – continua –, ma fin dall’inizio ero convinto che raccontare la mia storia potesse essere utile a qualcun altro che si trova in una condizione simile alla mia. Allo stesso modo in futuro mi piacerebbe realizzare videoracconti e tutorial che si concentrerebbero sull’idea di poter offrire a qualcuno la possibilità di migliorare le proprie condizioni ed essere più indipendente anche se magari confinato sulla sedia a rotelle». Nella stesura Andrea è stato affiancato dai suoi insegnanti: «Abbiamo iniziato a scrivere le prime pagine come se fossero temi di italiano, ognuno costituiva un capitolo. Sono riuscito a parlare apertamente della mia patologia, delle esperienze scolastiche, del campeggio estivo».

Le materie preferite

I primi anni di scuola sono stati i più difficili per Andrea: «In quel periodo non avevo molti amici e mi pesava non poter giocare con gli altri. Nei primi due anni della scuola primaria faticavo a leggere e studiare, poi mi sono state diagnosticate alcune difficoltà di apprendimento, come la dislessia e la discalculia. Con i supporti giusti sono riuscito a procedere regolarmente . Ho sempre avuto accanto un insegnante di sostegno e un assistente educatore. La scelta dell’indirizzo di studi non è stata così facile, ci ho messo un po’ a trovare quello giusto, poi però l’ho seguito con interesse, ottenendo molte soddisfazioni. Mi appassionano scienze umane e italiano. Riflettendo sui miei problemi e sulla disabilità mi sono trovato in empatia con ciò che studiavo. Non mi piace la matematica, non è la mia materia, ma in questo credo di essere in buona compagnia: capita lo stesso a molti altri studenti. Negli anni in cui ho iniziato a frequentare le scuole superiori ho avuto problemi alla schiena e all’anca. Ho dovuto mettere il busto ma non lo tolleravo. Sin da piccolo sono stato sottoposto a trattamenti di fisioterapia e mi è servito, ma le possibilità di recupero erano comunque limitate».

L’adolescenza porta tanti cambiamenti e talvolta anche qualche insicurezza: «Mi è capitato di sentirmi sbagliato, vedevo il mio problema alla schiena come un limite enorme e insormontabile. Mi sentivo brutto, temevo di non essere accettato e ascoltato. Grazie all’aiuto dei compagni, degli amici e dei miei genitori col tempo ho capito che le persone guardano anche ciò che una persona ha dentro, e non solo l’aspetto esteriore. Forse ero io che non mi accettavo. Alle superiori sono stato poi eletto rappresentante di classe. Alla fine mi sbagliavo, c’erano tante persone che mi volevano bene, ero io che non le vedevo».

L’amicizia con Alessandra

A partire da Alessandra, la sua prima e più cara amica, incontrata alla scuola materna, che gli è sempre rimasta accanto e lo ha sollecitato a «rompere il guscio» e provare esperienze come il campeggio estivo dell’oratorio. Nel libro le dedica un capitolo, per dare il giusto risalto a un rapporto fatto di complicità e confidenza.

Usare deambulatore e sedia a rotelle fa affiorare tante piccole e grandi criticità nelle condizioni di strade e trasporti pubblici: «Dato che non posso guidare mi sento penalizzato dalla mancanza di percorsi accessibili anche alla carrozzina elettrica. Se ci fosse, poi, qualche autobus in più con la pedana di accesso facilitato la mia vita sarebbe più semplice. In presenza dei gradini è necessario che qualcuno mi prenda in braccio e mi porti su. Mi pesano anche i pregiudizi delle persone, detesto che mi guardino con compassione. Non abbiamo l’uso delle gambe ma non siamo stupidi. Siamo persone non siamo “poverini”. Non dobbiamo rimanere bambini per sempre, è sbagliato tenerci sotto una campana di vetro. Prima o poi dobbiamo uscire e il mondo è pronto a divorarci, perciò bisogna essere pronti, cercare di superare limiti e paure. La mia famiglia si è impegnata molto in questo, cercando di aiutarmi a sperimentare esperienza diverse. Quando ero più piccolo, per esempio, hanno sostenuto la mia passione per gli esercizi di majorette, una disciplina che prevede esercizi e coreografie da eseguire con un bastone, nonostante fosse un’impresa ardua per me».

«Un giovane come gli altri»

Andrea sostiene il suo diritto ad essere «un giovane come gli altri»: «I miei genitori e mia sorella mi hanno accompagnato nella conquista dell’autonomia, incoraggiandomi a uscire e a esprimere le mie qualità nel modo migliore possibile. Mia sorella è più grande e questo mi ha aiutato, mi ha fatto da rinforzo: è sempre disponibile per offrirmi un passaggio, un punto di riferimento, mi ha aiutato a superare le difficoltà offrendomi i suoi consigli».

Gli ultimi due anni sono stati segnati dalla pandemia: «La didattica a distanza mi ha messo duramente alla prova. Non ci dava sicurezza, ha rivoluzionato la nostra routine quotidiana. Un giorno si andava a scuola e quello dopo no. Poi c’erano le misure di sicurezza, le ore di pausa, microfoni accesi e spenti, audio che gracchiava, la connessione che ogni tanto saltava. A differenza di ciò che molti pensano, frequentare e studiare in queste condizioni è stato più faticoso e impegnativo del solito. Forse abbiamo lavorato perfino di più degli altri anni, anche solo per adattarci ai cambiamenti. I momenti di socialità alleggeriscono lo studio, a distanza mancavano del tutto, ero solo di fronte alle mie lezioni e ogni tanto andavo in crisi, non ce la facevo più».

Nonostante tutto, l’esperienza dell’esame finale è stata positiva: «Ero emozionatissimo pensando a tutto l’impegno che c’è stato anche da parte delle persone che mi hanno affiancato in questo bel percorso. È stato un momento molto importante per me. Alla fine abbiamo potuto festeggiare con gli amici e stare insieme in modo sereno dopo tanto tempo è stato davvero impagabile».

A Punta Marina «ci si sente in famiglia, i vicini di piazzola si aiutano a vicenda. Mio padre e mia sorella lavorano ma ci raggiungono appena possono». Andrea intanto si gode le vacanze, ma incomincia anche a proiettare i pensieri verso il suo futuro: «Mi piace stare con la gente e lavorare al computer. Mi ha appassionato molto dedicarmi a un’attività creativa come la scrittura, per me è diventata uno strumento prezioso di condivisione. Ora mi piacerebbe girare video e aprire un canale su YouTube . E realizzare il mio grande sogno: trasferirmi in un appartamento per conto mio per poter essere davvero indipendente. Col tempo ho imparato che la vita è bella e va vissuta fino in fondo, senza lasciarsi disarmare dalle difficoltà».

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