Uccisio dai terroristi 45 anni fa, il ricordo di Galli: «La Val Brembana era casa sua»

IL RICORDO. Parla il figlio del magistrato Guido Galli: a Piazzolo le radici della famiglia materna del giudice. Il figlio Giuseppe: «Quando torniamo lo sentiamo vicino».

Un uomo, un padre, un amico, oltre che un magistrato. Ma anche un figlio della Valle Brembana, un luogo che non era solo un rifugio, ma parte integrante della sua vita. Guido Galli era un uomo di giustizia e di cultura, professore di Criminologia alla Statale di Milano e magistrato impegnato nelle inchieste sul terrorismo di Prima Linea, la stessa organizzazione che lo uccise il 19 marzo 1980, a 47 anni, nei corridoi dell’Università.

Docente in Statale a Milano, fu ucciso in università da Prima Linea: aveva solo 47 anni

Fu colpito mentre stava entrando in aula per tenere una lezione. Il suo omicidio sconvolse il Paese e colpì in modo particolare la comunità bergamasca. Soprattutto la sua Piazzolo e quella sua Valle Brembana che ancora oggi, in occasione del 45° anniversario della sua morte, ricorda con orgoglio un uomo che sapeva farsi amare da tutti, senza distinzioni. In questa terra, infatti, Guido tornava spesso, con la famiglia, con i colleghi, con gli amici. Un legame profondo, che si rinnova ogni volta che la sua memoria viene onorata tra queste montagne. E Piazzolo, piccolo borgo in cui affondano le radici della sua famiglia materna (sua mamma, Iose Arizzi, figlia del notaio Giuseppe Arizzi, era nata proprio qui), lo ha sempre accolto con affetto. Qui, tra le case in pietra e i boschi, ha trascorso momenti di serenità, insegnando ai figli ad amare la natura, lo sci, le camminate in montagna.

«Mio padre amava Piazzolo in maniera autentica», racconta Giuseppe Galli, uno dei figli (gli altri sono Alessandra, Carla, Riccardo e Paolo). «Non era solo il paese d’origine della nonna, era casa. Qui ci ha insegnato a sciare sulle piste del vicino paese di Piazzatorre, ci portava a camminare, e ancora oggi, quando veniamo, lo sentiamo vicino». Era una presenza familiare, riconosciuta e rispettata da tutti. «Quando salivamo – continua Giuseppe – non si trattava solo di brevi fughe dal lavoro e dal caos della grande città, ma di un vero ritorno alle origini. Parlava con gli abitanti, chiacchierava con semplicità, senza mai far pesare il suo ruolo di magistrato». E il funerale, poi, si svolse proprio a Piazzolo, in forma privata, per volontà della famiglia. «Fu una scelta di cuore», ricorda Giuseppe. «Papà amava questa terra, gli sarebbe piaciuto riposare per sempre qui». Gli abitanti del paese vollero portare la bara a spalla fino al cimitero, in un gesto di affetto che racconta meglio di ogni parola quanto fosse amato.

Nel piccolo borgo di Piazzolo affondano le radici della famiglia materna del giudice

Proprio al cimitero, l’amico e collega Mario Corbetta pronunciò parole che restano impresse ancora oggi: «Ora che ci troviamo qui tra amici, tra persone care, io devo dire “ciao” a Guido. Non intendo a Guido docente universitario, neppure a Guido giudice, collega. Voglio dire “ciao” all’amico dei momenti semplici, che sono i più belli, i più ricchi di significato; ciao all’amico del panino imbottito, consumato in fretta perché ci sono i processi che attendono; ciao all’amico dal saluto frettoloso, nei corridoi, perché c’è un monte di cose da fare prima di sera. “Ciao” all’amico delle gite in montagna. Si vedevano i fiori, le farfalle, come quella che, questa mattina, è entrata in chiesa mentre eravamo là tutti riuniti. Te ne sei accorto Guido? Era la prima farfalla di questa primavera».

Quella montagna, quei sentieri, che non erano solo un passatempo. «Era uno dei nostri modi di stare insieme – spiega Giuseppe –. Mio padre aveva comprato un pullmino Volkswagen rosso per portarci tutti in Val Brembana nei fine settimana. Sciavamo, facevamo passeggiate, esploravamo. Ancora oggi quel pullmino è con noi, e ogni volta che ci salgo è come se lui fosse lì, pronto a partire». Il legame con Piazzolo e la Valle Brembana non si è mai spezzato. La comunità lo ricorda con orgoglio, non solo per il suo valore professionale, ma per l’uomo che era. «A Piazzolo, come nella Bergamasca, ancora oggi – dice Giuseppe – ci sentiamo parte di qualcosa di grande: sentiamo la vicinanza di queste persone, un affetto mai invasivo, tutto bergamasco». E, proprio a Piazzolo, nell’ingresso della casa di famiglia, è stata incorniciata e appesa la lettera che Armando Spataro, collega e amico, scrisse nel 1980 come ricordo. «Tutto quello che so sulla Valle Brembana e sui bergamaschi me lo ha insegnato Guido Galli», scriveva Spataro riguardo il loro primo viaggio in terra brembana.

Al termine del quale, spiegava: «A sera mi sorprendo a scoprire che cosa mi aveva legato tanto, sin dal primo giorno di lavoro insieme, a quest’uomo dal quale mi separavano una differenza d’età di una quindicina di anni, una differente estrazione geografica e tante altre cose: non saprei definire quel “qualcosa” con parole precise e, quindi, non so scriverlo adesso. Qualunque cosa fosse, comunque, l’ho scoperta quel giorno in Val Brembana. Davvero, Guido. Se fino a quel giorno mi ero sempre sentito vicino a te, da quel giorno mi è sembrato di avere capito tutto di te, e ti ho ancor più sinceramente amato. Spero di avere avuto il tempo di fartelo capire». Il ricordo di Guido Galli, a 45 anni dalla sua scomparsa, è ancora vivo tra le persone che lo hanno conosciuto e tra quelle che oggi onorano il suo nome. Riposa, accanto all’amata moglie Bianca, nella cappella di famiglia del piccolo cimitero di Piazzolo. Tra le «sue» montagne, tra la «sua» gente. Il Comune di Piazzolo gli ha dedicato la via principale e una lapide vicino alla chiesa. È un modo per tramandare ai più giovani la storia di un uomo che ha sacrificato la sua vita per la giustizia, ma che non ha mai smesso di essere, prima di tutto, un padre, un amico, un uomo legato alla sua terra.

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