Follia alla partita, calci al dirigente malato di Sla: «Smetto, non vale la pena rischiare»

Albano Sant’Alessandro. Ferito l’ex calciatore professionista Stefano Turchi, che ha presentato denuncia contro il papà di un giocatore della squadra avversaria. In campo c’erano gli Under 17 di Brusaporto e Uesse Sarnico.

Un altro grave episodio di violenza in un campo di calcio della provincia durante una partita di calcio giovanile. Questa volta teatro di un’aggressione è stata la partita di calcio giovanile Allievi Élite under 17 svoltasi ad Albano Sant’Alessandro domenica scorsa tra le quadre di Brusaporto e Uesse Sarnico.

Al termine della gara, secondo quanto riportato nella denuncia presentata ai carabinieri, il genitore di uno dei ragazzi dell’Uesse Sarnico ha aggredito con calci e pugni il responsabile del settore giovanile agonistico del Brusaporto, Stefano Turchi. Turchi, pistoiese, classe 1969 e residente in Val Calepio, un nome molto noto nell’ambito del calcio provinciale – oltre a essere un ex giocatore professionista come esterno destro e protagonista della promozione in Serie A dell’Ancona nel 1991 – ha sporto denuncia presso la stazione dei carabinieri di Grumello del Monte dopo essere stato medicato all’ospedale di Seriate a causa delle ferite riportate e curato dopo la diagnosi di un trauma cranico rilevato a seguito di una Tac.

Nel 2007 la scoperta della Sla

A peggiorare la posizione del presunto aggressore, oltre, evidentemente, a non aver capito che quando si va a seguire una partita di calcio bisogna solo tifare per la propria squadra e non alzare le mani contro nessuno, c’è la condizione fisica di Turchi. Nel 2009 l’ex calciatore ha rivelato di essere affetto da due anni da Sclerosi laterale amiotrofica, una malattia neurodegenerativa che ha colpito diversi giocatori italiani. Turchi, a causa della Sla, ha forti difficoltà a deambulare e si muove con una sedia a rotelle. Riesce a stare in piedi soltanto se appoggiandosi a qualcosa, ma per tempi piuttosto limitati. Domenica, Turchi era al campo di calcio di Albano Sant’Alessandro per seguire i suoi ragazzi Under 17. Solitamente, con la sua auto si ferma in uno spazio riservato non accessibile al pubblico, esce dal veicolo e si appoggia sul cofano aggrappandosi alla rete che delimita il rettangolo di gioco per il tempo che riesce a stare in piedi. Poi, si rimette in auto e continua a seguire da lì le partite.

L’accesso nell’area riservata

La gara di domenica, poi terminata 1 a 1, era molto sentita, le due squadre erano in vetta alla classifica a pari punti e la tensione era alta, sia in campo e sia sugli spalti. Al termine del primo tempo, un giocatore dell’Uesse Sarnico si è sentito male e ha chiesto all’allenatore di essere sostituito. Il padre del ragazzo, secondo la versione raccontata da Turchi, ha preso l’auto, è entrato nell’area riservata alle società per prendere il figlio e portarlo a casa e si è fermato proprio dietro a una delle porte del rettangolo di gioco. Ma il ragazzo si è sentito meglio e avrebbe deciso di restare con i suoi compagni, anche se in panchina. Sinceratosi delle condizioni non allarmanti del figlio, il genitore, anziché portare fuori l’auto e tornare a prendere posto nelle tribune, sarebbe rimasto in quella posizione «privilegiata» a bordo campo. La partita nel frattempo si infiammava, con azioni che si susseguivano da una parte all’altra del rettangolo di gioco e il genitore, anch’egli come Turchi aggrappato alla rete di recinzione, secondo la versione dell’ex giocatore si agitava, urlava e volava anche qualche insulto in direzione di chi è in campo.

Pugni e calci

A quel punto Turchi avrebbe tentato di calmare il genitore arrabbiato e questi, per tutta risposta, si sarebbe avventato contro l’ex calciatore passando alle vie di fatto. Turchi non era chiaramente in condizioni fisiche di difendersi. Finito a terra, sarebbe stato aggredito con calci e pugni dal genitore infuriato, che si sarebbe sfogato anche contro la vettura di Turchi, causando notevoli danni, secondo la ricostruzione dell’aggredito. A bloccare l’aggressione sono intervenuti alcuni dirigenti del Brusaporto che hanno assistito alla scena: saranno tra i testimoni citati nella querela depositata da Turchi ai carabinieri. «Così non si fa calcio, sono distrutto moralmente – è l’amaro commento di Turchi –. Sono anche spaventato al pensiero che una persona come me che ama il calcio e che si trova in condizione di non potersi difendere può diventare vittima di una tragedia. Sto pensando di abbandonare tutto, di farmi indietro, nonostante tutta la mia vita sia stata dedicata al calcio. Certo, sarebbe una sconfitta per me, sia come uomo, sia come sportivo e anche come portatore di handicap. Ma se devo rischiare la vita andando a seguire una partita di calcio, non ne vale la pena».

Il Brusaporto prende posizione

Sostegno totale a Turchi da parte della società calcio Brusaporto, che con un comunicato ha annunciato per martedì 4 aprile una giornata di silenzio stampa anche sui social per rimarcare la gravità di una vicenda che con il calcio non ha nulla a che vedere.

L’Uesse Sarnico: «Anche noi parte lesa,la violenza non può essere accettata»

In serata l’Uesse Sarnico ha diffuso un comunicato in cui «si dissocia completamente dagli avvenimenti accaduti in data 2 aprile al centro sportivo di Albano». «Condanniamo fermamente ciò che è accaduto poiché, esattamente come il Brusaporto, anche la nostra società si vede coinvolta in qualità di parte lesa. Qualsiasi forma di violenza e discriminazione non può mai essere accettata, sia all’interno che all’esterno del rettangolo di gioco».

«Di preciso non sappiamo cosa sia accaduto, perché né gli atleti né i dirigenti della nostra squadra hanno assistito a quanto accaduto. Sappiamo solo che a fine partita, nonostante due giocatori e l’allenatore della squadra avversaria fossero stati espulsi, abbiamo scambiato con loro strette di mano – ha dichiarato Walter Duci, presidente dell’Uesse Sarnico –. Ora cercheremo di capire che cosa è successo. Se verrà dimostrato che le cose sono andate come è stato raccontato, posso affermare fin da ora che la nostra società si dissocia da questo gesto». Walter Duci è rammaricato e quasi incredulo. Più volte in passato ha dovuto invitare i genitori dei suoi atleti perché incitassero la squadra, come sugli spalti facevano papà e mamme delle formazioni avversarie. Una società gloriosa, quella del Basso Sebino, fondata nel 1908 e con alterne fortune arrivata fino ai giorni nostri. Ora milita in Seconda categoria, ma il fiore all’occhiello è il settore giovanile. Da qui è uscito lo storico capitano dell’Atalanta, Gianpaolo Bellini.

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