Cronaca / Valle Brembana
Venerdì 29 Novembre 2019
Visite saltate, si comincia a pagare
Il «Papa Giovanni» invia 2.880 lettere
Il direttore generale dell’ospedale cittadino Maria Beatrice Stasi: «Il 40% dei non esenti da ticket ha già pagato».
Un anno fa Maria Beatrice Stasi era al suo debutto a Bergamo, primo direttore generale donna dell’Asst Papa Giovanni XXIII. I primi dodici mesi stanno per terminare, il futuro dell’Asst Papa Giovanni come sarà? «Abbiamo avviato progetti interessanti: li declineremo con le prossime linee guida del Piano organizzativo. Possiamo sintetizzare in due filoni: alta specialità per il Papa Giovanni, sviluppo e completamento dei collegamenti tra ospedale e territorio».
Come va il nuovo modello regionale per la presa in carico dei cronici?
«Dal punto di vista dell’ospedale come erogatore di servizi abbiamo messo a disposizione delle cooperative dei medici di base alcuni slot per le prenotazioni degli esami di routine previsti dai Pai: abbiamo trovato una quadra che non impatta sui tempi d ’attesa. In più, oltre al coordinamento sul territorio per le dimissioni protette dal Papa Giovanni stiamo attuando un percorso identico per l’ospedale di San Giovanni Bianco. Altro è il discorso per i “nostri” cronici complessi, dai trapiantati ai malati oncologici: per loro la presa in carico è sempre esistita, ma stiamo attivando in più percorsi dedicati, abbiamo cominciato con i pazienti neurologici. In linea generale, credo che oltre che sull’organizzazione del sistema, si debba anche operare su un cambiamento di mentalità dell’utenza che chiama in causa altri attori del sistema. Per quel che ci riguarda, l’obiettivo è anche quello di potenziare l’ospedale di San Giovanni Bianco proprio in questa chiave. E gli utenti devono cominciare a vederlo anche come sede decentrata del Papa Giovanni: nulla toglie che se ci si rivolge a noi per un intervento ortopedico, per esempio, poi non lo si faccia in valle. I medici fanno parte di un’unica azienda».
Liste d’attesa e tempi al pronto soccorso: temi cruciali.
«E complessi. Per le prestazioni ambulatoriali, a fronte di un incremento dell’attività che dovrebbe far registrare 10 mila prestazioni in più, abbiamo registrato un miglioramento sulle richieste che i nostri specialisti hanno prescritto come urgenti, rispettando i tempi nel 95% dei casi, rispetto al 91% del 2018. Sul «no show», cioè sulle persone che prenotano prestazioni e poi non si presentano, abbiamo inviato finora oltre 1.880 lettere agli esenti (a scopo educativo, perché non devono pagare) e entro la fine dell’anno contiamo di superare quota mille anche per chi non è esente. Abbiamo lasciato un margine di tempo per chiarimenti e per regolarizzare la posizione, ma il 40% ha già versato il dovuto. Per il pronto soccorso, con 100 mila accessi l’anno non possiamo fare altro che accogliere chi arriva, anche di fronte ad accessi impropri: abbiamo scelto di attivare un progetto che punta a “studiare” il processo del trattamento di ogni singolo paziente. Esperti del cosiddetto lean management (lo stesso che è stato applicato alla Toyota, ndr), studieranno le procedure attivate per cercare margini di efficientamento nell’organizzazione».
Carenza di personale medico, al pronto soccorso si sente di più ma riguarda tutto l’ospedale.
«Un problema nazionale. È certamente più complicato che per altre specialità poter individuare specialisti in medicina d’urgenza, e per noi non è una soluzione ottimale il ricorso continuo ai cosiddetti medici a gettone al pronto soccorso: puntiamo a stabilizzare i medici che non sono a contratto, per questo chiederemo di poter destinare una quota aggiuntiva del budget per la stabilizzazione. La carenza nazionale di specialisti si sente, ma non parlerei di esodo per il Papa Giovanni. Al netto dei pensionamenti, nel 2018 abbiamo avuto 38 medici a tempo indeterminato cessati, nel 2019 sono 34, mentre le assunzioni a tempo indeterminato nel 2018 sono state 24 e 27 nel 2019. Abbiamo diversi concorsi banditi o in via di pubblicazione».
Anche la Psichiatria soffre: Il punto della situazione, dopo il tragico rogo di quest’estate, con la morte di una paziente.
«C’è un’inchiesta in corso, non è corretto commentare per ora. Per gli interventi strutturali dopo il rogo, sono in corso i lavori al terzo piano della torre 7, interessato dall’incendio, e sono lavori delicati che richiederanno tempo. Interverremo anche al secondo e al quarto piano. Ha funzionato e funziona la task force coordinata dalla Regione, non potendo noi essere al 100% dei ricoveri almeno per alcuni mesi ancora. Al netto di questa situazione, la nostra Asst ha già rimarcato le tre maggiori criticità su cui speriamo di trovare ascolto: la prima è la carenza sul territorio di strutture residenziali, servono più posti per facilitare le dimissioni, diversamente si creano “imbuti” che bloccano posti letto disponibili negli Spdc; l’altra è la necessità di una razionalizzazione dell’afferenza dei pazienti: ha poco senso che pazienti che afferiscono a noi per la degenza si riferiscano ad altre aziende una volta dimessi e viceversa. La terza è impellente: mancano sul territorio strutture per i minori con disturbi psichiatrici, la questione della neuropsichiatria infantile è delicatissima, sono in aumento i casi di doppie diagnosi tra i giovani, che arrivano molto spesso da noi perché siamo gli unici ad avere una guardia psichiatrica 24 ore su 24 . Andrebbero individuati in provincia posti letto dove poter convogliare questi casi che non possono né essere seguiti in Pediatria né tanto meno nella Psichiatria degli adulti».
Altro fronte: la ricerca e i rapporti con l’Università.
«Il Papa Giovanni non è un ospedale universitario, ma può essere un vantaggio: ci consente di stringere legami con più università, come dimostra già l’alto numero di specializzandi. Con Bicocca abbiamo un rapporto prezioso che non ci fa soffrire l’assenza di Medicina in città, con l’Università di Bergamo il nostro legame resta e resterà forte: l’ateneo e questo ospedale sono tra le istituzioni importanti della città. Per la ricerca, vantiamo l’intuizione della Fondazione From e gli importanti risultati della ricerca all’interno dei reparti. Uno su tutti: il lavoro sulle Car-T cell che è esempio della grande capacità di ricerca al Papa Giovanni. Per questo porremo il tema alla Regione su come poter aiutare gli ospedali che non essendo Irccs però fanno tanta ricerca di qualità».
Se lo chiedono in tanti: ma il robot Da Vinci arriva o no?
«Siamo in attesa a breve della delibera della commissione regionale sulla dotazione tecnologica: il Papa Giovanni ha tutte le carte in regola per averlo».
E l’ottava torre? Si farà mai?
«Gli spazi sono importanti ma prioritari sono gli organici e in generale i vincoli sui costi che gli obiettivi di finanza pubblica impongono».
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