«È omicidio volontario: l’automobilista sterzò per colpire il 55enne in moto»

IN TRIBUNALE. La lite al semaforo sfociata in tragedia: le motivazioni della sentenza d’appello che ha ribadito la condanna a 14 anni.

«Egli consapevolmente accettò, senza mezzi termini, la possibilità del fatale evento, quale conseguenza del proprio articolato, intenzionale, malevolo comportamento, in quelle specifiche condizioni di tempo e di luogo, che lo videro protagonista consapevole della vicenda, per più lunghi minuti». È uno dei passaggi delle motivazioni della sentenza pronunciata dalla Corte d’assise d’appello di Brescia, che il 20 settembre ha confermato la condanna in primo grado a 14 anni per il 51enne Vittorio Belotti, per omicidio con dolo eventuale e aggravato dai futili motivi. Nelle 30 pagine di motivazioni, i giudici bresciani ripercorrono i fatti già cristallizzati nel processo celebrato a Bergamo. Non accogliendo la richiesta di riforma della sentenza di primo grado avanzata dalla difesa.

L’evento risale al 30 ottobre 2022 a Montello, e durò pochi minuti, concludendosi tragicamente con la morte di Walter Monguzzi, 55 anni.

La ricostruzione della vicenda

I due protagonisti si sono trovati fermi davanti allo stesso semaforo rosso, in via Papa Giovanni. Belotti era al volante della sua auto, Monguzzi in sella alla moto. Una banale lite e, quando scatta il verde, i due mezzi ripartono viaggiando appaiati. Belotti, si legge nella sentenza, stringe a sinistra, «proprio verso Monguzzi, intenzionalmente comprimendolo verso l’altra corsia», nonostante il traffico in entrambe le direzioni. La reazione di Monguzzi di allungare la gamba destra verso l’auto fu «istintiva, del tutto provocata, anzi cautelativa». Belotti «reitera l’improvvida azione» e, la terza volta, si sposta prima verso destra per poi ritornare «bruscamente e quindi con voluta energia verso sinistra», colpendo così la parte posteriore della moto. La vittima cade finendo nella corsia opposta, dove viene travolto da un’auto che stava arrivando in senso contrario. I giudici rilevano che la manovra di Belotti, compiuta per tre volte, palesa «l’aperta intenzionalità» di colpire il motociclista.

«Non è legittima difesa»

La Corte esclude che l’automobilista abbia agito per legittima difesa. Da parte di Monguzzi «non vi era alcuna minaccia», anzi dalle immagini risulta che fu Belotti «a porre in essere, di propria iniziativa, unilateralmente, una aggressività crescente e non giustificata» verso la vittima, «non risultando mai minimamente spaventato» o intimorito. «In ogni caso, tratterebbesi di una reazione assolutamente spropositata, superante, incontestabilmente, la necessaria proporzione tra difesa e offesa».

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